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Biden smorza gli entusiasmi su un accordo Israele-Arabia Saudita

Il presidente statunitense ha in parte frenato gli entusiasmi su un accordo di normalizzazione dei rapporti tra Riad e Gerusalemme. Biden è stato realista: ci sono ancora parecchie distanze, che sono di carattere tecnico quanto ideologico. Le volontà esistono, tanto quanto le necessità strategiche, ma “servirà tempo”

Israele e Arabia Saudita sono molto lontani da un accordo di normalizzazione che preveda un trattato di difesa e un programma nucleare civile da parte degli Stati Uniti, ha dichiarato il presidente americano, Joe Biden, in un’intervista alla Cnn trasmessa domenica. Le parole di Biden segnano un momento all’interno del tema “Gerusalemme-Riad”.

Narrazioni e interessi

Da mesi si parla con insistenza di una possibile normalizzazione israelo-saudita: si sa che le due parti sono disposte a questa mossa storica e che Washington ne sarebbe ben contenta (perché sarebbe un passaggio che completerebbe gli Accordi di Abramo e aiuterebbe a mantenere ordinato il Medio Oriente, consentendo così agli americani di continuare con la strategia di ritirata dalla regione).

E però, si evidenziano anche alcune vulnerabilità. Su tutte, la non disponibilità saudita a procedere con un così grande investimento di carattere geostrategico ed ideologico insieme a un governo come quello attuale di Benjamin Netanyahu, caratterizzato attualmente da posizioni estremiste nei confronti del dossier palestinese. Il regno saudita è protettore dei luoghi sacri dell’Islam — con tutto il portato socio-culturale e politico-strategico che questo comporta — e non vuole esporsi mentre le istanze palestinesi vengono costantemente contratte dagli israeliani. Per quanto pragmatica possa essere la visione del factotum ed erede al trono Mohammed bin Salman, esistono limiti (per altro difficili da oltrepassare finché il sovrano Re Salman resterà in vita).

La scorsa settimana la furia dell’opinione pubblica è cresciuta nel mondo arabo dopo una delle più grandi operazioni militari di Israele nella Cisgiordania occupata degli ultimi anni, un raid nel campo profughi di Jenin, una roccaforte dei militanti palestinesi.  Martedì scorso, l’Arabia Saudita si è unita ad altre nazioni della Lega Araba nel condannare il raid, che ha ucciso 12 palestinesi. Anche prima delle ultime violenze, Riad ha affermato che la normalizzazione non è possibile fino a quando non saranno affrontati gli obiettivi di statualità palestinese (la cosiddetta “soluzione a due stati” che da anni ricorre senza risultati come forma risolutiva della diatriba).

Il governo religioso-nazionalista israeliano ha riconosciuto una battuta d’arresto negli sforzi di normalizzazione in seguito alle censure saudite sulle sue politiche nei confronti dei palestinesi. Il ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen, ha dimostrato consapevolezza del quadro esprimendo una nota di speranza domenica sulla rara partecipazione di una delegazione israeliana a un torneo di videogiochi di calcio ospitato da Riad durante il fine settimana. Tuttavia gli organizzatori sauditi hanno fatto sapere che la presenza degli israeliani non è legata a processi di diplomatici, ma semplicemente perché è stato concesso a tutti coloro che volevano iscriversi di partecipare.

Cosa c’è sul piatto?

I funzionari statunitensi stanno negoziando nel tentativo di raggiungere un accordo di normalizzazione. i due Paesi sono disponibili, come detto, ma servirà tempo. Sono d’altronde fonti e analisti di vario tipo a suggerire da un po’ che ancora ci siano distanze. “Siamo molto lontani. Abbiamo molto di cui parlare”, ha detto Biden in un’intervista a “Fareed Zakaria’s GPS” confermando il contesto attorno a quello che potrebbe essere un passaggio storico per la regione mediorientale.

Tra le varie cose, oltre a posizioni di carattere più politico, ci sono anche i tempi più pratici da definire. Riad vuole il nucleare (intanto civile) e sta chiedendo assistenza tecnica agli Stati Uniti  — oltre che a Russia e Cina. Vorrebbe mettere un impianto sul tavolo delle trattative incrociate, ma non sarà facile. Il mese scorso, il ministro dell’Energia israeliano, Israel Katz del Likud,  ha per esempio espresso la sua opposizione all’idea che l’Arabia Saudita sviluppi un programma nucleare civile nell’ambito di un’eventuale mediazione statunitense per la creazione di relazioni tra i due Paesi.

C’è diffidenza perché a Gerusalemme si teme di perdere la prerogativa di essere unica potenza atomica della regione (sebbene il nucleare israeliano sia coperto da ambiguità strategica). Biden, parlando con Zakharia, ha sottolineato la decisione dell’Arabia Saudita, alla vigilia della sua visita nel regno la scorsa estate, di concedere il passaggio nel proprio spazio aereo a tutti i vettori, aprendo la strada a un maggior numero di sorvoli da e per Israele. Ha anche sottolineato gli sforzi per un cessate il fuoco permanente nello Yemen, un conflitto che ha ucciso decine di migliaia di persone e che è stato ampiamente visto come una guerra per procura tra Arabia Saudita e Iran.

“Stiamo facendo progressi nella regione. E dipende dalla condotta e da ciò che ci viene chiesto per il riconoscimento di Israele” ha detto Biden nell’intervista. Ancora: “Francamente, non credo che abbiano molti problemi con Israele. Ma se [mi chiedete se] noi forniremo o meno un mezzo che permetta [ai sauditi] di avere un’energia nucleare civile e/o di essere un garante della loro sicurezza, questo penso che sia un po’ lontano”. Israele ha dichiarato di aspettarsi di essere consultato da Washington su un accordo tra Stati Uniti e Arabia Saudita che riguardi la sua sicurezza nazionale.

Citando precedenti come l’Iraq e la Libia, gli israeliani temono da tempo che vicini potenzialmente ostili possano utilizzare l’energia nucleare civile e altri progetti sviluppati nell’ambito del Trattato di Non Proliferazione del 1970 come copertura per la produzione clandestina di bombe. Da una parte il dossier palestinese, dall’altra la questione nucleare saudita, frenano quello che per diverse volte è stato dato come un accordo già fatto. Biden conferma gli scetticismi.

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