Mentre il premier Kishida firma un documento di cooperazione con la Nato al summit di Vilnius, diventa sempre più centrale il ruolo che Tokyo svolge per l’alleanza. E anche per questo un liaison office è importante, spiega a Formiche.net Satoru Nagao, esperto di politiche di difesa e sicurezza dell’Hudson Institute
“Riaffermare la cooperazione con i Paesi che condividono la stessa mentalità nel sostenere l’ordine internazionale basato sulle regole, libero e aperto”: è questo secondo il premier Fumio Kishida l’obiettivo con cui il Giappone partecipa al Summit Nato di oggi e domani, 11/12 luglio, a Vilnius. Kishida firmerà un nuovo documento di cooperazione insieme al segretario generale dell’alleanza, Jens Stoltenberg, con cui cercherà di rafforzare la cooperazione tra il Giappone e la Nato in settori quali la sicurezza marittima, la risposta alla disinformazione e lo spazio esterno. Tokyo, secondo le fonti che hanno informato i media, ha sviluppato il documento chiamato “Individually Tailored Partnership Program” con i 31 membri dell’Alleanza Atlantica per rafforzare la cooperazione di sicurezza tra la regione indo-pacifica e euro-atlantica, tenendo conto della Cina. Queste interconnessioni sono parte di una visione strategica che il Giappone eredita dal defunto leader Shinzo Abe e che la guerra in Ucraina ha reso — per Tokyo come per Washington e Bruxelles — una necessità più cogente.
“La questione principale riguarda proprio l’Ucraina: la controffensiva di Kyiv si scontra con una forte linea di difesa della Russia, la Nato deve fornire armi più forti per vincere e dopo gli F-16, sono sul tavolo gli Atamcs, le munizioni a grappolo, eccetera”, spiega Satoru Nagao, esperto di politiche di difesa e sicurezza dell’Hudson Institute, basato a Tokyo. Il Giappone ha consapevolezza della situazione e intende partecipare alle discussioni correnti della Nato, la quale “deve prepararsi a una guerra più lunga: pertanto deve riformare la propria industria della Difesa” se vuole mantenere i ritmi produttivi per aiutare in modo consistente l’Ucraina.
Questo sforzo potrebbe anche avere un obiettivo strategico di preparazione. Se la Russia è la minaccia corrente, la Cina è una questione a lungo termine, ma la Nato si sta preparando a parlarne. “La Cina sta sfidando le regole internazionali che l’Europa ha mantenuto per lungo tempo. La minaccia cinese è a lungo termine perché l’economia cinese è più forte di quella russa. E poiché la Russia fa affidamento sulla Cina nell’attuale situazione di guerra, l’influenza della Cina su Vladimir Putin sta crescendo. Pertanto, la Nato rafforzerà la cooperazione con Giappone, Australia, Nuova Zelanda e Corea del Sud. Inoltre cercherà di cooperare sempre di più con altri Paesi come l’India”, spiega Nagao. Per l’analista, la decisone presa da Ankara sull’ingresso svedese nell’alleanza indica che la Turchia ritiene l’Ucraina (dunque la Nato) vincente. “Stare dalla parte vincente è vantaggioso. E in effetti, anche l’orientamento dell’India verso gli Stati Uniti e la Francia indica la stessa direzione”, aggiunge.
Tuttavia, secondo Nagao il momento attuale potrebbe non essere perfetto per mostrare una politica sufficientemente forte nei confronti della Cina. “In primo luogo — commenta — se la Nato mostrerà una posizione troppo forte nei confronti della Cina, quest’ultima aumenterà il suo sostegno alla Russia. Attualmente, la Cina sta fornendo molte parti di armi alla Russia, ma non ha fornito molte armi pesanti e munizioni. Se dovesse cambiare linea, la guerra in Ucraina potrebbe risentirne. In secondo luogo, l’anno prossimo gli Stati Uniti dovranno affrontare le elezioni presidenziali. Ciò significa che l’economia del prossimo anno sarà decisiva per le elezioni. Il presidente Joe Biden non vuole imporre sanzioni troppo forti contro la Cina se queste rischiano di danneggiare l’economia statunitense”.
Pertanto, anche se la Nato intende rafforzare le sue relazioni con i partner dell’Indo Pacifico, la sua attività diretta contro la Cina sarà relativamente moderata. L’opposizione della Francia all’ufficio di collegamento della Nato a Tokyo è un caso tipico: Parigi, come la Nato stessa, sa che un liaison office è utile, ma la Francia ha esitato a farlo proprio ora per evitare di indispettire Pechino.
“La Nato ha un ufficio di collegamento in Georgia dal 2010, ne ha avuto uno a Tashkent in Uzbekistan dal 2013 al 2017. Pertanto, la rappresentanza di Tokyo non è strana. Dal punto di vista giapponese, è una mossa gradita. Per molto tempo, Tokyo ha cercato di convincere gli alleati statunitensi in Europa a unirsi ai suoi sforzi per affrontare le sfide della Cina. In alcuni casi, il Giappone ha cercato di cooperare o di aderire a strutture multinazionali orientate all’Occidente, come per esempio il Five Eyes (Six Eyes se il Giappone aderisce), Aukus (Jaukus se il Giappone aderisce)”, ricorda Nagao.
Dietro alla posizione di Parigi c’è solo l’azione di equilibrio con la Cina? “Se quella è la ragione principale, è possibile che la sede di Tokyo sia stata decisa da Stati Uniti e Giappone, e ciò significa che la Francia era fuori da questo negoziato, ma dopo quanto successo con l’Aukus Parigi potrebbe voler essere parte di certe scelte”.
Per Nagao, la Francia vuole dimostrare la propria presenza come indipendente dagli Stati Uniti. “Da quando è iniziata l’aggressione russa in Ucraina, molti Paesi non possono acquistare armi dalla Russia. Ma soprattutto i Paesi del Sud globale, come Brasile, Indonesia e India, vogliono acquistare armi non solo dagli Stati Uniti, ma anche da altri. Così, invece della Russia, scelgono la Francia. L’Indonesia acquista jet da combattimento dalla Francia. L’India acquisterà dalla Francia i jet da combattimento per le sue portaerei e i suoi sottomarini”.
Resta che l’apertura di un ufficio dell’alleanza atlantica a Tokyo potrebbe essere il primo passo per rafforzare la cooperazione tra il Giappone e gli alleati degli Stati Uniti in Europa e per condividere informazioni e percezioni. La Francia si sta opponendo in questo momento, ma l’analista dell’Hudson Institute prevede che in futuro qualcosa sarà concordato, perché le sfide della Cina rappresentano una minaccia seria sia per il Giappone che per l’Europa.
Quale contributo può dare all’alleanza la cooperazione con Tokyo? E in che modo l’alleanza è utile a Tokyo? “Pensiamo a cosa accadrebbe se la Cina attaccasse Taiwan. I Paesi della Nato dovrebbero dispiegare forze militari per evacuare i loro cittadini da Taiwan e dalla Cina. Probabilmente saranno portati a decidere di sostenere gli Stati Uniti nella guerra contro la Cina. In una situazione del genere, quale sarà il territorio in cui la Nato potrà dispiegare le forze militari? Le scelte sono limitate. Giappone o Filippine. È molto probabile che molti Paesi scelgano il Giappone per dispiegare le proprie forze militari. Pertanto, la Nato ha bisogno di informazioni locali per preparare tali operazioni”.
E torna anche in questo la necessità di un ufficio di collegamento, che possa essere un eventuale punto di contatto e organizzazione. Secondo alcuni esperti statunitensi, la Cina potrebbe invadere Taiwan prima del 2027: in tal caso, la collaborazione con il Giappone è “una questione sempre più importante e urgente” per la Nato, chiosa Nagao.