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Serve una stretta sulle sanzioni alla Russia. Scrive Mayer

Si legge di flotte fantasma, tanker scambiati nelle acque internazionali, società fittizie, carichi navali del tutto impropri, porti e dogane che chiudono un occhio. È assurdo che non si riesca a colpire in modo molto più incisivo chi aggirando le sanzioni finanzia la guerra di Putin

 

Nel corso del 2022 la Guardia di Finanza – insieme alla Direzione investigativa antimafia, all’Unità di informazione finanziaria per l’Italia della Banca d’Italia e ad altri organismi investigativi e informativi – ha compiuto un grande lavoro per attuare le sanzioni decise dall’Unione europea nei confronti della Federazione Russa. Questa esperienza positiva consente al ministero dell’Economia e delle finanze, e al suo titolare Giancarlo Giorgetti, di alzare la voce come Italia per richiamare all’ordine i Paesi europei che sulle sanzioni alla Russia hanno nicchiato, rallentato, fatto poco o addirittura niente.

L’applicazione delle sanzioni spetta ai singoli Stati membri e da quanto scrivono i media internazionali alcuni Paesi dell’Unione europea (per esempio Ungheria, Slovacchia, Austria, Malta e Cipro) sono tuttora molto pigri nell’implementazione delle sanzioni nei confronti della Russia concordate tra governi europei. Il ministro Giorgetti (coinvolgendo il collega Antonio Tajani, la Farnesina e la rete diplomatica) dovrebbe indicare a Bruxelles tre direttrici di marcia. Prima: un monitoraggio in profondità di Europol su persone fisiche e giuridiche che con una vasta gamma di stratagemmi cercano di bypassare le sanzioni all’interno dei Paesi dell’Unione europea. Secondo: coinvolgere il Servizio europeo per l’azione esterna perché dia istruzioni affinché le delegazioni dell’Unione europea in Armenia, Emirati Arabi Uniti, Kirghizistan, Kazakistan, Turkmenistan, eccetera segnalino le numerose triangolazioni “fittizie” che consentono di esportare in Russia e particolarmente in Crimea merci oggetto di sanzioni, in particolare materiali di uso duale oppure all’inverso importare petrolio russo. Terzo: concordare con i ministri europei dell’Economia, con le banche centrali (e la Banca centrale europea per l’Eurozona) un’operazione speciale per identificare i flussi finanziari (criptovalute comprese) che coinvolgono banche e società finanziarie per sostenere la violazione delle sanzioni.

Serve una stretta: si legge di flotte fantasma, di tanker scambiati nelle acque internazionali, di società fittizie, di carichi navali del tutto impropri, di porti e dogane che chiudono un occhio. È giusto e importante che i Paesi europei inviano aiuti militari all’Ucraina finché sarà necessario. Ma è assurdo che non si riesca a colpire in modo molto più incisivo chi aggirando le sanzioni finanzia la guerra di Vladimir Putin.

Tutti sanno che l’Italia ha interessi economici da salvaguardare in alcuni di questi Paesi. Ma, a prescindere dal Paese interessato, la nostra diplomazia sa benissimo che il momento in cui viviamo è eccezionale. Respingere l’aggressione della Russia in Ucraina significa contemporaneamente punire una gravissima violazione del diritto internazionale e tutelare i valori del mondo libero e la democrazia. Con questa posta in gioco non ci possono essere eccezioni benevole.

Per questi motivi di alta politica il ministro Giorgetti e tutto il governo italiano devono pretendere dall’Europa la massima fermezza contro chi – con i metodi più spregiudicati – punta ad aggirare le sanzioni. La posta in gioco è troppo alta per tollerare le mille smagliature dell’attuale sistema sanzionatorio dell’Unione europea.



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