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​La Fed è pronta a fermare i tassi. La profezia di Bernanke e le speranze del mercato

Sull’onda del ripiegamento generale dell’inflazione negli Stati Uniti, la Banca centrale americana è pronta a togliere il piede dal gas, dopo l’ultimo rialzo previsto in questa settimana. Per l’ex governatore della Fed Bernanke ormai i giochi sono fatti. Ma non per Francoforte

Se lo dice uno come Ben Bernanke, allora forse c’è da crederci. A luglio andrà in scena l’ultimo colpo di gas della Fed sui tassi americani, poi la banca centrale americana ci darà un taglio. Bernanke, governatore della Federal Reserve dal 2006 al 2014, è l’uomo che ha guidato le banche statunitensi attraverso la peggiore crisi finanziaria dal 1929 ad oggi, gestito il collasso di Lehman Brothers e inaugurato l’era (12 anni) del denaro a costo zero. Ma con ogni probabilità non si accorse per tempo della mina dei mutui subprime, origine della grande crisi del 2008-2009, che covava sotto la cenere.

Ma se davvero avesse ragione, dal momento che la politica monetaria europea solitamente si accoda a quella americana con 5-6 mesi di ritardo, sarebbe un bel segnale. Forse è merito dell’inflazione, che negli Stati Uniti sta lentamente ripiegando, certamente grazie all’azione della stessa Fed ma anche per merito di una certa lungimiranza della politica economica messa a terra dal presidente Joe Biden. Fatto sta che Bernanke è sicuro: l’aumento dei tassi di interesse previsto per la prossima settimana potrebbe rappresentare l’ultima stretta dell’attuale ciclo di inasprimento monetario. “Sembra molto chiaro che la Fed aumenterà di altri 25 punti base nella prossima riunione” ha dichiarato durante un webinar organizzato da Fidelity Investments. “È possibile che questo possa essere l’ultimo rialzo”.

Gli investitori sembrano essere sulla stessa lunghezza d’onda. Stanno infatti prezzando quasi con certezza un rialzo dei tassi il 25-26 luglio, mentre sono scarse le probabilità di un ulteriore aumento, secondo quanto risulta dal mercato dei futures sui Fed Funds. Per questo mercoledì 26 luglio si prevede che il Federal open market committee, il Fomc, aumenterà il suo tasso di riferimento di un altro quarto di punto percentuale dopo una tregua di giugno. Ciò aumenterà il tasso sui fondi federali a un intervallo obiettivo compreso tra il 5,25% e il 5,5%.

Gli operatori nei mercati dei futures sui fondi federali ritengono che questo sarà l’ultimo incremento di quella che è diventata una campagna storica per reprimere l’inflazione ostinatamente alta. La stessa speculazione che la Fed potrebbe essere in procinto di porre fine alla sua serie di aumenti dei tassi fa seguito a una recente serie di dati economici che hanno mostrato un deciso rallentamento nelle voci più preoccupanti e persistenti dell’inflazione, nonché un continuo raffreddamento del mercato del lavoro.

Se davvero la Fed si fermerà, allora la palla passerà alla Bce. Il costo del denaro nella zona euro è al 4% e le conseguenze su mutui e finanziamenti già si fanno sentire (qui l’intervista all’economista della Luiss, Mario Comana). Ma a Francoforte potrebbe servire ancora del tempo per fermare le macchine. Negli Stati Uniti l’inflazione è scesa molto di più rispetto all’Eurozona. A giugno i prezzi al consumo negli Usa sono calati al 3% e quelli dell’area euro restano invece al 5,5%. La Bce è dunque la banca centrale che ha più probabilità di rialzare ancora i tassi. Almeno fino a fine anno.

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