La scelta dell’ex capo dell’intelligence Fidan e del capo di stato maggiore Güler agli esteri e alla difesa offre la cifra non solo del programma di governo del prossimo lustro, ma anche del modus con cui Ankara intende affrontare dossier strategici come guerra, Ue ed energia (in attesa delle decisioni in seno alla Nato). Vilnius si avvicina…
Mentre la frontiera ellino-turca di Evros è attraversata da nuovi e inaspettati flussi migratori, è nato il nuovo governo Erdogan con una serie di elementi significativi posizionati dal presidente nei posti chiave. Su tutti spiccano Hakan Fidan agli esteri e il capo di stato maggiore delle forze armate turche, Yasar Güler, alla difesa. Due figure strategiche per le policies erdoganiane, alla luce del percorso personale, professionale e geopolitico di entrambi. Il tutto mentre il numero uno della Nato, Jens Stoltenberg, annuncia (anche ad Ankara) che la Svezia è pronta a fare ingresso nell’Alleanza.
Qui Ankara
Dall’intelligence agli affari esteri: questa la parabola di Fidan, classe 1968, uno degli uomini più ascoltati da Erdogan, già a capo dei servizi dal 2010. Dopo una laurea in management e scienze politiche presso il Global Campus dell’Università del Maryland, ha conseguito il dottorato di ricerca presso la Bilkent University per poi prestare servizio come sottufficiale nell’esercito turco dal 1986 al 2001. In seguito due esperienze dense all’Aiea e all’Organizzazione per lo Sviluppo Industriale.
A capo degli 007 del Bosforo ha gestito passaggi delicati come le crisi in Medio Oriente, Nord Africa e Caucaso, passando per incontri segreti con esponenti del Pkk fino al dossier libico. Un profilo deciso, dunque, meno diplomatico del portavoce Ibrahim Kalin, nome che era circolato nei giorni precedenti al giuramento, a dimostrazione della volontà erdoganiana di affidarsi a soggetti poco avvezzi a toni morbidi, visti i dossier di cui dovranno occuparsi come il gas. In primis le relazioni con l’occidente, dove spicca il rapporto complesso con Washington e lo status di membro ibrido con la Nato.
Occidente
La doppia scacchiera in cui Edogan si trova con la Nato sta per registrare nuovi elementi. Stoltenberg infatti, incontrando il presidente, lo ha esortato a consentire l’adesione della Svezia alla Nato, smettendo di ritardare il nulla osta all’ingresso, affermando che l’adesione “renderà la Svezia più sicura ma renderà anche la Nato e la Turchia più forti”.
Ma Erdogan continua ad opporsi sostenendo che il Paese ospita persone che considera terroristi. Questi individui sono spesso attivisti curdi con presunti legami con il partito separatista dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), inserito nella lista nera dalla Turchia. Già durante le campagna elettorale Erdogan aveva pubblicamente osservato che non avrebbe preso una decisione sulla Svezia prima della rielezione.
Di fatto continua a sfruttare le contraddizioni tra Occidente e Russia per allargare i propri spazi di manovra. Lo dimostrano altri due fronti molto delicati come gli F-16 che chiede agli Usa e il rapporto con Grecia e Cipro (che riflette sulla sua candidatura alla Nato) per il gas.
Nuova o vecchia stagione?
Per comprendere se il nuovo esecutivo si muoverà pedissequamente sulla scorta del vecchio alla voce tensioni regionali con i vicini, sarà sufficiente attendere il vertice di Vilnius e, prima, la gestione dei prossimi vertici sul gas con i singoli partners, vicini e meno vicini (golfo). Fonti diplomatiche sostengono che Erdogan non farà marcia indietro nell’inquadrare determinate relazioni nell’alveo di rapporti amichevoli e di rapporti tesi che rimarranno tali. Appare difficile al momento solo immaginare un passo di lato nella questione dell’accordo sulla Zee con la Libia, che il neo ministro degli esteri conosce molto bene, al pari del memorandum di difesa siglato tra Grecia e Usa che Ankara considera uno schiaffo alla propria rilevanza geostrategica nel Mediterraneo e nel Mar Nero.
Il ruolo di Fidan, dunque, sarà molto rilevante anche per come avvierà il proprio mandato e per quali mosse sceglierà di fare nel brevissimo periodo. Intanto un primo contatto, seppur a margine, c’è stato il giorno del giuramento di Erdogan: erano presenti tra gli altri l’ex presidente tedesco Christian Wulff, l’ex cancelliere Gerhard Schröder, l’ambasciatore Usa in Turchia, l’ex premier svedese Carl Bildt. Quest’ultimo è anche il diplomatico più noto e affermato della Svezia, con una lunga esperienza (balcanica) di negoziatore.
@FDepalo