A poco più di quarantotto ore dal passo indietro di Prigozhin, la Federazione Russa sembra tornata alla tranquillità. La quale però nasconde qualcos’altro. Cosa sappiamo e cosa non sappiamo
I video con i soldati della Wagner che, sotto scroscianti applausi da parte della folla in strada, abbandonano le posizioni occupate in diverse città durante la giornata di sabato simboleggiano la fine della ‘marcia su Mosca’ da parte dell’imperator Yevgeny Prigozhin. Adesso, all’indomani del tentato golpe, in Russia regna il silenzio. Ma cosa nasconde questa carenza di informazioni?
La posizione di Putin
Vladimir Putin ha subito un colpo durissimo, forse il più duro dall’inizio della sua carriera presidenziale all’alba del nuovo millennio. Pur non scagliandosi direttamente contro di lui, Prigozhin si è ribellato alla sua struttura di potere. Fino a pochi giorni fa, chiunque avesse osato opporsi al regime putiniano era stato inesorabilmente annichilito, sia dal punto di vista sociale che fisico. Prigozhin non è riuscito soltanto a uscirne illeso: ne è uscito più forte. Mentre il presidente e il suo establishment si rinchiudevano nella fortezza moscovita (forse fuggendo persino dalla città, secondo quanto alcuni indizi lasciano sospettare), il capo della Wagner era spavaldamente alla testa dei suoi uomini in marcia verso Mosca.
Difficile dunque prevedere quale sarà la reazione di Putin. Dopo il messaggio alla nazione in cui ha condannato pubblicamente l’atto di ribellione in corso (senza però menzionare direttamente né il gruppo Wagner né il nome di Prigozhin), il Presidente russo non ha più rilasciato alcuna dichiarazione di sorta sugli eventi interni; al contrario, in un video che sembra essere stato registrato prima dello scoppio della ribellione, egli sottolinea il suo ottimismo sui progressi dell’operazione in Ucraina. Questa mattina, il Ministero della Difesa Russo ha rilasciato un video del Ministro Sergei Shoigu visitare le truppe al fronte. Anche se la data di registrazione del video non è ancora chiara (esso potrebbe infatti essere stato registrato prima che si verificassero gli eventi di venerdì notte), la sua pubblicazione segnala che il titolare del dicastero rimane al comando, nonostante le richieste avanzate da Prigozhin. Mentre Mosca è ancora in stato di massima allerta, gli analisti di tutto il mondo si chiedono se la prossima mossa di Vladimir Putin riguarderà il fronte interno o se sarà avverrà all’interno del contesto dell’Operazione Militare Speciale.
Le ripercussioni belliche
La sollevazione della Wagner non ha infatti bloccato l’andamento delle operazioni militari in Ucraina, anzi: dopo un primo momento di confusione le forze armate ucraine hanno infatti intensificato le operazioni tattiche nell’area di Bakhmut, nel tentativo di sfruttare il momento di crisi interna dell’avversario (con ricadute non trascurabili sul già basso morale dei soldati al fronte) per dare maggiore slancio alla controffensiva che sembra oramai essere iniziata. Stando a quanto riportato dall’intelligence britannica, i soldati di Kyiv stanno guadagnando terreno sia a nord che a sud della città, aiutati dal fatto manchino sufficienti riserve operative per poter rinforzare le linee difensive russe lungo una parte del fronte lunga all’incirca duecento chilometri. I fatti di venerdì sono quasi certamente i responsabili di questa debolezza: i combattenti della Wagner erano infatti di stanza proprio in quelle zone, pronti in caso di emergenza ad abbandonare le retrovie e a riprendere i combattimenti dove necessario. Non solo l’abbandono delle loro posizioni ha lasciato un pericoloso vuoto, ma per reagire ai problemi che si stavano verificando all’interno dei confini della Federazione, il Ministero della Difesa ha dovuto dirottare uomini e mezzi anche da questi settori. Un ritorno della Private Military Company sulle posizioni occupate precedentemente non è da escludere, ma neanche da dare per scontato.
Il destino della Wagner e del suo condottiero
Dopo l’intervento del presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko nel pomeriggio di sabato per mediare tra i rivoltosi e la dirigenza della Federazione, Prigozhin ha acconsentito a interrompere la marcia verso la capitale “per evitare spargimenti di sangue”, secondo quanto affermato da lui stesso. Secondo quest’accordo, quello che sembra essere l’oramai ex fedelissimo di Putin si recherà in Bielorussia con la garanzia dell’incolumità, mentre i suoi soldati si ritireranno (come effettivamente è già successo) dalle città occupate in territorio russo. Poco tempo dopo l’ufficializzazione dell’accordo, il portavoce di Putin Dmitry Peskov ha comunicato ufficialmente che ogni miliziano della Wagner non sarebbe stato perseguito per la ribellione, e che se avesse voluto avrebbe potuto essere integrato nella struttura delle Forze Armate regolari. Ma da quando hanno abbandonato le città di Rostov e Voronezh, dei membri di Wagner non si sa più nulla.
Forse stanno tornando nuovamente alle precedenti posizioni occupate in Ucraina, così da scoraggiare gli avversari di Kyiv dal compiere mosse troppo avventate. O forse stanno facendo qualcos’altro. Richard Dannat, ex-capo di stato maggiore dell’esercito inglese, lancia l’allarme: i wagneriti potrebbero riposizionarsi in Bielorussia per lanciare un letale attacco verso la capitale Kyiv, particolarmente esposta in direzione di Minsk. Uno scenario tutt’altro che impossibile, e che permetterebbe di interpretare i fatti degli ultimi giorni secondo una chiave tipica della storia russa: quella della maskirovka.