A metà giugno, il primo ministro britannico Sunak ha inviato in Italia il potente segretario di gabinetto Case, che ha visto il sottosegretario Mantovano. L’obiettivo è un’intesa per fermare i flussi dal Mediterraneo all’Europa
A metà giugno, il primo ministro britannico Rishi Sunak ha inviato a Roma il mandarino Simon Case, potente segretario di gabinetto. Un nuovo accordo per fermare il flusso di migranti che attraverso il Mediterraneo arrivano in Europa, e per riportarli in Nord Africa era la missione del capo dei civil servant di Sua Maestà. A rivelarlo è stato il quotidiano britannico The Telegraph, sottolineando che il piano prevede una maggiore condivisione di intelligence contro i gruppi criminali di trafficanti di esseri umani e una maggior collaborazione tra le forze di polizia dei due Paesi. Case ha incontrato Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, Filippo Grandi, alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, e diversi funzionari che si occupano di immigrazione.
Prima di lui a Roma erano passati nelle settimane precedenti Robert Jenrick, sottosegretario al ministero dell’Interno con delega all’immigrazione, e Matthew Rycroft, alto funzionario del ministero dell’Interno. Il primo era giunto in Italia dopo una visita in Tunisia e Algeria e prima di un viaggio in Francia. Al Corriere della Sera aveva spiegato che “l’emergente rapporto fra noi e l’Italia può dare i frutti migliori, per entrambi i Paesi, nell’intervenire alla sorgente dell’immigrazione”. Il secondo aveva incontrato Vittorio Pisani, capo della Polizia, per la prima riunione del Comitato strategico congiunto di cooperazione in materia di sicurezza Italia-Regno Unito, istituito in seguito alla lettera d’intenti siglata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e dal suo omologo britannico Suella Braverman. L’obiettivo, aveva spiegato Rycroft su Twitter, è “mantenere i nostri cittadini al sicuro rafforzando la nostra cooperazione in materia di criminalità organizzata, immigrazione, terrorismo e cyber”.
L’idea di Londra è quella di replicare con Roma l’accordo siglato lo scorso anno con Parigi per i pattugliamenti sulle coste francesi, centro di controllo congiunto da creare in Francia e un finanziamento di 60 milioni di sterline a Parigi. Con una differenza, sottolinea La Stampa: al momento non sono previsti fondi all’Italia.
Non mancano le difficoltà, visto che l’Italia ha dei vincoli frutto dell’essere Stato membro dell’Unione europea. Gli stessi che a fine aprile avevano fatto sì che i negoziati per il memorandum d’intesa sulla cooperazione bilaterale si chiudessero soltanto poche ore prima della firma in occasione della visita di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, a Londra. “Capiamo che l’Italia ha dei vincoli, ma questa è una sfida comune europea”, aveva detto Jenrick al Corriere della Sera spingendo sull’acceleratore.
Il documento siglato ad aprile, che risponde anche a dinamiche e necessità interne come evidenziato da Teresa Coratella in un recente commento per lo European Council on Foreign Relations, è il punto di partenza del nuovo accordo su cui i governi stanno lavorando. Si parla di un “partenariato strategico sulla migrazione” e della necessità di “un cambio di passo” nelle politiche migratorie con “una strategia omnicomprensiva su più fronti”. In particolare, i due governi hanno concordato di “rendere prioritaria la dimensione esterna delle politiche migratorie come soluzione strutturale per prevenire la migrazione irregolare e stabilizzare i flussi”. Per questo, hanno deciso di unire gli sforzi “per rafforzare il nostro impegno con i Paesi terzi di origine e di transito lungo tutte le principali rotte migratorie”.
Ecco perché, come raccontato su Formiche.net prima della visita di Meloni a Londra, c’è forte interesse a Londra verso il Piano Mattei che il governo italiano dovrebbe presentare a ottobre in occasione del summit intergovernativo Italia-Africa. Nel suo discorso d’insediamento alla Camera dei deputati, Meloni aveva parlato del Piano Mattei per l’Africa e il Mediterraneo come “un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area sub-sahariana. Ci piacerebbe così recuperare, dopo anni in cui si è preferito indietreggiare, il nostro ruolo strategico nel Mediterraneo”. È una proposta di approccio upstream cioè “a monte”, scrivevamo, per affrontare le cause delle migrazioni che sembra aver suscitato l’interesse britannico viste le ricadute dell’immigrazione verso l’Italia, Paese di transito verso il resto d’Europa.