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Wuhan, tre anni dopo. Ora il virus è il debito

La città cinese simbolo della pandemia non ha più un soldo in cassa. E allora non resta che andare a riscuotere i crediti verso imprese, famiglie, industrie. E non è un caso isolato

C’è qualcosa di paradossale a Wuhan. Un nome, che solo a pronunciarlo, mette i brividi. In quella città, in Cina, è nato il Covid. O meglio, si è propagato al mondo intero. Ora, il simbolo della pandemia più letale dai tempi della Spagnola, vive un altro incubo. Stavolta non si tratta di febbre, starnuti, mascherine e lockdown. Ma di debiti, tanti debiti.

Che la Cina abbia un serio e irrisolto problema di debito è fuori discussione. Formiche.net lo racconta da due anni, con dovizia di particolari. Intere province sono senza un soldo in cassa, tanto da essere costrette a mettere all’asta le scuole e le miniere. Un dramma nel dramma, dopo due anni di chiusure. Ora se possibile è anche peggio. Serve denaro all’amministrazione di Wuhan e serve subito. E allora, ecco la mossa. L’autorità finanziaria di Wuhan ha invitato pubblicamente centinaia di aziende a ripagare i debiti nei confronti del governo e lo ha fatto in modo pubblico e clamoroso

L’Ufficio municipale delle finanze di Wuhan ha pubblicato venerdì scorso un elenco di 259 entità, tra cui alcune imprese statali, con il dettaglio dei loro debiti in sospeso a dicembre 2018. In questo modo ha reso pubblica una situazione poco conosciuta all’estero: anche in Cina chi può se ne infischia dei debiti. Secondo l’elenco, pubblicato dallo Yangtze River Daily, i debiti ammontavano a circa 300 milioni di yuan (42,4 milioni di dollari) e variavano da 10.000 yuan a oltre 23 milioni di yuan.

L’insolita azione pubblica del Bureau arriva mentre le amministrazioni locali sono alle prese con una crescente sofferenza finanziaria, in parte indotta dal costo dei controlli zero-Covid negli ultimi tre anni. A Wuhan, una delle maggiori metropoli cinesi, le entrate municipali sono diminuite dell’8,5% su base annua nel primo trimestre, secondo i dati diffusi dall’autorità finanziaria della città.

Tra i debitori presenti nella lista dell’ufficio figurano imprese statali e private, istituti di ricerca e uffici finanziari distrettuali della città. Insomma non si è guardato in faccia a nessuno nello stilare la lista, che il proprietario fosse privato o pubblico. In cima alla lista c’è una casa automobilistica con un debito di 23,54 milioni di yuan, seguita da un’azienda con un debito di 20 milioni di yuan e da un’altra che deve ancora rimborsare 15 milioni di yuan.

Ma Wuhan non è un caso isolato. Anzi. Non è un caso se, proprio per tentare di raggranellare qualche soldo, altre amministrazioni sono arrivate a mettere in vendita le mura delle scuole, tagliando addirittura le pensioni e i contratti dei docenti. A dare la cifra della situazione, c’è il caso di Guizhou, una delle province più povere della Cina situata nel sud-ovest montuoso del Paese. La quale ha fatto appello a Pechino per un potenziale salvataggio per evitare il default sul proprio debito.


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