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EastMed in stand by? E Israele triplica i gasdotti su Leviathan

L’aumento della produzione di gas dal giacimento di Tamar, combinato con i numeri di Leviathan, incrementeranno esponenzialmente le ambizioni sia di Israele che dell’Egitto nel Mediterraneo orientale. Il dossier energetico aumenta ulteriormente la propria rilevanza e si pone come cartina di tornasole per le politiche che i player interessati dovranno attuare

520 milioni euro per costruire un terzo gasdotto sottomarino per aumentare la produzione del giacimento di gas naturale Leviathan al largo della costa israeliana. Lo hanno annunciato NewMed Energy, Chevron Mediterranean Limited e Ratio Energies, passando dai circa 12 miliardi di metri cubi a quasi 14 miliardi all’anno. Significa che Israele non intende attendere le decisioni politiche circa il gasdotto EastMed al fine di procedere alla infrastrutturazione necessaria per portare a sfruttamento i suoi giacimenti, con l’Italia alla finestra.

Leviathan

Scoperto nel 2010, Leviathan è il più grande giacimento di gas naturale del Mediterraneo, in virtù di 22,9 trilioni di piedi cubi di gas recuperabile: fornisce il mercato del gas israeliano, la Giordania e l’Egitto. Chevron e Ratio detengono rispettivamente il 39,66% e il 15% delle quote nel campo. Il nuovo gasdotto partirà a 10 km dalla città costiera di Dor, costruito dal consorzio Leviathan con l’israeliana NewMed Energy, l’operatore Chevron e Ratio Energies. I primi flussi di gas inizieranno nel 2025. Il giacimento di gas offshore si trova a circa 120 chilometri a ovest della città portuale di Haifa.

Come osservato dal ceo di NewMed, Yossi Abu, l’espansione della capacità di produzione e la futura liquefazione tramite un impianto di liquefazione designato consentirà di fornire più gas naturale al mercato locale, regionale e molto presto anche globale. Infatti entro quattro anni il consorzio prevede di raddoppiare la produzione dal giacimento di Leviathan a 24bcmpa. Secondo i tre player i piani per aumentare la produzione annuale e le esportazioni nel 2025 per soddisfare la crescente domanda spingono il valore stimato del giacimento a 12,5 miliardi di dollari.

Chevron

Tra i soggetti maggiormente interessati all’evoluzione del dossier energetico nel Mediterraneo orientale figura senza dubbio Chevron, che da tempo chiede una maggiore capacità di esportazione, quindi un passo in vanti politico e infrastrutturale. Dopo aver registrato una produzione record di 11,4 miliardi di metri cubi nel 2022 la major statunitense e i suoi partner israeliani hanno messo a bilancio ulteriori guadagni negli anni a venire.

La strategia complessiva passa dalla consapevolezza che l’aumento della produzione di gas dal giacimento di Tamar combinato con i numeri di Leviathan, incrementeranno esponenzialmente le ambizioni sia di Israele che dell’Egitto nel Mediterraneo orientale. Assieme Tamar e Leviathan forniscono circa il 70% dell’elettricità di Israele, consentendo una transizione dal carbone al gas e spingendo Israele verso il raggiungimento dell’indipendenza energetica. Un elemento che inoltre porta anche un altro risultato: la creazione di un hub di approvvigionamento all’interno della macro regione, con chiari effetti geopolitici oltre che meramente economici.

Scenari

I partner del giacimento Leviathan sono anche impegnati nel progettare un terminale galleggiante di gas naturale liquefatto al largo della costa israeliana: per questa ragione Israele, Egitto e Unione Europea hanno firmato un memorandum d’intesa che vedrà Israele esportare il suo gas naturale in blocco per la prima volta. Secondo l’accordo il gas israeliano potrebbe essere fornito all’Ue attraverso gli impianti di Gnl egiziani. Appare evidente che il combinato disposto tra iniziative nel breve periodo (come il terzo gasdotto Leviathan) e le riflessioni su quelle nel medio-lungo (EastMed) dovranno necessariamente trovare una sintesi, dal momento che il potenziale presente in quelle acque non solo è di natura eccezionale, ma presenta dei riverberi, presenti e futuri, alla voce alleanze ed equilibri internazionali.

Se da un lato è chiaro universalmente che le conseguenze della guerra in Ucraina sono “mutilaterali” e incidono su una serie di tematiche connesse alla difesa, dall’altro proprio per questa ragione il dossier energetico aumenta ulteriormente la propria rilevanza e si pone come cartina di tornasole per le politiche che soggetti interessati (direttamente e indirettamente) dovranno attuare.

@FDepalo


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