Il dissesto idro-geologico che ha devastato la Romagna è stato eccezionale, molto meno le reazioni politiche e mediatiche che l’hanno accompagnato. Cosa lega le emergenze contingenti all’emergenza “madre” del debito pubblico secondo Igor Pellicciari, ordinario di Storia delle Istituzioni e Relazioni Internazionali all’Università di Urbino
Il dissesto idro-geologico che ha devastato la Romagna è stato eccezionale, molto meno le reazioni politiche e mediatiche che l’hanno accompagnato.
Ad una reazione “del giorno dopo” partita lenta è seguita una campagna “del dopo il giorno dopo” sugli enormi danni causati, che ha monopolizzato l’intero sistema dell’informazione.
LA NARRAZIONE DELLA DISTRUZIONE
Questa campagna ha avuto il merito di richiamare l’attenzione nazionale su un’emergenza di un’area circoscritta di un paese geograficamente e socialmente policentrico, dove Trieste sa poco delle vicende di Lecce e viceversa.
Tuttavia, per settimane sono rimasti dominanti gli stessi toni emotivi e concitati della primissima ora, fermi su una Narrazione della Distruzione che alla lunga poco ha aggiunto mentre per paradosso ha peggiorato il quadro della crisi.
Contraddizioni a parte (da un lato giornalisti in anfibi nelle zone alluvionate; dall’altro tempi non-emergenziali per la scelta dell’ennesimo Commissario all’emergenza), restare nel presente drammatizzato ha rinviato la spinosa questione delle future soluzioni da intraprendere.
Inoltre, nell’immaginario collettivo la Narrazione della Distruzione ha riguardato l’intera Romagna, inclusa la maggioranza delle zone turistiche costiere che invece un paio di giorni dopo l’alluvione erano già tornate alla normalità. Cosicché molti vacanzieri hanno rinunciato a recarvisi per i weekend di fine maggio e il ponte del 2 giugno, nel dubbio che fossero inagibili (perché “sommerse dall’acqua”), irraggiungibili (per via delle “centinaia di strade chiuse”), addirittura pericolose per la salute (per “le acque contaminate e il rischio di contrarre l’epatite A”).
INFORMAZIONE VS PROMOZIONE
Si potrebbe considerare il tutto l’ennesimo danno collaterale della consueta corsa mediatica all’audience che in un continuo gioco al rialzo non lesina il ricorso all’infotaiment emozionale che predilige il Dolore raccontato nel “come” piuttosto che nel “perché”.
Eppure, alcuni aspetti non tornano in questa chiave di lettura.
In primo luogo, proprio il caso specifico della Romagna mostra come in un passato recente i media siano stati attenti a non veicolare messaggi che danneggiassero il turismo di massa, tra le principali voci del Pil italiano.
Tanto che periodicamente i notiziari ospitano servizi giornalistici che più che al diritto all’informazione rispondono alla promozione dell’industria turistica nostrana e che, come abbiamo scritto in un precedente articolo in nome della sacrosanta difesa dell’ identità culturale talvolta scivolano in un nazionalismo agro-alimentare.
Oppure, per restare nel campo meteorologico, vengono in mente le proteste, anche per vie legali, degli albergatori romagnoli per le cattive previsioni del tempo date in prossimità delle vacanze dai notiziari, additati di fare del “meteo-terrorismo”.
Accuse tra il bizzarro e il felliniano che dicono di un atteggiamento socio-culturale che pretende imparzialità di giudizio solo dal giornalismo sportivo, e considera normale la faziosità del resto del sistema dell’informazione.
L’EMERGENZA MADRE DEL DEBITO PUBBLICO
In secondo luogo, la Narrazione della Distruzione ha ricordato quella vista in altre emergenze, di origine sia endogena (alluvioni, frane) sia esogena (ricadute nostrane di crisi globali come la pandemia o la guerra in Ucraina) sia mista (stragi del mare e accoglienza dell’immigrazione irregolare).
Per tempistica e contenuti è un preciso format mediatico, che vanta un coordinamento con la comunicazione istituzionale (tutt’altro che scontato su altri temi) e quindi indicatore di un sostegno governativo.
Poiché quest’ultimo non è mai casuale, viene da chiedersi quale finalità politica sia così centrale da fare accettare, come nel caso della Romagna, anche eventuali danni collaterali in altri settori di interesse politico-economico.
Una possibile risposta viene dall’annosa questione delle relazioni tra Bruxelles e Roma sulla riduzione del suo debito pubblico monstre (oramai vicino ai 3.000 miliardi). Probabilmente, la Emergenza Madre italiana.
Da tempo la Ue chiede a Roma – inter alia – una spending review della sua spesa pubblica – mettendo mano ad aspetti che molti nell’eurozona bollano come sprechi, considerandoci le cicale d’Europa.
Nessuno dei passati governi italiani, a prescindere dal colore, ha avuto la forza o il coraggio di fare questa riforma sistemica, mettendosi contro un esercito di corporazioni professionali agguerrite.
L’ultimo episodio di questa saga è il Mes, che solo Roma si ostina a non ratificare. Non perché non serva un meccanismo che dia assistenza finanziaria; ma perché questo prevede pure un controllo esterno europeo (ex-ante e diretto) sulla spesa pubblica del beneficiario. Per chi oggi trova difficili le condizionalità del Pnrr, quelle del Mes domani sarebbero il commissariamento della spesa pubblica.
UN NUOVO “CALCIO AL RIGORE”
È un dato di fatto che dalla crisi finanziaria mondiale del 2008 in poi, ogni governo italiano, davanti all’emergenza di turno, ha chiesto a Bruxelles prima di tutto “maggiore flessibilità nei conti”, ovvero deroghe al rientro del debito pubblico.
Istanza giusta, ma che ha spinto governi di breve durata a prestare più attenzione agli effetti dell’emergenza che alle soluzioni di lungo periodo per rimuoverne le cause, come dimostra la questione dell’immigrazione, ferma sul binario morto di uno scontro ideologico-polarizzato sulla sola emergenza dell’accoglienza.
Un’altra conseguenza è stata la forte e prolungata drammatizzazione dell’emergenza con cui la comunicazione istituzionale italiana si è periodicamente rivolta alla Ue.
Non per cinismo, ma per vincere le reticenze di quanti in Europa ancora reagiscono con freddezza davanti agli appelli di aiuto italiani, sospettando servano per nuovi rinvii della spending review.
Considerando Roma come il calciatore che entrato in area accentua la caduta del fallo subito.
Per ottenere un altro (calcio al) rigore (dei conti pubblici).