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Intelligence economica. Ciò che serve all’Italia secondo Mayer

Negli ultimi trent’anni in Italia una visione politica ingenua (e al tempo stesso opportunistica) della globalizzazione ha messo in ombra la rilevanza dell’intelligence economica come bussola fondamentale per le politiche di sicurezza nazionale e per le strategie di crescita del sistema Paese

Nel suo intervento conclusivo al seminario “Intelligence economica nell’era digitale” alla Luiss di ieri, il sottosegretario Alfredo Mantovano, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, ha raccolto alcuni interessanti stimoli formulati dal generale Mario Mori nella sua relazione precedente. In particolare, ha condiviso la necessità di “una migliore articolazione organizzativa soprattutto nel settore economico-finanziario”, senza per questo costituire nuovi organismi, ma rafforzando e migliorando l’organizzazione di quelli esistenti. Nel suo discorso, il generale Mori, prendendo spunto da antiche memorie bibliche, aveva, infatti, sottolineato quanto sia importante per il destino di un popolo conoscere e prevedere le strategie dei maggiori attori economici con cui deve misurarsi.

Purtroppo da noi non è stato così. Negli ultimi trent’anni in Italia una visione politica ingenua (e al tempo stesso opportunistica) della globalizzazione ha messo in ombra la rilevanza dell’intelligence economica come bussola fondamentale per le politiche di sicurezza nazionale e per le strategie di crescita del sistema Paese. Sono passati ormai dieci anni dall’acquisizione cinese di consistenti pacchetti azionari di Pirelli e di Cdp Reti (Terna, Snam e Italgas). E da quando – sempre all’inizio dello scorso decennio (era il maggio del 2013) Invitalia ha organizzato una missione in Italia della China Development Bank gettando le basi di numerosi accordi di collaborazione nei settori più svariati.

L’apertura alla Cina è stata piuttosto ampia. Alla fine del 2019 erano presenti in Italia 405 gruppi cinesi con partecipazioni in 760 imprese italiane. All’epoca della missione, l’eventualità del potenziale conflitto con alcuni interessi nazionali dell’Italia fu sostanzialmente ignorato. Su questa sottovalutazione conviene riflettere attentamente. Per esempio, il settore digitale e delle reti di telecomunicazioni era da tempo sotto attenta osservazione sia in Israele sia negli Stati Uniti. In Italia, invece, questi allarmi – pur fatti propri dall’intelligence a da alcuni molto ristretti gruppi accademici – non ebbero alcun seguito sul piano politico.

Un altro campo fondamentale dell’intelligence economica è da sempre l’energia. Qui la radice dei rischi è precedente. Una data importante è certamente quella del 14 novembre 2006 quando Eni ottiene da Gazprom garanzie di forniture energetiche sino al 2035, ma in cambio concede di entrare direttamente e indirettamente in Italia per la distribuzione del gas all’ingrosso e al dettaglio. La libertà concessa al colosso russo  di distribuire il gas al dettaglio (per fare un solo esempio, nella riviera romagnola) è una lezione da non dimenticare e le sue implicazioni trasversali, politiche e amministrative, sui territori meriterebbero di essere studiate in profondità. Ma anche su questo aspetto vi furono dei contributi importanti come quello risalente al 2014 elaborato dell’ex Sismi Umberto Saccone che tuttavia è rimasto inascoltato.

Oggi almeno sul piano logico gli interessi nazionali italiani e europei convergono sull’obiettivo di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia e quella digitale dalla Cina. Certo, la politica con alle spalle una maggiore attenzione all’intelligence economica avrebbe potuto agire con maggiore prudenza e in funzione preventiva.

Un secondo aspetto sollevato dal generale Mori e raccolto dal sottosegretario Mantovano riguarda l’apertura di maggiori possibilità nel settore delle garanzie funzionali, un istituto pensato per esonerare da responsabilità penale i funzionari di Aise e Aisi che, nello svolgimento di operazioni per scopi istituzionali, debbano compiere azioni configurabili come reato. Mantovano ha sottolineato che è un tasto “delicatissimo” ma che “va affrontato provando a rendere ancora più efficienti questi strumenti”, aggiungendo anche che sul piano cosiddetto “offensivo” c’è “del lavoro da svolgere”.

A questo proposito approfitto dell’occasione per riproporre per l’ennesima volta un tema molto complicato, ma a mio avviso cruciale: come, quando e in che misura estendere le garanzie funzionali gli operativi appartenenti a servizi alleati e collegati. Oggi, infatti, gran parte delle operazioni che coinvolgono il servizio interno e l’Aise hanno la necessità di cooperazione internazionale (talora anche sul piano operativo) per raggiungere i target prefissati. È sempre più difficile applicare agli operativi due pesi e due misure come accaduto in passato.

Concludo richiamando all’attenzione un altro aspetto importante toccato dal sottosegretario Mantovano: per l’Autorità delegata le università hanno funzione “rilevantissima” e il comparto dovrebbe rafforzare l’interlocuzione con esse. Sotto questo profilo l’espansione del ruolo e delle funzioni didattiche, ma anche di ricerca e di analisi strategica della Scuola del Dis (su alcuni temi anche in collaborazione con il Casd) è determinante. Il rilancio della collaborazione multidisciplinare della Scuola con gli atenei italiani ( per esempio collegando economia internazionale e geopolitica) è una priorità operativa che il sottosegretario Mantovano ha fatto molto bene a sottolineare.

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