Skip to main content

Del Pd resta solo l’immagine di Schlein. Il corsivo di Cangini

La segreteria dem sta rischiando molto, tanto più che manca la collegialità e la condivisione delle decisioni all’interno del partito. Un malessere generalizzato che arriva anche dall’Emilia-Romagna. Se il centrodestra dovesse mai trovare un candidato competitivo il colore politico della regione non sarebbe più il rosso e la Schlein non sarebbe più segretario del Pd

Il metodo, in effetti, è quello della vendetta trasversale. Per colpire il padre, il riottoso governatore della Campania Vincenzo De Luca, ha rimosso il figlio Piero da capogruppo vicario alla Camera. Non una parola, non una spiegazione: Elly Schlein ha mirato alle gambe e ha fatto fuoco. Il suo posto è andato a Simona Bonafè, politica seria e di esperienza, una vita nel Pd. Non si può dire lo stesso di Paolo Ciani, appena nominato vicecapogruppo sempre alla Camera. Ciani non ha neanche la tessera. “Il Pd non è il mio partito”, ammette. Il suo partito, dice, è Democrazia solidale… qualsiasi cosa sia. Ma ad aver messo in allarme i parlamentari dem di orientamento atlantista e il fatto che Ciani sia convintamente contrario all’invio delle armi all’Ucraina, e che abbia votato di conseguenza. Anche in questo caso, la nomina è avvenuta all’insaputa di tutti.

Elly Schlein, dicono, è fatta così. Non parla con nessuno e con nessuno si confronta. Quando, nei giorni scorsi, l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini è riuscito, non senza sforzo, a rintracciarla e a suggerirle una maggiore collegialità si è sentito rispondere così: “Ho raccattato da terra un Pd esangue e l’ho rianimato con la mia immagine. Non ho intenzione di cambiare metodo”. Guerini se n’è andato a capo chino. Il Pd, dunque, è nient’altro che “l’immagine” di Elly. Ma cosa rappresenti quell’immagine è ancora un mistero per molti. Fors’anche per la stessa Schlein.

Chiaro a tutti, invece, è il fatto che la segretaria stia rischiando grosso. E non solo perché altri parlamentari lasceranno il partito, ormai percepito come un ircocervo: metà Rifondazione comunista, metà Leonkavallo. Il problema sono quelli che restano. Quelli che fanno buon viso e che, non avendo il coraggio di prendere di petto il segretario, ne vaticinano i prossimi flop elettorali. Non tanto alle Europee, quanto alle prossime tornate amministrative e regionali. Firenze e soprattutto Prato vengono date per perse. Ma soprattutto viene data in salita la corsa alla presidenza dell’Emilia Romagna. L’Emilia Romagna sott’acqua di cui Elly Schlein è stata fino a ieri vicepresidente con delega “alla prevenzione e adattamento ai cambiamenti climatici”.

Soprattutto in Romagna, il malessere è forte. È probabile che il Pd, Schlein permettendo, candidi a governatore il bravo sindaco di Ravenna Michele de Pascale, ma se il centrodestra dovesse mai trovare un candidato competitivo il colore politico della regione non sarebbe più il rosso e la Schlein non sarebbe più segretario del Pd.


×

Iscriviti alla newsletter