Cosa è emerso durante il dibattito “Spostare il baricentro, il Pnrr, l’Europa e la politica industriale” organizzato dal Gruppo dei 20 con Luigi Paganetto, Alberto Melloni, Nicola Rossi, Vincenzo Boccia, Raffaele Fitto e Adolfo Urso, ospitati da Renato Brunetta
Forse alla fine, basterà davvero poco per impedire future perdite di giri della crescita. Nel giorno in cui l’Istat ha certificato lo sprint italiano, già messo nero su bianco da Bankitalia, Moody’s e dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ecco che torna in auge la messa a punto del Pnrr. Perché se è vero che l’Italia ha saputo reagire decisamente bene alla fine della pandemia e all’urto dell’inflazione (meglio di Francia e Germania e anche qui lo dicono i numeri), è altrettanto vero che ora bisogna capire come impostare la gestione dei fondi europei.
Non è un caso che al Cnel si sia tenuto un convegno dal titolo omonimo a quello dell’opera Spostare il baricentro, il Pnrr, l’Europa e la politica industriale (Eurilink Univesity Press), a cura di Luigi Paganetto, economista e coordinatore del Gruppo dei 20 di Tor Vergata. Molti i partecipanti. Da Renato Brunetta, presidente del Cnel a Pietro Benassi, ambasciatore, già Rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione europea, passando per Nicola Rossi, docente a Tor Vergata, Alberto Melloni, ordinario all’Università di Modena-Reggio Emilia e Vincenzo Boccia, presidente dell’Università Luiss Guido Carli. Ma soprattutto, Raffaele Fitto, ministro per gli Affari Europei e Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy. I membri del governo, cioè, che rappresentano i due anelli di congiunzione tra Roma e Bruxelles.
UN NUOVO BARICENTRO
Paganetto ha dato il “la” ai lavori, partendo da un assunto. La guerra in Ucraina ha sparigliato le carte, innescato la crisi energetica che ha peggiorato un’inflazione che stava già crescendo a causa della pandemia. Tanto basta a ricalibrare il Pnrr. “Occorre oggi inserire l’intero Piano in un contesto competitivo diverso da qualche anno fa. Molte cose sono cambiate e adesso occorre spostare il baricentro del Pnrr e degli investimenti che esso porta in dote”, ha messo in chiaro l’economista. “Pensiamo alla Corea del Sud, è un Paese che sta vivendo quello che l’Italia ha vissuto con il boom economico. Questo per dire che bisogna creare le condizioni per spendere e spingere l’economia, come è successo 60 anni fa. Nel Pnrr c’è l’investimento in infrastrutture che è quello più importante, poi c’è l’energia. Quello che noi vogliamo ribadire è che il Piano è un’opportunità imperdibile e su cui non bisogna fallire. Modificare l’offerta per una nuova produttività, partendo da tempi e modi”.
LA (VERA) INNOVAZIONE DEL PNRR
Sulle grandi novità in seno al Pnrr si è invece soffermato Rossi, sottolineando la natura intrinseca del Piano, la logica dello scambio, riforme in cambio di soldi. “Ci sono dei pericoli in questa logica. Non è detto che debba accadere che se io faccio una cosa allora ottengo quei fondi. C’è qualcosa di profondamente deterministico in tutto questo. Se il Pnrr vuole funzionare bisogna tornare ad avere voglia di fare, di costruire”, ha spiegato Rossi.
Insomma, i soldi da soli non bastano a far carburare il Paese. E in questo senso Rossi ha fatto un esempio calzante. “Noi possiamo riempire di benzina la macchina, metterci dentro un motore pazzesco. Ma fatto tutto questo non ci muoveremo di un solo centimetro se qualcuno non ha voglia di guidare”.
LA VIA (ITALIANA) AL PNRR
La linea del governo è invece stata dettata dal ministro Fitto, che in questi giorni sta intrattenendo le trattative con l’Europa. “Quando si parla di Pnrr, bisogna parlare innanzitutto di coesione. L’Italia oggi ha bisogno di un elemento di comparazione. Qualunque cosa succede si parla di ritardo dell’Italia. Ma mai in due anni abbiamo davvero parlato di Pnrr. Se vogliamo parlare di ritardo, allora diciamo che solo tre Paesi in Ue hanno chiesto la terza rata. Mentre sei su 27 hanno chiesto ad oggi modifiche”, ha messo in chiaro Fitto. “Ritengo che sia importante dire che la complessità della spesa è connessa allo scenario in cui ci si muove. Il Pnrr è stato immaginato subito dopo la pandemia. Ma nessuno poteva immaginare una guerra a poche centinaia di chilometri da qui”.
Per questo “il governo ha posto le basi per una corretta governance del Pnrr: potenziamento della capacità organizzativa e amministrativa, soprattutto a livello locale, massima coesione tra Stato centrale e amministrazioni locali e, terzo, fare in fretta. Per la prima volta, infatti, ci troviamo dinnanzi a un’attuazione del Pnrr con procedure chiaramente diverse. Abbiamo bisogno in questo senso di valutare bene gli investimenti, perché l’Europa ci impone di spendere tutto entro il 2026. Ora però abbiamo la finestra per fare dei correttivi, non ieri, non domani, ma ora. Proprio quelle modifiche strutturali di cui l’opera del Gruppo dei 20 parla e che ci potranno portare su un percorso conclusivo del Pnrr stesso”.
IL PREZZO DEL FUTURO
La conclusione dei lavori è stata affidata a Urso. Il quale è partito dalla crisi demografica. “Se risolvessimo il problema demografico, con tre milioni di persone che non cercano lavoro, molto del lavoro sarebbe fatto. Abbiamo bisogno di lavoro e formazione, il che chiama direttamente in causa il discorso della natalità. Altrimenti andiamo incontro a una riduzione culturale. In questo senso il Pnrr è una grande opportunità”, ha spiegato Urso.
“Dopo la pandemia c’erano delle esigenze, che oggi sono un po’ cambiate. C’è l’inflazione, c’è la sfida degli Stati Uniti e della Cina, c’è l’aggressione della Russia all’Ucraina. Tutti questi elementi non possono non essere ignorati e il Pnrr va settato su questi cambiamenti. Il tentativo che stiamo facendo in sede europea e di cui il ministro Fitto ha parlato, si inserisce in questo contesto. Gli eventi citati ci costringono a rivedere il Pnrr, per delineare delle risposte nuove a nuove condizioni. E il primo passo, o meglio le prime risposte, devono arrivare sul fronte dell’autonomia energetica. L’Italia è sulla buona strada, quest’anno dovrebbe sganciarsi definitivamente dalla Russia. Questo è solo un primo passo, ma che è anche la posa della prima pietra per il nostro futuro. Dunque, autonomia, ma anche transizione, sono i primi veri elementi su cui tarare il Pnrr”.