Il banchiere e numero uno di Unicredit, dal palco del Congresso della Fabi, mette in guardia dalla sbornia normativa seguita alla crisi di Lehman Brothers del 2008. Ricordando come le regole funzionano meglio se allineate su scala internazionale
Di troppe regole si muore? Forse. Almeno secondo Andrea Orcel, ceo di Unicredit, la banca più internazionalizzata d’Italia. Il palco è sempre lo stesso, quello della Fabi, al suo XXII Congresso e dove ieri ha detto la sua un altro manager di peso, Carlo Messina, numero uno di Intesa San Paolo.
Intervistato da Nicola Porro, Orcel ha spiegato come “dopo la crisi del 2008, cè stato un cambiamento epocale, fino ad allora tutto si basava molto più su principi che non su regole. Dopo 2008, si è andati sempre più verso regolamentazioni molto più dettagliate basata su regole”. Va bene, ma forse ci si è spinti troppo. “Regole che sì, ci volevano, ma credo siamo andati oltre. Se teniamo le regole che abbiamo adesso, ma anche il buon senso del management e le inseriamo in un giudizio, allora andiamo lontano”.
L’altra parola d’ordine è armonia, tra le stesse norme si intende. “Unicredit è controllata da tredici banche centrali nazionali nei Paesi dove è presente più la Bce. Poi abbiamo filiali a New York, Londra e Singapore quindi ne abbiamo altre tre e un allineamento delle regole nello spirito c’è, nel dettaglio no e questo è un problema per le banche, perché il regolatore è quello che chiama i giochi, se non è allineato in tutti i posti è complicato fare cose differenti”.
Il manager, tornando poi sulla vecchia partita per l’acquisto di Mps, ha escluso nuovamente un deal. “Attualmente, non c’è il giusto contesto per fare operazioni. Noi abbiamo sempre detto che l’M&A è un acceleratore della nostra strategia. Noi stiamo ampliando la nostra rete e se facciamo M&A acceleriamo questo processo. Ma dipende dai numeri. In questo momento non ci sono i numeri e ogni banca ha una strategia sua che non permette M&A”.
Tutto questo mentre con la Fabi la stessa Unicredit ha da poco raggiunto un accordo importante. Quello relativo all’uscita di 328 lavoratori di rete sospesi, quelli con finestra pensionistica al 1 gennaio 2029, oltre all’ingresso di 220 nuove assunzioni da destinare alla rete stessa. Dunque è stata dunque accolta la domanda dei 328 pensionamenti di vecchiaia anticipata Inps, con l’impegno a trattare ulteriori 610 uscite fino al 31 dicembre 2029. Le organizzazioni sindacali hanno anche ottenuto la garanzia di un massimo di 164 nuove assunzioni, a fronte delle adesioni al piano esodi incentivati, da effettuarsi nel biennio 2023/2024 in relazione alle necessità operative e per il rafforzamento della rete commerciale.