Intervista all’economista e presidente emerito dell’Accademia dei Lincei. Il Paese si è dimostrato molto più resiliente di molti altri, a cominciare dalla Germania, vittima della sua stessa sopravvalutazione. Sul Pnrr non perderei troppo tempo a chiedere modifiche importanti, specialmente se non abbiamo ancora ratificato il Mes
A qualcuno potrebbe sembrare un miracolo. Forse lo è, forse non lo è. Ma, stando ai numeri e se il metro di misura è la crescita, l’Italia ha superato piuttosto bene le Forche Caudine della pandemia e della grande inflazione di origine bellica. E ora è tempo di staccare qualche dividendo. Se Fondo monetario, Bankitalia, Istat e persino Moody’s hanno fatto bene i loro calcoli, allora si può tirare un sospiro di sollievo: il Pil nel 2023 crescerà non meno dell’1,2%, oltre le stime dello stesso governo, che inchiodavano la crescita all’1% e a un ritmo più veloce delle bacchettone Germania e Francia.
MIRACOLO ITALIANO
Fin qui la cronaca. Ma per Alberto Quadrio Curzio, economista e docente della Cattolica nonché presidente emerito dell’Accademia dei Lincei, c’è poco da stupirsi. “L’economia italiana, già a cominciare dal 2021, con un proseguo nel 2022, sta dimostrando una resilienza che in Europa non molti altri Paesi non hanno. In particolare la Germania, che dopo aver avuto la leadership indiscussa, ora non se la passa mica tanto bene. Non sono meravigliato, non lo sono affatto. E le ragioni sono essenzialmente tre”, spiega Quadrio Curzio.
“Primo, nel 2021 la manifattura italiana ha avuto una ripresa formidabile, anche grazie ai bonus per gli investimenti industriali, che hanno avuto effetti significativi sulle esportazioni. Quest’anno non sarà lo stesso, le esportazioni rallenteranno perché l’Europa stessa rallenta. Secondo, la robusta ripresa dei consumi e dei servizi. Qui le decisioni del governo Draghi hanno avuto un peso, ammortizzando l’urto dell’inflazione nel 2022. Mi riferisco, soprattutto, al calmieramento dei prezzi dell’energia. Terzo motivo, il fatto che abbiamo già incassato due rate del Pnrr. Se a tutto questo aggiungiamo il turismo, che sta andando fortissimo ed è un giacimento da preservare, basta solo girare per le città, ecco spiegato il tutto”.
TRA PNRR E REALISMO
Già, il Pnrr. Da esso dipende la capitalizzazione di questa spinta del Pil e l’economista milanese lo sa fin troppo bene. “Non sarà facile ricalibrare il Pnrr, piccoli aggiustamenti saranno consentiti e ottenuti, ma quelli di grandi dimensioni penso di no. Non so esattamente che cosa abbia in mente il governo in questi termini. Francamente non perderei troppo tempo a implorare l’Europa per ottenere modifiche più sostanziali. E poi, scusi, il fatto che l’Italia ancora non abbia ratificato il Mes (entro il 30 giugno alla Camera è però prevista la discussione generale sulla ratifica del Trattato, ndr) non depone molto a favore: chiedere modifiche al Pnrr quando siamo rimasti l’ultimo Paese a non aver sottoscritto il Mes non è il massimo da un punto di vista estetico”.
IL MITO DELLA GERMANIA
C’è tempo anche per una battuta sulla Germania, una volta motore d’Europa, ma oggi in recessione tecnica. “Berlino ha sempre sopravvalutato se stessa, la dipendenza dal gas russo ha riportato il Paese alla realtà, con tutte le conseguenze del caso. E poi, l’industria automobilistica si è ridimensionata e questo ha impattato notevolmente su tutto il Paese. L’Italia è meno potente della Germania, ma essere meno potenti non vuol dire essere meno rapidi”.