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La scomparsa del ministro Qin e la nuova ondata Covid. Misteri cinesi

Il ministro degli Esteri cinese, Qin Gang, è sostanzialmente scomparso. Non è presente pubblicamente da un mese, ufficialmente per motivi di salute. Mentre potrebbe aver subito provvedimenti disciplinari dal Partito, resta l’ipotesi di un ricovero

Il ministro degli Esteri cinese, Qin Gang, ex ambasciatore negli Stati Uniti, non appare in pubblico da quasi un mese, saltando anche eventi di rilievo come la recente conferenza dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (Asean) o l’accoglienza degli ultimi funzionari dell’amministrazione statunitense arrivati a Pechino. Non ci sono state spiegazioni ufficiali per la sua assenza, se non un breve accenno a “motivi di salute” prima della riunione dell’Asean. Qin è è stato sostituito sempre dal suo superiore, il capo della diplomazia del Partito comunista cinese, Wang Yi, e anche questo cambiamento di protocollo ha contribuito a scatenare le speculazioni sul fatto che il ministro sia finito sotto un qualche genere di inchiesta da parte del governo. Ma potrebbero esserci anche qualcos’altro.

Narrazioni e interessi

Alla domanda su dove si trovasse Qin durante la conferenza stampa di lunedì scorso, la portavoce del ministero degli Esteri ha risposto di non avere “informazioni da fornire”, con lo scambio inserito nella trascrizione ufficiale. Ora invece la narrazione sta cambiando, e si sta focalizzando maggiormente sull’assenza pubblica per motivi di salute. Il 15 luglio, South China Morning Post, media autorevole ma di Hong Kong e dunque soggetto a crescenti limitazioni, ha rimosso i riferimenti a Qin da un articolo senza consultare l’autore, Phil Cunnigham. In un altro articolo del giornale, uscito invece il 19 luglio, si ragionava addirittura su come la vicenda potesse creare problemi all’immagine della Cina nel mondo.

Sebbene è possibile che Qin sia davvero malato, è altrettanto possibile che sia sotto inchiesta; e in passato alcuni funzionari del Partito Comunista Cinese (PCC) sono scomparsi in carcere molto prima di qualsiasi annuncio, anche se nel caso specifico non c’è una ragione chiara per un’indagine. Il 57enne Qin è uno dei “soldati buoni del presidente cinese Xi Jinping” (copyright James Palmer), che di recente ha adottato una linea nazionalista dopo una carriera diplomatica per lo più convenzionale e anzi, nella fase in cui era ambasciatore a Washington, anche aperta – per tattica – al dialogo con gli americani. Si è parlato anche che il ministro degli Esteri ha una relazione con la conduttrice televisiva Fu Xiaotian, anche se le prove sono circostanziali, e anche Fu è sparita dalla circolazione.

Sparizioni e linee rosse

Va anche detto che le voci sulle sparizioni di funzionari fioriscono in gran parte a causa dell’ossessione del Partito/Stato di mantenere la segretezza. La copertura dei vertici politici è controllata in modo ossessivo; anche i funzionari provinciali di medio livello vivono in complessi parzialmente isolati. All’interno del sistema di partito, i funzionari sono spesso riluttanti a condividere i propri impegni con gli altri, perché ciò rivelerebbe troppo sui loro legami. E va aggiunto che queste abitudini di vita megacontrollate, così come le sparizioni, hanno subito un’accelerazione sotto Xi, che ha epurato politici di alto livello nell’ambito di una campagna mirata sia alla corruzione sia a garantire la sua presa di potere.

Il Partito disegna costantemente linee rosse il cui superamento può provocare provvedimenti disciplinari e portarsi dietro fasi di ritiro dagli affari pubblici per i funzionari soggetti a certe misure. Quando montano eccessivamente, per la narrazione del Partito è importante avere una storia da raccontare, e quella sulle cattive condizioni di salute di Qin è funzionale (per ora). Tuttavia, la scomparsa di Qin è molto insolita, perché lui occupa un ruolo molto in vista e se torna, la sua reputazione potrebbe essere danneggiata date tutte le voci e le speculazioni circolate in queste settimane. Non solo: sebbene le cancellerie internazionali siano abituate a parlare con i vari uffici specifici all’interno del Partito e dello Stato che la complicata burocrazia cinese offre ai proprio interlocutori, quella del ministro è una figura di raccordo pubblico e valore protocollare. Ci si chiede: se un funzionario di livello nazionale può semplicemente scomparire senza motivazioni, gli altri Paesi troveranno in futuro più difficile fidarsi e contare su qualsiasi leader o funzionario cinese e sulle loro posizioni? Dato che da un giorno all’altro quelle posizioni possono essere sostituite da quelle di qualcun altro senza preavvisi e spiegazioni, la risposta potrebbe essere un sì.

Cosa c’entra il Covid in questa storia

A proposito di fiducia, c’è anche un livello superiore sulla vicenda. Le voci riguardo alla scomparsa di figure politiche cinesi sono raramente accurate, e dunque a questo punto tra le varie ipotesi vale la pena spendere i proverbiali due centesimi per una speculazione. Qin potrebbe essere stato colpito da un violento caso di Covid (ipotesi suggestiva, assolutamente non verificabile). Della sindrome che ha generato la pandemia – e su cui con l’arrivo delle elezioni americane si stanno di nuovo moltiplicando le teorie complottarde – se ne parla più molto poco. La Cina è in cima alla lista dei Paesi iper-impegnati per far dimenticare il virus all’opinione pubblica. Un lavoro spinto con forza perché fino alla fine dello scorso anno il Paese era serrato dalle misure della “Zero Covid policy” con cui Xi aveva ordinato la chiusura del Paese, salvo poi accorgersi che per mostrarsi zelante nella gestione dell’epidemia – dopo che i funzionari del suo Paese l’avevano tenuta segreta e fatta scorrere in mezzo mondo – stava distruggendo l’economia e la tenuta sociale.

La Cina è ancora ferma su cifre ufficiali incredibilmente basse di contagi, ma i dati più recenti suggeriscono che il numero reale di morti dello scorso inverno potrebbe essere stato molto più alto. Ci sono state diverse informazioni su un’ondata di infezioni quest’estate (per altro attesa dalle previsioni). E dunque, se Qin fosse contagiato, e ancora peggio ricoverato con la Covid, la sua assenza sarebbe ancora più complicata da gestire. Pechino dovrebbe ammettere che un suo alto funzionario, che come incarico ha quello di incontrare persone da tutto il mondo per altro, è stato colpito da una malattia che il Partito/Stato sta cercando di rimuovere dalle menti non solo delle sue collettività, ma anche della collettività globale – che ancora ritiene i funzionari del Partito/Stato in qualche modo responsabili per non aver gestita in modo rapido, efficente e soprattutto trasparente le prime fasi del contagio.

(Foto: Wikipedia, il ministro Qin, a sinistra, insieme a Wag Yi)


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