Anche se è consapevole che non sono un’opzione praticabile e vincente, per fermare l’Ucraina a Putin sono rimaste soltanto le atomiche. Per il resto la questione non è più se la Russia perderà, ma quando. L’analisi di Gianfranco D’Anna
Nemesi o strategia, i russi hanno iniziato a svegliarsi con la guerra in casa, sopra le loro teste. Non va meglio lungo il fronte del Donbass, dove a 16 mesi dall’inizio della fallita invasione dell’Ucraina i soldati di Mosca sono passati dal “prenderemo Kiev in tre giorni” a “fate saltare in aria strade e ponti così non avanzano velocemente”.
Dalla capitale russa alle prime linee fra Donetsk e Lugansk, la guerra scatenata da Putin si è ormai trasformata in una tragica incognita. Lo si avverte anche dall’atteggiamento e dalle parole dello stesso Presidente Russo per tranquillizzare i concittadini. Termini e sguardo di chi probabilmente non ha mai letto i versi di una poesia.
Sono bastati alcuni droni materializzatisi sul cielo di Mosca e che hanno scalfito i condomini del quartiere di Rublyovka famoso per le ville di lusso di generali e capi dell’intelligence, per mobilitare il Cremlino in interventi propagandistici capillari per minimizzare l’attacco e negare panico e allarme. I raid di droni su Mosca sono gli ultimi di una serie di attacchi e di operazioni di sabotaggio in territorio russo condotte, in vista della imminente controffensiva ucraina, da cittadini russi che si definiscono partigiani anti Putin.
Attacchi dall’effetto psicologico, più che bellico, e che impallidiscono rispetto ai sistematici bombardamenti da parte della Russia alle città ucraine che provocano ogni giorno stragi e devastazioni perché prendono di mira sistematicamente grandi edifici residenziali o affollati centri commerciali, ospedali, stazioni ferroviarie e infrastrutture civili.
L’effetto panico, o quanto meno di inquietudine, raggiunto provoca un senso di nervosismo e di insicurezza nella capitale russa e rende evidente ai moscoviti che la guerra di Putin sta tornando a casa. Le reazioni dell’establishment fanno trasparire le lotte all’interno del regime. Tanto che il portavoce, Dmitry Peskov, ha precisato che Russia non ha intenzione di dichiarare la legge marziale dopo l’attacco di droni a Mosca.
Una specificazione non richiesta che tradisce l’ipotesi di un ulteriore accentramento di poteri, un vero e proprio colpo di stato che congelerebbe le elezioni presidenziali e prorogherebbe sine die la presidenza di Putin. Il Cremlino coglierebbe così la palla al balzo delle pressioni dell’ala oltranzista, capeggiata da Dmitri Medvedev, vice capo del consiglio di sicurezza nazionale russo ed ex presidente, da Yevgeny Prigozhin padre padrone del gruppo mercenario Wagner e dal leader ceceno Ramzan Kadyrov, per dichiarare lo stato di guerra e “mobilitare l’intera società”.
Ma con quali forze ed armamenti combattere una guerra dichiarata a tutto campo se non si riesce neanche a prevalere in una operazione speciale circoscritta? si chiedono dietro le quinte gli apparati e l’intellighenzia militare russa. A Mosca negli ambienti militari ci sarebbe una evidente consapevolezza della criticità della situazione. Le forze armate russe rappresentano un sistema complesso ancorato a criteri strategici risalenti all’assetto sovietico e che necessitano di almeno otto mesi prima di essere compiutamente mobilitate e schierate al fronte. Il tutto al netto di prevedibili contraccolpi e resistenze sociali determinate dalle oltre 200 mila fra vittime e feriti dei circa 500 giorni di guerra finora in corso.
A sorpresa, nonostante la rigida censura, un politico dell’opposizione, Boris Nadezhdin, é apparso sul canale russo Ntv ed ha chiesto l’elezione di un nuovo presidente nel 2024. Tutti i segnali di quella che al momento appare una “insofferenza” degli ambienti moscoviti vengono costantemente monitorati dai servizi di sicurezza occidentali e saranno oggetto di una specifica analisi nel vertice del 7 e 8 giugno a Washington fra il primo Ministro inglese Rishi Sunak e il presidente Joe Biden.
Un vertice di particolare rilevanza. Secondo The Guardian, il Premier britannico proporrà infatti a Biden che il Regno Unito assuma il ruolo di hub globale per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale applicata all’intelligence. Una svolta che coincide col cambio della guardia al vertice del GCHQ fra Anne Keast-Butler e Sir Jeremy Fleming che dopo sei anni lascia la direzione della mitica agenzia britannica di signals intelligence, famosa per non celebrare mai i suoi continui successi, a cominciare dalla fondamentale scoperta dei cifrari della Germania nazista ad opera del geniale scienziato Alan Turing, considerato il padre dell’intelligenza artificiale. Un segreto reso noto soltanto 75 anni dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Utilizzando positivamente l’intelligenza artificiale si punta a moltiplicare la capacità dell’intelligence occidentale di “leggere” in controluce quanto avviene al Cremlino. Una visione che ha finora consentito a Stati Uniti, Inghilterra, Europa e ai paesi della Nato di disinnescare i bluff nucleari di Putin ed armare gradualmente l’Ucraina con missili Javelin e Stinger, lanciarazzi Himars, sistemi avanzati di difesa missilistica e antiaerea Patriot, Samp/T, Aim-7 ed Avenger, droni, elicotteri, carri armati di ultima generazione e recentemente anche con i super caccia F-16. Con l’aggiunta del monitoraggio continuo e della supervisione d’intelligence e satellitare del campo di battaglia.
Il tutto, come ha affermato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale americano John Kirby, “evitando accuratamente situazioni che possano risucchiare l’Occidente, la Nato e gli Stati Uniti e provocare un conflitto mondiale”.
Ma come tutti i portavoce, anche quello americano fa affiorare sullo sfondo il retropensiero dell’amministrazione americana: Mosca é in un vicolo cieco, l’unica via d’uscita è la pace. E la storia ricorda al Cremlino che un leader che perde la guerra non si presenta a siglare la pace al cospetto delle sue mancate vittime.
Dmitry Peskov, ha precisato che Russia non ha intenzione di dichiarare la legge marziale dopo l’attacco di droni a Mosca. Una specificazione non richiesta che tradisce l’ipotesi di un ulteriore accentramento di poteri, un vero e proprio colpo di stato che congelerebbe le elezioni presidenziali e prorogherebbe sine die la presidenza di Putin. Il Cremlino coglierebbe così la palla al balzo delle pressioni dell’ala oltranzista, capeggiata da Dmitri Medvedev, vice capo del consiglio di sicurezza nazionale russo ed ex presidente, da Yevgeny Prigozhin padre padrone del gruppo mercenario Wagner e dal leader ceceno Ramzan Kadyrov, per dichiarare lo stato di guerra e “mobilitare l’intera società”.