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Così l’Europa vuole pagare la ricostruzione ucraina coi beni sequestrati ai russi

A tre mesi dal primo flop, ora la Commissione torna a spingere per una monetizzazione degli asset sequestrati a Mosca, per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina. Due le opzioni: tassare gli stessi beni o investirli e incassare i margini da essi prodotti. Ma attenzione alla legge

L’Europa riprova a vendere i beni congelati alla Russia per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina. Finora è stato uno dei nodi irrisolti delle sanzioni che l’Unione europea ha comminato a Mosca: i beni e gli asset congelati a Mosca e ai suoi oligarchi valgono oltre 20 miliardi di euro, ma non possono essere utilizzati. E questo perché la proprietà dei beni congelati può essere trasferita a qualcun altro solo se c’è una condanna in un procedimento penale che coinvolge i medesimi beni, o in caso di dichiarata guerra alla Russia da parte dei Paesi occidentali. Scenario che finora non si è avverato.

Eppure non è finita. Nei prossimi giorni, Bruxelles dovrebbe finalmente rivelare la chiave per mettere le mani su questo tesoretto e usarlo per finanziare gli aiuti e la ricostruzione dell’Ucraina. Lo ha annunciato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nel suo intervento alla Conferenza di Londra per l’Ucraina.  La stessa leader Ue aveva presentato il piano di rimodulazione del suo bilancio, in modo da tenere conto degli sforzi economici necessari per continuare a sostenere al meglio Kiev. Secondo Bruxelles, servono 110 miliardi di euro da qui al 2027. Come coprire questa cifra? “Ieri ho proposto agli Stati membri dell’Ue di colmare il 45 per cento di questo divario, per un totale di 50 miliardi di euro per l’Ucraina”, ha spiegato von der Leyen. Il resto dovrebbe arrivare dai prestiti raccolti sui mercati dei capitali.

Stando ai dati dello scorso febbraio, i Paesi Ue sono riusciti a congelare beni di privati russi per 21,5 miliardi di euro. Si sono poi le riserve della Banca centrale russa, su cui aleggia un velo di mistero. Secondo una stima ribadita da documenti ufficiali e autorevoli media come il Financial times, ci sarebbero 280 miliardi di euro detenuti nei Paesi del G7 e dell’Unione. Di questi, almeno due terzi si trovano nell’Ue. Insomma, come raccontato anche da Politico, la Commissione europea ha un piano per aiutare a finanziare la ricostruzione dell’Ucraina devastata dalla guerra utilizzando i beni statali russi. È una mossa audace e un segno di uno spostamento verso qualcosa che una volta sembrava impossibile. Sarebbe un’impresa legale senza precedenti, fortemente voluta dall’Ucraina e dai suoi alleati. Come fare?

Ci sono due opzioni sul tavolo, entrambe le quali genererebbero rendimenti di circa il 3% all’anno, secondo una valutazione del Consiglio dell’Ue. Una prima opzione suggerita dalla Commissione stessa sarebbe quella di imporre ai detentori dei beni, di investirli, con l’Ue che fruirebbe dei dividendi. Per percorrere questa strada sarebbero necessarie “importanti considerazioni legali alla luce del principio di immunità dello Stato”, secondo un documento diffuso dal Consiglio dell’Ue. Il problema è che Bruxelles sarebbe tenuta a rimborsare la Russia un domani in caso di perdite legate all’investimento dei suoi beni statali. La probabilità che ciò accada è bassa ma “rimane una preoccupazione”. Una seconda opzione sarebbe quella di tassare i profitti straordinari realizzati dagli attuali detentori di attività, in gran parte banche commerciali e centrali.

Succederà? La Banca centrale europea ha avvertito che entrambe le opzioni “potrebbero aumentare il rischio di minare le basi giuridiche ed economiche da cui dipende il ruolo internazionale dell’euro”. Il timore è che possa scoraggiare altri Paesi a mantenere le loro riserve estere in euro. Si vedrà.


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