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L’Ucraina vista dall’Asia. Cosa si è detto allo Shangri-La Dialogue

L’Ucraina respinge la proposta di pace pensata dall’Indonesia, troppo amichevole con la Russia, e manda un messaggio alla Cina: “C’è la fila di Paesi facilitatori”. Da Singapore, attacco cinese alla capacità dell’Occidente di gestire la sicurezza internazionale

L’Indonesia ha approfittato del palcoscenico internazionale dello Shangri-La Dialogue di Singapore per mandare un messaggio al mondo: ci siamo anche noi. Giacarta, consapevole che nei prossimi decenni sarà portata tra i top player dalla crescita economica e demografica, ha usato la conferenza di sicurezza organizzata dall’Iiss per lanciare un suo piano di pace per la guerra russa in Ucraina. Testimonianza di come il conflitto abbia riflessi globali e di come certi Paesi cerchino di trovare una via alternativa alla posizione di Kiev e Mosca, anche (soprattutto?) a quella occidentale.

Il ministro della Difesa indonesiano ha proposto una zona demilitarizzata e un referendum delle Nazioni Unite in quello che ha definito territorio conteso, con una zona demilitarizzata di 15 chilometri. Prabowo Subianto ha invitato i funzionari della difesa e delle forze armate di tutto il mondo a rilasciare una dichiarazione per la cessazione delle ostilità.

Kiev ha respinto al mittente l’offerta, chiaramente: il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, presente anche lui a Singapore, ha definito quello indonesiano uno “strano piano”. “Cercherò di essere educato”, sembra più simile a “un piano della Russia” ha aggiunto. “Non è tempo di negoziare, prima i russi devono ritirarsi e poi possiamo parlare di coesistenza”.

Reznikov è intervenuto in un panel insieme all’ex ambasciatore cinese a Washington, Cui Tiankai, e rispondendo a una domanda sul ruolo di negoziatore della Cina ha detto che in questo momento “non mi servono negoziatori. Anche io sono un buon negoziatore”, e ha aggiunto che “c’è la fila” di Paesi che vorrebbero facilitare un negoziato, però “adesso serve fermare Mosca”.

Cui ha fornito una lettura interessante della situazione: per esempio ha detto che il fantomatico “piano di pace” cinese non è un piano di pace (aspetto sottolineato sin da subito da osservatori attenti e neutri, all’opposto della narrazione che Pechino ha provato a costruire, attecchendo soprattutto sul fronte anti-occidentalista del dibattito pubblico). “Vogliamo facilitare il dialogo dalle parti ma non abbiamo un finale predisposto”, dice Cui.

“Non ci illudiamo di poter risolvere i problemi dei Paesi della regione”, ha continuato il cinese parlando alla conferenza. “Ho detto ai miei amici americani che vi abbiamo fatto le stesse osservazioni su Iraq, Libia e Siria”, ha continuato, sottolineando come la latenza di sicurezza in Europa anche a suo dire ha prodotto la “crisi” deve essere un grande insegnamento per l’Asia. “Eravamo abituati a guardare all’Occidente per imparare, ora forse l’Occidente dovrebbe guardare all’Asia per imparare qualcosa”. E ancora, seguendo perfettamente la narrazione del Partito/Stato: “Serve un nuovo concetto globale di sicurezza e lavorare con rispetto reciproco per creare un’umanità dal futuro condiviso (il riferimento è la Global Security Initiative progettata a Xi Jinping, ndr).

“Siamo aperti a qualsiasi migliore idea per arrivare a una fine della guerra immediata, ma finora vediamo arrivare solo armi”, sottolinea Cui. E più in generale continua: “Vogliamo fare più sforzi per far capire le nostre politiche, ma anche altri paesi devono sforzarsi per capire la Cina. […] Non arrivate a conclusioni affrettate: se in passato le potenze in ascesa hanno usato la forza non significa che la userà anche la Cina”.

Questo messaggio che diffonde Pechino potrebbe essere molto allettante per diversi Paesi che subiscono il peso della posizione occidentale, sbilanciata verso la pace giusta, che garantisca all’Ucraina il ritorno alla legittimità sovrana. Una soluzione che si basa su un costrutto valoriale storico, quello del diritto e dell’ordine internazionale protetto dalle Democrazie, che però in vari angoli del mondo comincia a diventare meno attraente rispetto a soluzioni più pragmatiche, anche per la gestione della sicurezza internazionale.

(Foto: Twitter, @mtdtl)

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