Pechino pensa al proprio interesse, accumula scorte di petrolio russo concedendo a Putin linee vita economica mentre combatte in Ucraina. Xi è un modello di pragmatismo per Paesi che non vogliono o non possono fare scelte valoriali
La Cina sta importando volumi record di petrolio dalla Russia nonostante la debolezza della sua economia, approfittando del basso costo del greggio russo. Pechino pensa innanzitutto a creare scorte e all’export di prodotti raffinati, ma c’è di più. Innanzitutto, gli acquisti cinesi permettono a Mosca di sopravvivere all’isolamento imposto da Unione europea e Stati Uniti a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. Indirettamente Pechino facilita dunque la continuazione della guerra dì Vladimir Putin, che può utilizzare il commercio petrolifero con il Paese guidato dal leader Xi Jinping come linea vitale per la sua economia.
Quello che accade dimostra come le sanzioni contro la Russia stiano ridisegnando i mercati energetici globali, con la Cina che ottiene un doppio vantaggio: greggio a basso costo per sé e l’opportunità di incrementare le esportazioni. Secondo i calcoli del Financial Times basati sui dati doganali, nella prima metà del 2023, la Cina ha importato 11,4 milioni di barili al giorno (bpd) di greggio, con un aumento dell’11,7% rispetto all’anno precedente e del 15,3% rispetto ai livelli pre-Covid. La Cina ha importato 2,57 milioni di bpd di greggio russo il mese scorso, superando il record stabilito a maggio, secondo i dati ufficiali diffusi oggi, giovedì 20 luglio. Nella prima metà del 2023, la Cina ha importato in media 2,13 milioni di bpd di petrolio dalla Russia, davanti agli 1,88 milioni di bpd dall’Arabia Saudita, rendendo la Russia il primo fornitore di greggio alla Cina finora quest’anno.
I dati doganali cinesi indicano che, dall’inizio della guerra in Ucraina, le importazioni russe sono state più economiche di quelle degli altri Paesi dell’Opec+. Rispetto al prezzo unitario del greggio saudita, il petrolio russo ha goduto di uno sconto di 9 dollari al barile alla fine del 2022 e di 11 dollari al barile a giugno. Tuttavia questo cambiamento non è sistemico, piuttosto una deviazione opportunistica — con i sauditi che sono sufficientemente coccolati come partner commerciale da Pechino, che vuole evitare di esporsi eccessivamente con un solo fornitore.
Sulle ragioni dell’aumento degli acquisti potrebbero esserci motivazioni differenti. Pechino potrebbe aver valutato che conviene acquistare a prezzi più bassi, dunque fare scorte, ma anche che i consumi interni potrebbero essere stimolati e aumentare. Infine potrebbe ritenere in vista una fase di destabilizzazioni geopolitiche, o per via di nuove evoluzioni sul fronte ucraino (e su ciò che questo comporterà nelle dinamiche internazionali) oppure per altre situazioni (un conflitto a Taiwan?).
Quello che è evidente, sebbene non nuovo, è che la Cina dimostra di essere unicamente interessata al perseguimento del proprio interesse pragmatico. Le ragioni per cui le democrazie occidentali hanno scelto di tagliare le forniture dalla Russia, accettando uno scombussolamento ad alto costo della propria sicurezza energetica, sono di carattere valoriale: una punizione contro l’anacronistica invasione ucraina che ha comportato morti e devastazione.
Una scelta fatta anche contro i propri interessi diretti, che ha comportato la complicata ricostruzione di nuovi sistemi di approvvigionamento energetico, anche a rischio di produrre complesse conseguenze ai patti sociali interni ai singoli Paesi occidentali. Ma è stata una decisone mossa in nome del rispetto del valore della Democrazia, in Ucraina stuprata dall’autoritarismo di Putin. La Cina è invece in testa a quei Paesi che non vedono necessarie certe prese di posizione, ma privilegiano la propria stabilità (interna), le proprie sicurezze e in definitiva i propri interessi. Pechino tratta separatamente questi da argomenti che ritiene questione interne ai singoli Paesi, come la guerra in Ucraina. Non è l’unica nazione ad avere certi punti di vista, e Xi in qualche modo intende ergersi a modello per questi — alternativo all’Occidente. Ma quanto è credibile a questo punto il tanto propagandato sforzo diplomatico di Pechino per mediare una pace tra Mosca e Kiev?