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Avversario disposto al dialogo. Chiti ricorda Berlusconi

L’ex presidente della regione Toscana ricorda la contrapposizione, rispettosa, con il leader di Forza Italia. La grande rivalità con il presidente Romano Prodi e la disponibilità al dialogo per trovare soluzioni condivise sui temi centrali del Paese

Nel segno del rispetto. Vannino Chiti, ex presidente della regione Toscana, già ministro per i Rapporti con il Parlamento e vicepresidente del Senato, fa parte di quei politici dalla caratura indiscutibile e che ha fatto del garbo – seppur nella contrapposizione – la sua cifra. Il suo ricordo di Silvio Berlusconi, mancato all’ospedale San Raffaele all’età di 86 anni (è stato proclamato il lutto nazionale mercoledì, in occasione dei funerali di Stato), parte dal riconoscimento di “un grande avversario politico, mai un nemico”.

Come ricorda Silvio Berlusconi?

Ci sono stati vari incontri, in diverse stagioni politiche. Ricordo nitidamente i momenti nei quali, all’indomani dell’approvazione del Porcellum che fu un’autentica sciagura, cercammo una via di mediazione. Si susseguirono incontri, ufficiali e ufficiosi. Ricordo il presidente di Forza Italia come una persona capace di intessere relazioni, di creare rapporti. Aveva la caratteristica di non essere mai aggressivo. E questo gli va riconosciuto.

Quello fu, tuttavia, un periodo di aspre polemiche politiche. 

Sì, nell’esperienza democratica del nostro Paese Berlusconi da una parte e Prodi dall’altra sono stati i protagonisti della costruzione delle due compagini di governo alternative. Pur nell’asprezza di certi scontri, il rispetto a mio modo di vedere non deve mai mancare. Ma anche al di là della contingenza del lutto.

Nel 2006, benché di misura, Romano Prodi riuscì a strappare la vittoria alle Politiche. Quali erano le “armi” per contrastare un avversario come il Cavaliere?

L’arma migliore per contrastarlo era avere dei valori alternativi a quelli che proponeva lui e il suo schieramento di riferimento. Occorreva misurarsi sui programmi, che differenziavano il centrodestra dal centrosinistra. Le elezioni del 2006, così come la fase delle famose “leggi ad personam” sono due fasi che sono rimaste fortemente impresse nella mia memoria.

Cos’ha rappresentato Berlusconi per lo schieramento politico a lei avverso?

Penso che Berlusconi abbia tentato di costruire una grande forza politica che fosse liberal-democratica, certamente europeista e anche portatrice di riforme dal suo punto di vista. Questo disegno, tuttavia, non si è mai compiutamente realizzato. Forza Italia è stato un partito importante, ma è rimasto un partito sostanzialmente personale.

Il baricentro di Forza Italia è sempre stato saldamente europeista. E, in qualche modo, la presenza degli azzurri all’interno della coalizione di governo è una garanzia da quel punto vista. 

Senz’altro Forza Italia ha avuto una salda vocazione europeista. E, se proprio la devo dire tutta, preferivo FI come principale partito della coalizione di centrodestra, piuttosto che gli assetti che si sono determinati alle ultime Politiche. Lo preferivo sia come competitor politico, ma anche per il Paese.

La scomparsa di Berlusconi è davvero il crepuscolo di un’epoca?

Si chiude sicuramente una fase della politica italiana. Bisogna, tuttavia, che rimanga vivo l’obiettivo di lavorare assieme sulle riforme istituzionali per il Paese. Il cammino deve essere orientato a un bipolarismo finalmente maturo. Nella ricerca di soluzioni condivise, specie nell’ultimo periodo, Berlusconi si era dimostrato un avversario aperto al dialogo. Spero che questa volontà resti.

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