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Effetto Usa su Pechino. La Cina apre il mercato del debito tossico

Poche settimane fa le visite nel Dragone dei grandi banchieri americani e del segretario al Tesoro, Janet Yellen, con l’obiettivo dichiarato di costruire nuovi ponti con la finanza cinese. E un primo risultato sembra essere arrivato

Chissà se c’è lo zampino di Jamie Dimon, numero uno di Jp Morgan. O di Jane Fraser, gran capo di Citigroup. Di sicuro, a due mesi dalla doppia visita in Cina di due dei principali alfieri della finanza americana, qualcosa sembra muoversi. Anche perché, a corredo degli incontri tra i banchieri statunitensi e le autorità cinese, è andato in scena, erano i primi di luglio, un altro vertice dal sapore decisamente più politico: quello tra il segretario al Tesoro Usa, Janet Yellen e le massime autorità di vigilanza finanziaria e bancaria cinesi.

Tutto questo deve aver aperto un pertugio in uno dei mercati tradizionalmente più inaccessibili del Dragone, quello dei crediti inesigibili. I cui alfieri, tra cui il colosso Huarong, sono da tempo in profonda crisi e insolventi verso gli investitori. La Cina è un Paese in pieno dramma da debito, come più volte raccontato da Formiche.net. Al punto che è diventato difficile, se non impossibile, per le stesse società del settore dei crediti incagliati, recuperare il dovuto per conto terzi. Non è un caso che la stessa Huarong sia più volte finita a un passo dal default a causa di bond non rimborsati al mercato.

Ora, con una mossa non certo priva di sorpresa, la Cina starebbe valutando la possibilità di allentare le proprie normative sul mercato, per consentire alle società non finanziarie straniere, dunque anche occidentali, di effettuare investimenti azionari nelle proprie aziende di gestione patrimoniale finanziaria nazionali. In particolare, l’apertura interesserebbe proprio i gestori di crediti inesigibili, che includono entità statali come China Huarong Asset Management e China Galaxy.

Colossi che svolgono un ruolo cruciale nella gestione e risoluzione delle sofferenze, mantenendo così la stabilità e la salute del sistema finanziario cinese. Le nuove regole consentirebbero alle società non finanziarie estere di investire in queste realtà. D’altronde, la posta in gioco, che risponde al nome di debito, è alta. La crescente attenzione rivolta all’elevato debito di molti Paesi nei confronti della Cina e il timore che possa aprirsi una nuova crisi del debito estero tra i Paesi più poveri del mondo hanno portato in secondo piano il problema del debito pubblico della Cina.

Eppure, le due crisi del debito non sono scollegate e la crisi del debito in Cina oggi potrebbe aggravare la situazione debitoria di molti Paesi, dal momento che le condizioni economiche, politiche e finanziarie che hanno portato Pechino ad aumentare enormemente i suoi prestiti all’estero oggi sono decisamente cambiate.

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