Non c’è solo il triangolo dei saggi (Letta, Confalonieri e Galliani) che si affianca al reggente Tajani. C’è la questione della collocazione in Europa: sarà Fratelli d’Italia ad avvicinarsi ai popolari o sarà Forza Italia a spostarsi verso destra? E poi c’è il piccolo dettaglio dell’urgenza dei conti in un Paese con 3mila miliardi di debito pubblico. Scenari (geo)politici ed economici per l’Italia senza Berlusconi
Le forme geometriche stabiliscono le regole matematiche.
L’area di un quadrato o rettangolo si ottiene moltiplicando la lunghezza dei due lati. Quella di un cerchio è il raggio per il magico 3,14 e una serie infinita di altre cifre.
Il triangolo invece è una stregoneria tutta a sé e sviluppa concetti più interessanti. Da qui vengono la trinità, la trimurti, l’idea religiosa di un’intelligenza superiore.
Oggi c’è un triangolo che guida la nuova Forza Italia, dopo la morte di Silvio Berlusconi. Sotto tre persone, Gianni Letta, Fedele Confalonieri, Adriano Galliani, tutte molto in gamba ma anche molto anziane, e poi c’è Antonio Tajani.
La geometria del tre che sta a uno, 3:1, indica che i tre non si fidano dell’uno, e l’uno non può fare a meno dei tre. In questa forma instabile c’è tutta l’incertezza di Forza Italia (FI) di fatto senza una guida, di fatto in liquidazione. Certo il 3:1 è pensato per liberare il campo dalla corte dei miracoli che governava FI ma il concetto dell’uno e trino è difficilissimo in teologia, impossibile in politica.
Se non si esce rapidamente da tale formula FI diventerà presto come uno di quei marchi automobilistici prestigiosi ma vuoti, la Lancia, l’Alfa Romeo, macchine splendide, ma che da tempo sono totalmente Fiat.
Il bello del marchio FI per l’acquirente potenziale, il partito di maggioranza relativo Fratelli d’Italia (FdI), è nell’appartenenza alla famiglia potente e storica dei popolari europei. Qui il problema cruciale, come in tutte acquisizioni: alla fine che cosa uscirà dall’officina?
Saranno come le Fiat o come le Alfa? Mantenere due produzioni distinte non funziona quasi mai, ed è contrario allo spirito della fusione che punta a unificare.
In questo caso FdI si convertirà in FI, ed entrerà nella famiglia dei popolari europei guidata dai tedeschi della Cdu, o sarà l’opposto, FI si avvicinerà alla destra radicale che tanto dispiace alla Cdu?
Entrambe le soluzioni sono problematiche per cui sarebbe opportuno tenere i marchi separati, ma non è chiaro come o con chi.
Berlusconi non ha lasciato eredi politici, e dare la guida del partito a qualcuno di famiglia rischia di rovinare azienda, partito e famiglia. Berlusconi stesso teneva in equilibrio molto precario i tre elementi, ma era il fondatore del triangolo sbilenco. Molto difficile che altri ripetano il miracolo.
Infine ci sono i media che hanno vissuto in un rapporto simbiotico con il partito. Oggi con un partito in liquidazione i media sono destinati a svalutarsi col passare dei giorni. A meno che il partito non sia rilanciato e con esso i media in un nuovo rapporto.
È possibile, ma anche questo è difficile. Più facile che media e partito vadano ciascuno per la sua strada. Gli acquirenti possibili sono il francese Vincent Bolloré e forse anche Urbano Cairo. Ma è anche possibile che la famiglia tiri una riga con il partito e rilanci le TV con una nuova idea editoriale.
Le TV di Berlusconi nacquero quando queste erano il medium dominante. Oggi hanno perso peso rispetto a Internet. In futuro l’ascesa dello AI, delle realtà virtuali eccetera potrebbero accelerare il calo delle TV, anche se per ora non equivale al crollo della carta stampata.
In altre parole oggi le TV valgono 100, domani potrebbero valere 50, 20, senza un rilancio importante.
Sul fronte del partito poi c’è un problema ben più fondamentale della fusione con FdI.
FI rappresentò, per una intuizione di Berlusconi, il partito nuovo che rappresentava il mercato, non le idee. Con la fine della Guerra Fredda, la fine della storia, e la globalizzazione infatti le idee non contavano più, pesava solo la crescita economica.
Oggi anche quella fase è finita. L’avvento di una seconda guerra fredda con la Cina e il protrarsi di una guerra calda con la Russia pongono di nuovo problemi di valori e interpretazioni complesse della realtà.
Tale realtà è poi ben più enigmatica e sfumata della prima guerra fredda per cui si avrebbe bisogno di maggiore sofisticazione culturale rispetto a 80 anni fa.
Nel mercato delle idee dei partiti invece c’è spesso meno sofisticazione del passato, quindi si è al di sotto delle esigenze attuali. FI non fa eccezione. Solo che ha un’urgenza in più rispetto agli altri, visto che è “in liquidazione”
C’è poi in un’urgenza nazionale. I tassi di interesse stanno aumentando. Oggi siamo al 4% che su circa 3mila miliardi di debito fa un totale mal contato di 120 miliardi di interessi all’anno.
Non è così, perché non tutti i Bot si vendono adesso, ma gli interessi maggiori si faranno sentire asta dopo asta. Di fronte a questo l’Italia non sembra riuscire a fare quadrare la questione del Pnrr, che vale 200 miliardi in quattro anni.
Con uno sguardo superficiale, senza fare attenzione, appare che l’Italia fa le bizze per ricevere 200 miliardi in quattro anni, mentre gli interessi sul debito potrebbero essere di 120 all’anno. Un investitore che guarda le due cifre forse può pensare che il paese dà i numeri.
Ciò poi si somma alla disconnessione tra il giudizio in Italia e all’estero di Berlusconi. In Italia ha avuto il lutto nazionale all’estero hanno storto la bocca.
Il punto non è chi ha ragione o torto. Il punto è che l’Italia diventa incomprensibile fuori, nei mercati. Tanto basterebbe per fare impennare gli interessi e mandare tutto in fibrillazione.
Bisogna rapidamente raddrizzare FI per cominciare a rimettere le cose in ordine. I prossimi giorni e settimane saranno cruciali per il paese.