In Spagna il Partito popolare cercherà una saldatura con la destra di Vox. In Polonia il Pis ha come avversario i Po. La collaborazione tra Ppe ed Ecr nel 2024 presenta qualche incognita. L’Italia giocherà da protagonista anche grazie al lavoro di “moderazione” che sta conducendo il premier Giorgia Meloni. Conversazione con Federico Ottavio Reho, coordinatore della ricerca del Wilfried Martens Centre for European Studies di Bruxelles
Gli assetti europei stanno cambiando profondamente e gli appuntamenti elettorali dei singoli Paesi – prima dello scoccare del 2024 – influenzeranno il terreno sul quale si dovranno costruire le nuove governance a Bruxelles. Si fa sempre più concreta, in questo senso, l’ipotesi di una cooperazione tra Ppe e conservatori. E, se così dovesse essere, il nostro Paese avrà un ruolo di primissimo piano grazie alla presenza del premier Giorgia Meloni. Non mancano, in questo percorso, diverse variabili. Due casi: quello spagnolo – le elezioni si terranno il prossimo luglio – in cui il partito di destra Vox potrebbe appoggiare (non si sa bene in che formula) il partito popolare. Il secondo caso è quello polacco, in cui il partito di governo Pis, fortemente connotato a destra, ha come acerrimo nemico Po, affiliato al Ppe. “Se è vero che per i prossimi assetti europei una collaborazione tra Ppe ed Ecr è possibile, è altrettanto vero che le elezioni che si svolgeranno nei singoli Paesi potranno presentare qualche ostacolo: difficilmente due partiti in competizione nel proprio paese possono collaborare in Ue”. A dirlo è Federico Ottavio Reho, coordinatore della ricerca del Wilfried Martens Centre for European Studies di Bruxelles.
Partiamo dal caso spagnolo. Qual è il reale stato dei rapporti tra Pp e Vox?
La Spagna è un Paese nel quale la scena politica ha subito una profonda frammentazione. La prospettiva dei principali partiti avversari (socialisti e popolari) sarebbe comunque quella di costituire un governo in autonomia. Ma questa ipotesi potrebbe non rivelarsi perseguibile. Potrebbe risultarne un sostegno di Vox ad un governo a guida popolare. Esistono ormai vari modelli, dall’ingresso dei conservatori nel governo (come ad esempio accaduto in Finlandia) al loro appoggio “dall’esterno” come successo in Svezia.
In Polonia, invece, la situazione è ben diversa.
Sì, ed è per questo che bisognerà aspettare gli esiti delle elezioni per formulare ipotesi concrete sui futuri assetti delle governance europee. Il caso polacco è emblematico del profondo conflitto tra popolari e conservatori.
Il “modello italiano” a livello nazionale, sembra invece funzionare. Come si immagina il ruolo dell’Italia nei futuri assetti europei?
L’Italia sarà fondamentale. Giorgia Meloni non solo è primo ministro, sostenuta da una coalizione molto allargata tra le forze di centrodestra, ma è anche leader dell’Ecr. Non solo. Meloni sta conducendo un’operazione molto interessante all’intero del gruppo dei conservatori europei. Una progressiva moderazione, declinata anche sul radicamento sempre più forte ai principi di europeismo e atlantismo.
L’obiettivo politico quale sarebbe?
Immagino che sia rafforzare i rapporti con il Ppe, che sarà ragionevolmente il gruppo più sostanzioso anche nella prossima compagine europea. Ed è l’elemento fondamentale della nuova governance.
Chi seguirà Meloni in questo progetto?
Difficile a dirsi in questo momento. Il quadro sarà più chiaro all’indomani degli esiti delle consultazioni nei singoli Paesi. Comunque, in linea di principio, una collaborazione tra conservatori e popolari sarà sostenuta dai Paesi nei quali questa cooperazione è già in essere a livello nazionale