Secondo l’esperto dell’International institute for strategic studies, tanto i Russi quanto gli Ucraini devono puntare a una strategia che non si limiti al breve periodo. Ma mentre per Mosca l’obiettivo rimane la vittoria sul campo, Kiev dovrebbe (forse) puntare al compromesso
Se c’è una certezza sul conflitto ucraino, è che esso non ha avuto gli esiti previsti. Sicuramente non quelli previsti dalla Russia: quando il 24 Febbraio del 2022 le forze armate di Mosca hanno varcato il confine con l’Ucraina, al Cremlino ci si aspettava che il nemico non sarebbe riuscito a resistere più di una settimana (ad esagerare) di fronte al rullo compressore del moderno e riformato apparato militare russo. E neanche quelli occidentali, che consideravano l’Ucraina come già condannata nelle ore successive all’inizio delle ostilità, e che per questo motivo hanno iniziato a rifornire l’Ucraina di armi ed equipaggiamenti soltanto nei mesi successivi. Gli unici che speravano in un simile evolversi della situazione erano i leader ucraini stessi, consapevoli dei propri limiti militari e desiderosi di riuscire a resistere alla forza d’urto nemica per attirare su di sé sostegno e simpatie internazionali, come poi è effettivamente successo.
Un conflitto che doveva essere un trionfo della manovra si è spostato in modo lento ma costante verso le logiche di attrito, consumando le risorse umane, militari e sociali delle fazioni coinvolte direttamente o meno. E a più di 500 giorni dall’inizio del conflitto, la situazione sul campo si solidifica sempre di più. Secondo Francois Heisbourg, senior adviser for Europe dell’International Institute for Strategic Studies, il tempo è la chiave di volta per la soluzione al conflitto: ma se Mosca deve cercare di sfruttare questo fattore nel medio periodo, Kiev deve ragionare secondo una logica strategica di lungo periodo per avere un risultato ottimale.
Temporeggiare è ad oggi l’opzione più conveniente per la Russia: le forze armate russe controllano ancora più di un sesto del territorio ucraino, difeso da un sistema di trincee e campi minati tutt’altro che semplice da superare (e capace di causare un certo pessimismo tra le fila degli analisti occidentali); la posizione difensiva garantisce loro un relativo vantaggio nelle dinamiche d’attrito rispetto alle forze ucraine, che per portare avanti azioni offensive necessiteranno di una superiorità numerica locale in termini di uomini e mezzi. Ma il vero obiettivo di Mosca non è tanto logorare le truppe e il morale ucraino, quanto la volontà occidentale. La finalità del Cremlino deve essere quella di puntare sulla volubilità delle opinioni pubbliche delle democrazie occidentali e sulla loro vulnerabilità agli strumenti della “guerra ibrida”, deteriorandone le simpatie per l’Ucraina così come le volontà di sostegno materiale verso il paese aggredito, e aspettare che questo cambio di passo nell’elettorale si trasmetta ai vertici tramite le dinamiche politiche. L’avvicinarsi del 2024 e delle elezioni negli Stati Uniti (dove il tema del sostegno all’Ucraina è già causa di forte discussione ideologica), con la possibilità che alla Casa Bianca si installi una leadership molto più affine, è una prospettiva rilevante per la Russia, che potrebbe facilmente avere ragione dell’avversario qualora gli aiuti occidentali venissero meno.
Per l’Ucraina invece lo studioso dell’Iiss evoca uno scenario di lungo periodo, simile a quello della Germania Occidentale durate la Guerra Fredda: pur non rinunciando affatto alla riunificazione, la leadership della Repubblica Federale Tedesca guidata dal cancelliere Konrad Adenauer decise di rimandarne l’attuazione a circostanze più favorevoli. Allo stesso modo, Kiev dovrebbe cercare di capitalizzare al massimo la controffensiva attualmente in corso, cercando di recuperare la totalità (o quasi) del terreno occupato dai russi sulla terraferma, pero poi negoziare un accordo con Mosca. Rinunciando a liberare militarmente la fortezza Crimea, Kiev potrebbe negoziare un accordo generalmente vantaggioso per l’Ucraina (magari comprendente il recupero dell’intera regione del Donbass e garanzie di sicurezza importanti, magari addirittura l’accessione alla Nato), per lavorare poi in un nuovo contesto al ritorno sotto il controllo dello stato post-sovietico della penisola locata in mezzo al Mar Nero. Tuttavia, le grandi differenze e i troppi ma che una situazione simile implicherebbe fanno sì che lo stesso Heisbourg definisca “non-ideale” per l’Ucraina quest’ultima soluzione.