Resistenza di popolo e scenari da incubo. In Ucraina la guerra infuria su più fronti, mentre da Mosca giungono notizie contraddittorie di tensioni e contestazioni. L’analisi di Gianfranco D’Anna
Sono in prima linea, indossano giubotti antiproiettili, ma non hanno armi. Tre volte al mese nonostante bombardamenti ed attacchi consegnano lettere e pacchi, ma anche pensioni, generi alimentari e medicine per i residenti, per lo più indigenti e anziani, della cosiddetta “terra di nessuno” fra i due fronti contrapposti delle forze di Kiev e dell’armata russa.
È l’esercito dei postini dell’Ukrposhta, Ukrainian Post che, come nel film di Kevin Kostner The Postman, non ha mai interrotto il servizio di corrispondenza e di consegna.
Un esercito dispiegato su tutto il territorio dell’Ucraina e che si avvale di una rete capillare di uffici e di 73. 000 dipendenti, inclusi 32000 corrieri postali, 13700 operatori, 2600 smistatori, che assicurano la continuità amministrativa e la sovranità del Paese.
Ogni guerra ha i suoi eroi, autentici, falsi, acclamati o sconosciuti. Assieme all’intero popolo ucraino che da 16 mesi sta respingendo l’invasione russa, i postini dell’ Ukrposhta che fino adesso non ha reso noto il numero dei caduti in servizio, sono i quotidiani eroi invisibili di un conflitto fra i più feroci e tecnologici dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Sui circa mille chilometri delle battaglie in corso, l’esercito russo si sta ritirando in diverse aree dell’Ucraina meridionale e orientale. Lo afferma Yevgeny Prigozhin, il leader del gruppo mercenario Wagner, contraddicendo le affermazioni del Cremlino secondo cui la controffensiva di Kiev procede molto a rilento ed é fallimentare.
“Tutt’altro. I russi si stanno ritirando nelle aree di Zaporizhzhia e Kherson, e le forze armate ucraine stanno avanzando in profondità”, insiste Prigozhin in un’intervista video su Telegram.
Anche se da prendere con le molle, le ammissioni del padre – padrone dei mercenari della Wagner, evidenzierebbero secondo quanto dichiarato all’Associated Press da Nigel Gould-Davies, consulente esperto per la Russia e l’Eurasia presso l’International Institute for Strategic, all’ Associated Press che “a Mosca vi sono crescenti segni di profonda disfunzione, ansia, preoccupazione per la guerra e i problemi reali nello schierare le risorse necessarie per combatterla efficacemente”.
Altri analisti affermano che il crescendo di contrasti e attacchi tra Prigozhin e i vertici militari russi potrebbe segnalare un cambiamento nella politica del Cremlino e portare a ulteriori contrasti interni.
Secondo l’intelligence britannica la capillare repressione del regime non impedisce sui social e nella vita di tutti i giorni varie forme di proteste contro la guerra.
Come fantasmi i cittadini russi che si oppongono a quello che definiscono “il macello di intere generazioni” infilano volantini nelle cassette delle lettere e sotto i tergicristalli, scrivono “No alla guerra” sui muri, scarabocchiano slogan sulle banconote, scrivono accuse sui cartellini dei prezzi dei generi alimentari. Appendono manifesti sui ponti e nelle vetrine dei negozi. E creano account Tinder con profili che esclamano “cerco qualcuno che mi amerà dopo tutte le atrocità”, seguite da informazioni sul massacro di civili da parte delle truppe russe a Bucha.
Che per Mosca la situazione sia quantomeno incerta, lo conferma anche la decisione di formare con la massima urgenza, cioè entro la fine di giugno, un “esercito di riserva” e successivamente un nuovo corpo d’armata che conterà su più di 3.700 mezzi da combattimento. Lo ha reso noto il ministro della Difesa Sergei Shoigu, che ha affermato: ” entro la fine di giugno completeremo la formazione di questo esercito di riservisti “. Nell’ultimo periodo sarebbero stati arruolati 114mila militari di cui più di 50mila volontari. Secondo il ministro della Difesa, l’arruolamento procede con una media di 1.336 soldati al giorno, l’equivalente di circa un reggimento.
Sul fronte opposto, in una intervista alla Bbc il Presidente Volodymyr Zelensky ha spiegato che la controffensiva dell’Ucraina procede più lentamente del previsto per il semplice motivo che non viene inutilmente rischiata la vita dei soldati per soddisfare le aspettative internazionali che sollecitano Kiev ad avanzare. Del resto, spiegano a Kiev “la nostra forza principale non é stata ancora dispiegata”.
Sul cosiddetto terzo fronte, quello della pace, il presidente brasiliano Inacio Lula da Silva ha reso noto durante la visita a Roma che nel fine settimana a Copenaghen, in Danimarca, si terrà un vertice dedicato all’Ucraina, che riunirà rappresentanti dei Paesi occidentali ma anche di quelle nazioni ancora neutrali rispetto alla guerra.
Vi prenderanno parte il consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan, e delegazioni di India, Brasile e Sudafrica e Cina e Turchia, ma la lista non é ancora stata formalmente definita.
Da Parigi è intervenuto in proposito anche il Presidente francese Emmanuel Macron: “Al momento non ho alcuna intenzione di prendere iniziative con la Russia ma nel caso in cui fosse Putin a chiamare, naturalmente gli risponderò, perché la Francia è sempre stata facilitatrice e mediatrice”, ha detto in un’intervista a France 24.
Paradossalmente tutti parlano di pace, mentre la guerra ha imboccato un’escalation che non esita a minacciare l’incubo nucleare che potrebbe essere scatenato attorno alla centrale atomica di Zaporizhzhia.