Indirizzi e prospettive del ministro degli esteri in occasione della piccola Davos dei Balcani: al forum di Dubrovnik il numero uno della Farnesina riflette su Europa, Russia e mare nostrum: “L’Italia non è in guerra con il popolo russo. Serve un percorso negoziato verso una pace globale, giusta e duratura. Due i pilastri del governo: la relazione transatlantica e l’Europa”
Relazione transatlantica ed Europa. Ascolto dei vari partners per creare modelli e strutturare soluzioni. Impiegare quel mosaico di progetti che prende il nome di Piano Mattei per offrire risposte e non più generiche assunzioni di impegni. La “dottrina Tajani” per i Balcani ha preso forma al forum di Dubvronik, dove il numero uno della Farnesina ha illustrato i passi di Roma su Europa, Russia, migranti e mare nostrum con un punto di partenza: quella diplomazia per la crescita che è vero e proprio jolly nei Balcani.
Ucraina
L’Italia non è in guerra con il popolo russo, è la premessa che Tajani sottolinea, al fine di costruire un ragionamento analitico, geopolitico, ma anche logico e con un’impronta sociale. Fino a 500 giorni fa l’Italia aveva in piedi una notevole partnership economica con la Russia, è chiaro che alla luce della scelta invasiva del Cremlino, ovvero dopo la decisione di invadere un Paese sovrano, contro ogni diritto internazionale, tutto è cambiato.
Oggi la Farnesina lavora per creare le condizioni “per un percorso negoziato verso una pace globale, giusta e duratura”, anche se al momento, ammette, le condizioni per i negoziati non sono favorevoli. Tajani ha recentemente incontrato il ministro Wang Yi, e poi il ministro Liu Janchao, “per ascoltare le idee della Cina per fermare la guerra”. Per cui se da un lato incoraggia “vivamente la Cina a svolgere un ruolo costruttivo”, dall’altro segue con costanza l’impegno della Santa Sede proiettato sulla dimensione umanitaria tramite lo scambio di prigionieri e la questione dei bambini.
Guardando oltre questi 500 giorni la priorità fondamentale per l’Ucraina cerchiata in rosso da Tajani prende il nome di ricostruzione, dossier su cui l’Italia avrà un ruolo primario: in primis la presidenza del G7 del prossimo anno, a seguire la conferenza sulla ripresa dell’Ucraina nel 2025, il sostegno del governo alla creazione di una “zona sicura” attorno alla centrale di Zaporizhzhia per evitare un’altra Chernobyl.
Mar Nero
Spostandosi verso occidente, il primo bacino in cui il ministro degli esteri ha individuato la “sede” per elaborare strategie e indirizzi si chiama Mar Nero. L’Italia deve sostenere l’estensione dell’accordo sui cereali che scadrà il prossimo 17 luglio e su cui Mosca ha nei giorni scorsi espresso tutti i propri dubbi. Troppo importante prevenire “l’estensione oltre l’Europa delle conseguenze negative della Russia, incidendo sulla sicurezza energetica e alimentare su scala globale, creando instabilità”. Per questa ragione Roma ospiterà a breve il Food Safety Summit con le Nazioni Unite, proprio per corroborare la strategia di cuscinetto verso il problema del grano e immaginare nuove vie di fuga per una questione primaria, che potrebbe impattare su paesi già strutturalmente deboli come Libia, Libano e Tunisia.
Balcani
Che l’Italia nei Balcani debba recitare un ruolo altamente significativo è una considerazione avanzata ormai da anni, ma che ciò abbia subito un’accelerazione nell’ultimo semestre rappresenta una novità legata al nuovo governo. La rinnovata attenzione italiana per la macro area balcanica e adriatica è coincisa con l’insediamento del governo Meloni: in questi primi sei mesi di lavoro lo stesso ministro Tajani ha visitato la maggior parte dei Paesi al fine di “rafforzare ulteriormente il coordinamento in Europa per impostare l’agenda dell’Ue verso la nostra regione”. Ecco quello che Tajani ha definito come “Diplomazia per la Crescita”, accanto all’altra grande priorità che si chiama migrazione: l’obiettivo dichiarato è moltiplicare la cooperazione alla voce sicurezza, facendo interagire le forze di sicurezza in virtù di un continuo scambio di informazioni che porti anche a creare un fronte politico guardando a Bruxelles. Secondo Tajani i Balcani occidentali sono una regione strategica per la politica estera italiana, in quanto “da loro dipende la stabilità del nostro Paese e dell’intera Europa”.
Per cui, è l’elemento più denso del suo ragionamento, “l’integrazione nell’Ue deve essere la strada principale verso la stabilizzazione della regione”. In questa prospettiva spicca il grande lavoro portato avanti dal presidente del Consiglio alla stabilizzazione dei Balcani occidentali dal punto di vista della sicurezza, politico ed economico, dal momento che il conflitto in Ucraina “ribadisce la centralità strategica di quest’area e la guerra ha chiaramente messo in luce le sue vulnerabilità”.
Proprio al fine di rafforzare il collegamento tra mercato unico europeo e regione balcanica il prossimo 27 luglio a Brindisi si terrà una Conferenza sul Corridoio VIII insieme ad Albania, Macedonia del Nord e Bulgaria per promuovere questa infrastruttura che collega il Mar Adriatico al Mar Nero. Al centro del meeting anche la crisi nel nord Kosovo in cui l’Italia è impegnata per la de-escalation.
Immigrazione
Dialogo, partenariato e un’agenda positiva per l’intera regione. Questa la traccia che secondo Tajani il governo sta attuando per gestire il flusso migratorio, anche al fine di andare “oltre la gestione delle crisi e stimolare processi inclusivi”. Al primo posto nella scala valoriale c’è evidentemente la Tunisia, dove sarà importante salvaguardare “conquiste democratiche della Tunisia post-rivoluzionaria”, per questa ragione occorre far “sentire la nostra voce in Europa, come dimostra la visita dell’11 giugno del premier Meloni con il premier Rutte e la presidente Von der Leyen”.
Ma per offrire soluzioni adeguate occorre “affrontare le cause profonde del fenomeno”. Tajani ha ricordato da Dubrovnik il vademecum immaginato da Roma: nuovi percorsi per la migrazione legale, soprattutto attraverso attività di formazione in loco, insegnare la lingua italiana per contribuire a creare opportunità di lavoro, usare il Piano Mattei come un “mosaico di progetti al servizio di una partnership con i Paesi africani”, nella consapevolezza che “i destini delle due sponde del Mediterraneo sono inscindibili”.
Di pari rilevanza con la Tunisia c’è evidentemente la Libia, “priorità assoluta”, dove conterà porre fine alla polarizzazione politica e istituzionale garantendo l’indipendenza, l’integrità e l’unità nazionale. Per centrare questi obiettivi fondamentale secondo Tajani sarà stabilizzare il Paese e così garantire migliori condizioni di sicurezza, oltre ad una riduzione del potere delle milizie che gestiscono molti centri di detenzione per migranti in Libia.
Qui Ue
Alla luce dei dossier altamente strategici già citati, appare evidente che questa concomitanza di crisi ha prodotto un effetto anche sulla governance e su chi è stato chiamato ad affrontare le nuove emergenze. Per questa ragione il titolare della Farnesina ha messo l’accento sul fatto che “ora più che mai, il coordinamento internazionale e l’unità tra paesi che condividono la visione europea e lo stesso insieme di valori sono fondamentali”. Il governo italiano, “impegnato a dare risposte ai propri cittadini, innanzitutto attraverso la diplomazia della crescita per portare prosperità”, si poggia su due pilastri assoluti come la relazione transatlantica e l’Europa che, solo qualche anno fa, erano stati messi in discussione da un altro esecutivo.