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La direttiva Ue sulle case green sarebbe un duro colpo per la piccola proprietà. L’opinione di Pedrizzi

È necessario in Italia un piano di azione da attuare in tempi brevissimi, che, accanto alle necessarie risorse pubbliche, preveda un sistema di finanziamenti accessibili alle famiglie. Il commento di Riccardo Pedrizzi

La Direttiva europea Epbd (Efficienza energetica degli edifici), qualora venisse approvata, introdurrebbe una serie di obblighi in modo da rendere gli edifici, sia i nuovi che quelli esistenti, sempre più ambientalmente sostenibili e chiede agli Stati membri di predisporre adeguati strumenti finanziari, fiscali, ecc., che per i prossimi anni accompagnino la riqualificazione del parco immobiliare esistente, senza però introdurre adeguati meccanismi di finanziamento a livello europeo.

Le azioni previste consentiranno di conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera dovute persino agli impianti termici degli edifici, ma non sembra che siano state verificate le condizioni di pratica applicabilità di tali azioni nei singoli Paesi.

Si tratterebbe, secondo la Direttiva, di affrontare il problema limitatamente ad una prima quota di edifici esistenti, che interessa il 15% del totale del parco immobiliare che presentano le prestazioni peggiori: circa 230.000 immobili pubblici e non residenziali e 1,8 milioni di abitazioni residenziali private.

Questo significa che ogni anno, e fino al 2033, dovranno essere ultimati oltre 215.000 interventi di efficientamento energetico su singoli edifici (180.000 dei quali privati) per un costo che si aggirerà, secondo tutti gli istituti specializzati, intorno a 40 miliardi di euro per gli edifici residenziali e 19 miliardi per tutti i rimanenti.

Un obiettivo talmente ambizioso da essere praticamente irraggiungibile senza un sistema di incentivi e di strumenti finanziari adeguati, che non potrà mai essere raggiunto con le sole disponibilità economiche dei singoli proprietari.

L’esperienza dei risultati ottenuti con il Superbonus (2.900 interventi su interi edifici in media di anno, tra il 2018 e il 2020) dimostra che è impraticabile l’obiettivo che si è posto l’Europa per il 2050, per cui il programma verrebbe completato non prima di 3.800 anni.

È del tutto evidente, quindi, che c’è bisogno di un piano di azione che sappia rendere realizzabili questi obiettivi velleitari in interventi concreti. Occorre perciò dotarsi di un piano da attuare in tempi brevissimi, che, accanto alle necessarie risorse pubbliche, preveda un sistema di finanziamenti accessibili alle singole famiglie.

Una nuova più recente ricerca di “Changes Unipol” realizzata ed elaborata da Ipsos ha analizzato le posizioni degli italiani sul tema della direttiva sulle case green per l’efficienza energetica e, più in generale, sullo stato dell’arte delle città in materia di sostenibilità.

Dall’indagine è emerso che a oggi solo l’8% degli italiani sarebbe disposto a effettuare opere di efficientamento energetico per adeguarsi alla direttiva dell’Ue sulle case green. Inoltre, il 52% non è nemmeno a conoscenza della classe energetica della propria abitazione. Secondo lo studio di Changes Unipol, quasi uno su quattro (23%) ritiene che nei prossimi 12 mesi non sarà in grado di effettuare lavori di efficientamento energetico a causa delle minori agevolazioni, mentre uno su tre non si farà bloccare dalle riduzioni. Negli ultimi tre anni solo un italiano su cinque (21%) ha eseguito lavori di ristrutturazione finalizzati all’efficientamento energetico.

In effetti per tutte le case green, il costo supererebbe del 40% quello del Superbonus. Efficientare i quasi 2 milioni di edifici previsti dalla direttiva richiederebbe la messa in campo di 35 miliardi di euro l’anno. A offrire tali stime è stata Nomisma, in occasione della sua audizione alla Commissione V Bilancio della Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sugli effetti macroeconomici e di finanza pubblica derivanti dagli incentivi fiscali in materia edilizia.

Secondo Marco Marcatili, responsabile allo sviluppo di Nomisma, sono 1,8 milioni gli edifici sui quali, in base all’attuale assetto della direttiva case green, si dovrebbe intervenire in Italia per raggiungere gli obiettivi di classe energetica imposti entro il 2030 e il 2033. Si tratta di 180 mila cantieri l’anno, e la quantità di patrimonio edilizio efficientato… “Con il superbonus ne abbiamo fatti 110 mila nel 2021 e 220 mila nel 2022, quindi ordini di grandezza che il mondo dell’industria è pronto a sostenere”.

In tre anni sono stati spesi 75 miliardi di euro per il Superbonus, cioè circa 25 miliardi all’anno. Dunque, prosegue, “se dovessimo rispettare la direttiva green, noi dovremmo spendere 350 miliardi nei prossimi 10 anni, pari a 35 miliardi all’anno”. Costa 10 miliardi in più di quelli già spesi per l’efficientamento energetico, insomma, adeguarsi alle indicazioni europee, il 40% in più.

D’altro canto è già partito il calo dei prezzi delle case nell’Eurozona legato ai rialzi dei tassi della Bce. I valori sono scesi dell’1,7% nel quarto trimestre 2022, secondo Eurostat. È la prima flessione dal 2015, la maggiore per entità dal 2008. Marco Valli di Unicredit prevede “un’ulteriore debolezza in quando la Bank Lending Survey della Bce indica un rapido deterioramento della domanda di mutui in risposta all’aggressivo rialzo dei tassi da parte della Bce”… “la flessione è stata più intensa e si è concretizzata prima di quanto ci aspettassimo”.

Per questo un rallentamento dell’edilizia abitativa potrebbe avere un impatto anche sulla crescita del Pil.

È iniziato qualche giorno fa nel cosiddetto Trilogo il primo confronto sulla revisione della “Energy performance of building direttive” (Epbd) nel corso del quale le distanze tra Parlamento, Consiglio e Commissione Europea sono apparse ancora molto lontane persino sui temi per i quali si era trovato un minimo di accordo: Ispezioni periodiche degli impianti di riscaldamento, ventilazione, condizionamento, esperti indipendenti, sistemi di certificazione dei professionisti ed altri dettagli di poca importanza.

Il lavoro da fare perciò appare ancora tanto e richiede tempi lunghi, perché restano sul tappeto i temi più controversi: le prestazioni energetiche degli edifici, gli attestati di prestazioni energetiche, gli edifici da ristrutturare ecc. ecc.

In pratica vanno ancora fissati tutti gli obblighi della Direttiva che dovrebbero rendere gli edifici sia nuovi che già esistenti sempre più sostenibili dal punto di vista ambientale e stabiliti quali strumenti finanziari e fiscali dovranno predisporre i singoli Stati membri.

Il percorso, però, si presenta, oltretutto, molto accidentato, perché la presidenza di turno svedese del Consiglio, che guida i lavori del Trilogo, terminerà il suo mandato a fine giugno quando inizierà quella spagnola e pare non volersi intestare la conclusione del negoziato che è una vera e propria patata bollente.

La riqualificazione del parco immobiliare esistente, infatti, senza introdurre adeguati meccanismi di finanziamento a livello europeo, risulterebbe una vera e propria tassa patrimoniale per la maggior parte dei cittadini europei, perché oltre tutti gli altri adempimenti, persino per conseguire solo gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera dovute agli impianti termici degli edifici, occorreranno altre migliaia di euro a famiglia.

E poi anche se si trattasse come previsto di affrontare solo il problema limitatamente ad una prima quota di edifici esistenti, che interessa il 15% del totale del parco immobiliare, che presentano le prestazioni peggiori, si tratterebbe di circa 230.000 immobili pubblici e non residenziali e 1,8 milioni di abitazioni residenziali private.

Questo significa che ogni anno, e fino al 2033, dovranno essere ultimati oltre centinaia di migliaia di interventi di efficientamento energetico su singoli edifici per un costo che si aggirerà intorno a 40 miliardi di euro per gli edifici residenziali e 19 miliardi per tutti i rimanenti.

Un obiettivo talmente ambizioso da essere praticamente irraggiungibile senza un sistema di incentivi e di strumenti finanziari adeguati, che non potrà mai essere raggiunto con le sole disponibilità economiche dei singoli proprietari.

L’esperienza dei risultati ottenuti con il Superbonus (2.900 interventi su interi edifici in media di anno, tra il 2018 e il 2020) dimostra che è impraticabile l’obiettivo che si è posto l’Europa per il 2050, che verrebbe completata non prima di 3.800 anni.

È del tutto evidente, quindi, che c’è bisogno di un piano di azione che sappia rendere realizzabili questi obiettivi velleitari in interventi concreti. Occorre perciò dotarsi di un piano da attuare in tempi brevissimi, che, accanto alle necessarie risorse pubbliche, preveda un sistema di finanziamenti accessibili alle famiglie.



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