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Le nomine di Meloni, tasselli del mosaico draghiano. Il corsivo di Cangini

Le nomine di Figliuolo e di Panetta dimostrano che gli incarichi che contano, e che costituiscono l’articolazione dello Stato e la gestione dell’economia pubblica, sono stati attribuiti con millimetrica precisione nel segno della piena continuità tra il governo della destra e il governo “tecnico” guidato da Mario Draghi

Un’altra tessera del mosaico draghiano è stata dunque collocata a comporre il puzzle del potere reale. Sarà, infatti, l’attuale numero due della Bce Fabio Panetta il prossimo governatore di Bankitalia. Mario Draghi aveva suggerito il suo nome a Giorgia Meloni come ministro dell’Economia, ma Panetta declinò. Aveva già puntato Palazzo Koch. Fu sempre Draghi, allora, a suggerire alla premier il nome di Giancarlo Giorgetti: piuttosto che un tecnico di seconda fila, meglio mettere all’Economia un politico di primo livello, la cui nomina avrebbe peraltro scongiurato eventuali colpi di testa da parte di Matteo Salvini. Giorgetti accettò obtorto collo.

Al posto di Panetta in Bce il governo italiano potrebbe indicare Piero Cipollone, ex Banca Mondiale, l’uomo che Bankitalia spedì a palazzo Chigi per governare gli incerti passi del neo presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Tessere draghiane. Nomi come quello dell’ex ministro dell’Economia del governo Draghi Daniele Franco, che il Tesoro indicherà come preside della Banca europea per gli investimenti (Bei). Nomi come quello del generale Francesco Figliuolo, che con Draghi fece fronte alla pandemia e che la Meloni ha appena nominato commissario straordinario del governo per l’alluvione in Romagna.

Nomi come quello di Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica con Draghi, di recente nominato amministratore delegato di Leonardo dal governo Meloni. Nomi come quello di Alessandra Dal Verme, nominata da Draghi direttore dell’Agenzia del demanio e in quell’incarico confermata da Giorgia Meloni. Così come confermati sono stati l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi, quello delle Poste Matteo Del Fante, il direttore dell’Agenzia delle entrate Ernesto Maria Ruffini, il Ragioniere generale dello Stato Biagio Mazzotta.

Insomma, non si può dire che Giorgia Meloni abbia riscritto la mappa del potere reale italiano occupandone le casematte. Dietro la cortina fumogena di qualche avvicendamento in Rai, gli incarichi che contano, e che costituiscono l’articolazione dello Stato e la gestione dell’economia pubblica, sono stati attribuiti con millimetrica precisione nel segno della piena continuità tra il governo della destra e il governo “tecnico” guidato Mario Draghi.



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