Nelle settimane in cui i democratici hanno messo in cantiere un rafforzamento del sistema del credito che passa per una maggiore tutela del risparmio, l’aumento del costo del denaro deciso oltre un anno fa dalla Federal Reserve rischia di presentare il conto agli istituti. Che può valere quasi 4 miliardi
I democratici lo hanno promesso a se stessi e anche ai loro elettori. Il sistema bancario americano va rafforzato, a quattro mesi dal crack di Svb e First Republic, i due istituti di territorio californiani e molto vicini all’industria tecnologica della Silicon Valley, saltati per aria per non aver retto al peso dei tassi, dopo un anno di rialzi per mano della Fed. Il partito di Joe Biden, come raccontato da Formiche.net, ha deciso di mettere mano al sistema del credito, per scongiurare nuove crisi che possano anche lontanamente riportare gli Stati Uniti al drammatico settembre del 2008, quando il fallimento di Lehman Brothers sancì l’inizio della grande crisi globale.
L’idea è quella di estendere la garanzia statale ai depositi di importo minore, così da tutelare tutte le fasce di risparmiatori, qualora una banca finisse nei guai. Nell’attesa che il tutto prenda corpo e forma, però, l’aumento dei tassi ribadito dalla stessa Federal Reserve nel recente forum della Bce a Sintra, in Portogallo, rischia di fare altri danni. Ovvero, portare a un aumento esponenziale delle sofferenze, dal momento che prestare denaro al 5% è certamente molto più oneroso di farlo a tasso zero.
Le avvisaglie di un allarme rosso su scala nazionale, ci sono. E se ne sono accorti al Financial Times, rivelando come le maggiori banche statunitensi nei prossimi giorni segnaleranno il più grande aumento delle perdite su prestiti dall’inizio della pandemia, poiché il rialzo dei tassi di interesse sta facendo crescere la pressione sui mutuatari in tutta l’economia. In altre parole, molti crediti potrebbero entrare in sofferenza, in quanto con i tassi aumenta la difficoltà per famiglie e imprese di onorare le rate. E le sofferenze genereranno a loro volta delle svalutazioni dei crediti, dunque delle perdite da iscrivere a bilancio.
Insomma, guai in vista. Secondo gli economisti Joshua Franklin e Stephen Gandel, si prevede che le sei maggiori banche statunitensi, ovvero Jp Morgan Chase, Bank of America, Citigroup, Wells Fargo, Goldman Sachs e Morgan Stanley, abbiano già svalutato un totale di 5 miliardi di dollari legati a prestiti insolventi nel secondo trimestre di quest’anno. In tal senso, onde parare i colpi, i sei istituti di credito poc’anzi menzionati accantoneranno circa 7,6 miliardi di dollari aggiuntivi per coprire prestiti che potrebbero incagliarsi. Tutto per evitare che tra accantonamenti di capitale e perdite sui crediti, le banche americane vadano incontro a una spesa di 3,8 miliardi. E pensare che, intervistato dal Sole 24 Ore, il ceo di Jp Morgan, Jamie Dimon, ha definito i tassi a zero una pessima idea.