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Il Mes e le virtù del revisionismo. L’analisi di Polillo

L’eventuale tardivo ripensamento dell’Italia sul Mes potrebbe essere accolto dai mercati, come un momento di debolezza? Francamente ne dubito. L’opposizione di ieri era anche giustificata data la politica ultra espansiva della Bce, ma oggi la situazione, vista l’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse, è completamente diversa. Ed allora una buona polizza d’assicurazione può essere utile… Gianfranco Polillo spiega perché

Se l’Italia, alla fine, giungerà a ratificare il Mes, sarà stato comunque un piccolo miracolo. Frutto della volontà di alcuni spiriti illuminati e dell’impossibilità da parte dei più di continuare ad opporre argomenti, ch’erano anche validi in passato. Ma che ora, a seguito dei grani cambiamenti intervenuti nella situazione internazionale, non ha più senso continuare ad agitare. Per cui è bene sgombrare il campo fin da subito.

Fino a qualche mese fa, quando i tassi di interesse erano negativi, la liquidità abbondante ed il credito erogato con ben pochi limiti, poteva aver un senso nel negare il proprio consenso a favore di un ulteriore bardatura burocratica, come il Mes. Tanto più che la stessa Germania aveva fatto ben valere le proprie ragioni. Nessun solidarismo, quale inevitabile anticamera della condivisione del debito. Ma la nascita di un semplice “veicolo” con il timbro del Lussemburgo. Una società dotata di un proprio capitale sociale, che limitasse la responsabilità finanziaria dei singoli Stati, capace di indebitarsi sui mercati internazionali e, con quella provvista, operare i necessari finanziamenti, a precise condizioni. Era stato questo codicillo, che richiamava alla mente il salasso greco, a raffreddare gli animi.

Sebbene i dati avessero dimostrato che, tutti i casi in cui il Mes era intervenuto, si erano risolti in un vantaggio per il debitore. Che comunque aveva pagato molto meno, rispetto alle richieste del libero mercato. Ma, niente da fare. Di fronte a quella cattiva reputazione, i singoli Stati avevano rifiutato gli stessi finanziamenti proposti per far fronte al Covid. Sebbene questi ultimi fossero concessi senza alcuna clausola penalizzante. Comportamento apparentemente irrazionale. Ma fino ad un certo punto. In quegli anni le risorse erano concesse, senza alcun costo, dalla Bce che sottoscriveva le nuove emissioni dei titoli del debito pubblico di ciascun Paese. Non c’era quindi alcun bisogno di rivolgersi ad altri.

Nel 2020, grazie al duo Conte-Gualtieri, il rapporto debito pubblico/Pil era aumentato, in Italia, di quasi 21 punti – il salto più alto dal 1980 – ma nessuno aveva profferto parola. Come se fossimo di fronte al naturale ordine delle cose. Attualmente i tassi d’interesse praticati dalla Bce sono pari al 4 per cento. E con ogni probabilità aumenteranno ancora. La stretta finanziaria è già in atto: colpisce famiglie ed imprese. Lo Stato, a sua volta, si indebita ma ad un costo crescente. L’ultimo Btp a quattro anni avrà un rendimento di poco inferiore al 4 per cento. Se il tasso d’inflazione non fosse maggiore, sarebbero dolori. Immaginate cosa potrebbe accadere di fronte ad un qualsiasi imprevisto. Non sarebbe facile chiamare in causa la Bce, che già qualcosa sta comunque facendo, per combattere le possibili asimmetrie della politica monetaria. Occorrerebbe affidarsi ai mercati, e non sarebbero rose e fiori.

Ed ecco allora che un pensierino sul Mes non può che tornare di moda. Di fronte a questi nuovi scenari, l’eventuale tardivo ripensamento dell’Italia potrebbe essere accolto dai mercati, come un momento di debolezza? Questo uno dei tanti interrogativi. Francamente ne dubitiamo. Sarebbe sufficiente rendere trasparente il processo cognitivo che, dal rifiuto iniziale, ha portato alla successiva eventuale accettazione, lungo la traccia che è stata appena fornita. Che avrebbe, tra l’altro il vantaggio, di stoppare le polemiche di Elly Schlein, facendo valere quello “storicismo” che una volta era l’essenza culturale del Pci. Ma che oggi, sembra essersi perso tra le mille contraddizioni di quel partito.

Il tema della ratifica era da tempo in stand-by. Qualche accenno nel dibattito politico. Nemmeno troppo ruvido, non essendoci accordo tra la segretaria dei Pd e Giuseppe Conte, che aveva sempre considerato il Mes come fumo negli occhi. Qualche piccolo contraccolpo in Europa, come durante le ultime riunioni dell’Ecofin, per il pressing esercitato nei confronti del ministro Giorgetti. Poi l’accelerazione di queste ultime ore. Che ha posto l’intero governo nella scomoda posizione di dover accelerare.

Il fattaccio è nato in Parlamento. Commissione Esteri della Camera dei deputati. All’ordine del giorno due distinte proposte di legge, ma di identico contenuto. “Ratifica ed esecuzione dell’Accordo recante modifica del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità, fatto a Bruxelles il 27 gennaio e l’8 febbraio 2021”. La prima a firma di Piero De Luca, dei DS ma con una certa fatica; la seconda presentata da Luigi Marattin, l’economista che ha seguito Matteo Renzi, dopo essere stato eletto nel Pd. Due, infine i relatori, entrambi appartenenti all’opposizione: Vincenzo Amendola del Pd e Naike Grupponi per Azione-Italia viva.

Considerata l’importanza del tema, ci saremmo aspettati un maggior coinvolgimento della Commissione bilancio, che sarà invece chiamata ad esprimere un semplice parere. Il ministro di riferimento, anche a livello europeo, non è tanto Antonio Tajani, quanto lo stesso Giancarlo Giorgetti. Ma così non è stato. Sarà stato, forse, anche questo a spingere il presidente della commissione, Giulio Tremonti, a chiamare direttamente in causa Via XX settembre con una lettera in cui si chiedeva una valutazione dell’intera questione.

A quanto sembra la risposta è stata firmata dal Capo di gabinetto del Mef. Ed i risultati sono stati sorprendenti: “Relativamente agli effetti indiretti – si legge tra l’altro nella missiva – sulle grandezze di finanza pubblica derivanti dalla sola ratifica dell’Accordo, sulla base di riscontri avuti da analisti e operatori di mercato, è possibile che la riforma del Mes, nella misura in cui venga percepita come un segnale di rafforzamento della coesione europea, porti ad una migliore valutazione del merito di credito degli Stati membri aderenti, con un effetto più pronunciato per quelli a più elevato debito come l’Italia”.

Per chi come noi ha sempre sostenuto la necessità di non cedere alle ubbie, o ad ingiustificati mal di pancia, si tratta di una scontata conferma. Per chi, invece, ha dubitato, non resta che riscoprire le virtù del revisionismo. Quella forma mentis che ci ha consentito di uscire dalle secche dell’apologia o della semplice detrazione. Per riscoprire il senso più profondo della nostra storia. E che, ancora oggi, qualche ulteriore servigio è in grado di rendere.

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