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Nave Morosini in Giappone. L’Italia rafforza la presenza nell’Indo Pacifico

Di Emanuele Rossi e Marco Battaglia

Nave Morosini arriva in Giappone. Al porto di Yokosuka, sede della Settima Flotta statunitense, uno dei gioielli tecnologici della Marina, porta diplomazia militare e presenza italiana all’interno di una regione determinante per i destini del mondo

Il pattugliatore polivalente d’altura italiano Nave Morosini ha fatto il suo ingresso nella base militare di Yokosuka, in Giappone, a poca distanza dalla capitale Tokyo. A darne l’annuncio l’ambasciata italiana, che ha rivolto il proprio “caloroso benvenuto” alla nave militare e al suo equipaggio, definendola un “gioiello tecnologico della Marina Militare” il cui arrivo nel Paese del Sol levante “rafforza la collaborazione tra Italia e Giappone e testimonia l’impegno italiano in un’area strategica come l’Indo-Pacifico”. L’unità italiana si trova nell’Indo-Pacifico da inizio aprile, schierata all’interno del dispositivo del Carrier strike group 5 (Csg 5), il gruppo portaerei statunitense assegnato alla settima flotta Usa, parte della Flotta Usa del Pacifico. Il gruppo da battaglia, attualmente operante nel mar Cinese meridionale, è assegnato alla protezione della portaerei nucleare Classe Nimitz Uss Ronald Regan. Insieme al Morosini sono presenti almeno tre incrociatori Classe Ticonderoga e una squadriglia di sette cacciatorpediniere Classe Arleigh Burke. Per il pattugliatore italiano si tratta di una opportunità per prendere parte alle attività addestrative e operative guidate dalla portaerei americana, una prima volta per il Morosini. L’impegno della Marina nell’Indo-Pacifico, inoltre, potrebbe prevedere l’invio nel 2024 anche di Nave Cavour

Il pattugliatore Morosini

Il secondo dei sette pattugliatori polivalenti d’altura (in versione Light) previsti nel piano di rinnovamento della Marina avviato nel 2015 sotto l’egida dell’Organizzazione per la cooperazione congiunta in materia di armamenti (Occar), il Francesco Morosini è una nave elevata flessibilità operativa, concepita per svolgere una molteplicità di compiti, dal pattugliamento, al trasporto logistico, fino al combattimento. Il Morosini, in particolare, integra alcune novità ingegneristiche all’avanguardia che la rendono tra le unità più avanzate in mare. A partire dalla sua doppia prora sfalsata, che permette al pattugliatore di ridurre la formazione ondosa, permettendo un aumento di idrodinamicità (e quindi di velocità) riducendo al contempo i consumi. Ma la vera rivoluzione è il Naval cockpit, una postazione per la condotta della nave simile alla cabina di pilotaggio di un aereo che permette a due soli operatori sia di dirigere la navigazione, sia di gestire le operazioni aero-navali da una sola postazione integrata. Sul Morosini, inoltre, è distaccato un SH-90A, una squadra di sommozzatori del Gruppo operativo subacquei e un distaccamento di fucilieri della brigata marina San Marco.

Il valore geopolitico del dispiegamento

Come l’ambasciata guidata dalla feluca Gianluigi Benedetti ricorda, lo schieramento del Morosini ha un valore politico, di diplomazia militare e industriale. Innanzitutto, rafforza ulteriormente l’allineamento tra Roma e Tokyo: la partnership italo-giapponese sta vivendo un momento di particolare vivacità, frutto anche del programma militare Global Combat Air Programme (Gcap), “un ambizioso progetto volto allo sviluppo di un aereo da caccia di nuova generazione entro il 2035”, come lo definisce Palazzo Chigi. Il driver della Difesa, e dell’industria collegata, è uno degli elementi centrali in questa fase delle relazioni, e si estende nel quadro ampio delle attività italiane nell’Indo Pacifico – regione nevralgica in cui ormai anche Roma riconosce necessaria la presenza. Ed è proprio attraverso partnership come il Gcap e attività come quelle del Morosini che si sviluppa quella presenza – elemento fondamentale perché, come spiegavano fonti regionali, “nell’Indo Pacifico conta esserci”.

Il ruolo dell’Italia

E la presenza del Morosini a Yokosuka ha un valore ancora più ampio se si considera che la città portuale nella penisola di Miura custodisce uno dei cuori nevralgici e strategici della regione: la sede della Settima Flotta statunitense, quella che risponde appunto all’Indo Pacific Command. La sovrapposizione non è casuale, le attività italiane nella regione vanno inquadrate all’interno di uno schema largo che riguarda la strategia occidentale, condivisa da Usa e Ue (e tendenzialmente dalla Nato, con l’Indo Pacifico che sarà argomento di prima importanza nell’imminente vertice di Vilnius, come lo è stato lo scorso anno a Madrid). Il Morosini segna un approfondimento delle attività italiane nella regione fino alla porzione più lontana dalla Penisola, ma segue la traiettoria di quella sovrapposizioni di interessi tra Oriente e Occidente – tra destini del quadrante Euro Atlantico e quelli dell’Indo Pacifico – che sono una delle visioni distintive del pensiero del primo ministro nipponico, Kishida Fumio. Pensieri condivisi dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha parlato proprio a proposito di queste interconnessioni durante la visita a Nuova Delhi: davanti a lei c’era il premier Narendra Modi, altro partner strategico italiano nell’Indo Pacifico, in questi giorni alla Casa Bianca.


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