Joe Biden ha un motivo in più per spingere l’acceleratore sulla riforma del sistema bancario americano, resasi necessaria se non urgente all’indomani dei pericolosi crack di Svb e First Republic. Due istituti di territorio, legati a doppio filo all’industria tecnologica e saltati per aria per l’eccessiva esposizione ai tassi dei loro portafogli. Una spia per il mondo del credito americano, che ha fatto subito drizzare le orecchie ai democratici, decisi a portare a termine un rafforzamento delle attuali norme, che ruota essenzialmente intorno a un concetto: estendere le garanzie pubbliche attualmente in essere sui depositi di piccolo importo, a quelli maggiori.
Peccato che per far sì che questo avvenga, i regolatori statunitensi abbiano bisogno di avere in quadro della situazione piuttosto preciso, ovvero di sapere l’ammontare dei depositi al di sopra della soglia (250 mila dollari) oltre la quale cade la garanzia statale. Oggi negli Stati Uniti ci sono almeno 7 mila miliardi di dollari di depositi bancari non assicurati. Questo valore in dollari è pari a circa tre volte la capitalizzazione di mercato della Apple o al 30% del Pil degli Stati Uniti e rappresenta circa il 40% di tutti i depositi bancari.
E proprio qui sta il problema, ai regolatori, a cominciare Federal Deposit Insurance Corporation, l’Agenzia federale che tutela il risparmio, non tornano i conti. Sì, perché secondo l’ente appena citato, molti istituti avrebbero fornito cifre un po’ troppo ballerine sui depositi, accusando le medesime banche in una missiva inviata ai rispettivi manager di aver “erroneamente abbassato il valore dei loro depositi non assicurati”.
In altre parole, le banche americane di piccola e media taglia, come Svb, avrebbero fornito un quadro distorto circa i depositi non assicurati, proprio quando il governo federale mira ad estendere tale garanzia a tutte le somme depositate. Ma perché tutto questo? Perché gli istituti di credito non sembrano stare al gioco delle autorità? Gli analisti di S&P Global si sono fatti un’idea. Notando come un numero insolitamente elevato di banche abbia modificato i propri rendiconti finanziari del quarto trimestre proprio per abbassare il valore dei propri depositi non assicurati. E questo perché i depositi quando non garantiti comportano alcuni versamenti da parte delle banche alle stesse autorità.
Insomma, per risparmiare dei soldi, gli istituti hanno distorto la realtà, complicando da situazione dal momento che, in caso di default, proprio i depositi non assicurati finirebbero con l’essere polverizzati se non ritirati prontamente. Tutto questo mentre prosegue il riassetto del sistema bancario regionale. Dopo l’acquisizione di First Republic da parte di Jp Morgan, PacWest, uno degli istituti di credito più colpiti dalla crisi dello scorso marzo e che più volte ha visto il suo valore crollare in Borsa, ha accettato di fondersi con Banc of California, a dimostrazione del fatto che le conseguenze del crollo della Silicon Valley Bank continuano a riverberarsi in tutto il settore.