Per rifornirsi di componenti elettroniche necessarie a portare avanti la guerra, Mosca può pagare i suoi fornitori solo appoggiandosi agli istituti stranieri, finora esclusi dalle sanzioni. Ma dopo l’ultima stretta degli Stati Uniti, la festa pare finita
Stavolta il colpo arriva da molto vicino. Le banche russe sono sotto sanzioni da ormai un anno e mezzo, paralizzate e pressoché tagliate fuori da tre quarti dei mercati globali. Bastasse così, non sarebbe necessario parlarne ancora. E invece no, il recente allargamento delle sanzioni da parte degli Stati Uniti amplia il raggio d’azione e tira direttamente in ballo tutti quegli istituti stranieri rei di flirtare con Mosca. In altre parole, di permettere il transito di denaro russo sui propri conti.
Con l’intero fianco occidentale “chiuso per sanzioni” (energetiche e non) l’unico modo che l’ex Urss ha per assicurarsi le forniture di componenti elettronici (chip, su tutti) è quello di rivolgersi al mercato orientale, cinese in primis. Ma, ed è questo il punto, per pagare i propri fornitori, il Cremlino deve necessariamente appoggiarsi a delle banche. Istituti dislocati per la maggior parte in Armenia, Kazakistan e a Hong Kong. Ebbene, adesso la festa sarebbe finita.
Con le banche che hanno deciso di rifiutarsi di permettere tali transazioni, proprio per timore delle sanzioni. Bloccati i trasferimenti per le consegne di server, chip, processori, apparecchiature di telecomunicazione e altri dispositivi elettronici di cui Mosca ha bisogno per portare avanti la guerra ai danni dell’Ucraina. Secondo alcune indiscrezioni, gli stessi russi avrebbero dovuto importare l’elettronica in questione con un codice di nomenclatura diverso per l’attività economica straniera.
“È impossibile acquistare componenti, pezzi di ricambio, computer e altro direttamente dal Paese produttore, ma solo attraverso Paesi terzi. Il problema è che sta diventando sempre più difficile, quindi in sei mesi o un anno potremmo trovarci di fronte a una carenza di prodotti sanzionati”, ha affermato una fonte. Tutto questo mentre l’Ue sta preparando l’undicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, che potrebbe includere sette società cinesi.
Inoltre, due produttori degli Emirati Arabi Uniti e uno dell’Armenia potrebbero rientrare nelle sanzioni. Bruxelles ritiene che i prodotti di queste aziende possano essere utilizzati nella produzione di armi. Addirittura alcune aziende come King-Pai Technology sono già state sottoposte a sanzioni dagli Stati Uniti, che hanno affermato di essere un fornitore con sede in Cina per più entità nel complesso militare-industriale della Russia.