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Janet Yellen e il suo ruolo di colomba tra Usa e Cina

Il segretario al Tesoro americano, nel suo incontro annuale con la Commissione finanze del Congresso, chiarisce l’importanza del Dragone per l’economia Usa, che non può permettersi uno stop agli scambi commerciali con Pechino. Certo, le “documentate violazioni dei diritti umani e le discutibili politiche commerciali devono essere affrontate”. Sul tetto al debito la politica è stata responsabile ma non si può arrivare sempre a un passo dal default​

La Cina è vicina. O meglio, dovrebbe esserlo il più possibile agli Stati Uniti. Janet Yellen ne è più che convinta, tanto da averlo detto chiaro e tondo nella sua annuale relazione presso la Commissione finanze del Congresso. Nei giorni in cui le grandi banche americane tentano di costruire nuovi ponti con il Dragone, ecco che il segretario al Tesoro respinge ogni idea di strappo con Pechino.

“Oggi è nel migliore interesse degli Stati Uniti mantenere legami con la Cina, tenendo però ben presente che le documentate violazioni dei diritti umani e le discutibili politiche commerciali devono essere affrontate. In ogni caso il disaccoppiamento sarebbe un grosso errore, perché gli americani traggono grandi benefici dall’acquisto di beni più economici da produrre in Cina. E la stessa Cina beneficia ugualmente delle esportazioni statunitensi che rafforzano anche l’economia americana”.

Insomma, secondo Yellen sarebbe semplicemente “disastroso” cessare il commercio con la Cina. Tuttavia, l’ex presidente della Federal Reserve si è detta “molto, molto preoccupata per alcune delle attività in cui la Cina si impegna a livello globale, coinvolgendo i Paesi nella trappola del debito e non promuovendone lo sviluppo economico. Stiamo lavorando molto duramente per contrastare quell’influenza in tutte le istituzioni internazionali a cui partecipiamo, insieme alla Cina”.

Di sicuro, la finanza americana punta ancora sulla Cina. Pochi giorni prima di Jane Fraser, ceo di Citigroup, anche Jamie Dimon di Jp Morgan aveva incontrato i funzionari del governo cinese e le autorità di regolamentazione locali. A marzo, David Solomon di Goldman Sachs, Noel Quinn di Hsbc e Bill Winters di Standard Chartered avevano fatto lo stesso. Incontri, spiegava allora Reuters, dettati da un minimo comun denominatore: la volontà di espandersi e istituire nuove joint venture nella seconda economia mondiale. Tutto questo mentre la rivale newyorkese di Jp Morgan, Morgan Stanley, teneva un proprio evento incentrato sulla Cina a Hong Kong, con la partecipazione di circa 500 dirigenti di 260 aziende cinesi e più di 1.500 investitori globali.

Tornando a Yellen, altro capitolo, il sospirato accordo sul tetto del debito. “Sono sollevata dal fatto che Repubblicani e Democratici abbiano agito per affrontare il limite del debito in tempo. Ma mentre siamo stati in grado di evitare il default, gli Stati Uniti ancora una volta si sono avvicinati pericolosamente alla linea rossa. Questo non può essere la norma, aspettare fino all’ultimo minuto danneggia la nostra leadership globale e la nostra credibilità sulla scena mondiale. Siamo una nazione che mantiene la parola data e paga i conti. Non dovremmo mai dare a nessuno alcun motivo per pensare diversamente”.


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