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La nuova guerra delle spie secondo Calder Walton

Uno dei più importanti studiosi di intelligence ha pubblicato un lungo articolo su Foreign Affairs spiegando come Cina e Russia abbiano sfruttato la “distrazione” della guerra al terrorismo per colpire gli Stati Uniti e i loro alleati. E ora? Ecco cosa propone

“Oggi dedichiamo alla Cina più risorse che a qualsiasi altro obiettivo”, ha raccontato questa settimana Sir Richard Moore, capo del Secret intelligence service (MI6) britannico. “Ciò riflette l’importanza della Cina nel mondo e la necessità fondamentale di comprendere sia le intenzioni sia le capacità del governo cinese” ha aggiunto intervistato a Praga, in Repubblica Ceca, da Politico.

Si può parlare di una svolta per l’intelligence britannica. Basti pensare che MI5, cioè il controspionaggio, nel 2006 aveva dedicato il 92% del suo lavoro all’antiterrorismo. Era l’anno in cui l’ex ufficiale dell’intelligence russa Alexander Litvinenko è stato assassinato a Londra con polonio radioattivo. Cifre figlie dell’11 settembre e della speranza che la guerra al terrorismo potesse rafforzare la collaborazione tra gli Stati Uniti e i loro alleati da una parte e la Russia dall’altra.

In realtà, mentre Washington si occupava di fermare al-Qaeda, lo Stato Islamico e altre organizzazioni terroristiche, la Russia ha approfittato come dimostra il caso Litvinenko solo per fare un esempio. Ma ha sfruttato l’occasione anche la Cina. Nel 2021, l’Fbi ha riferito di aprire una nuova indagine di controspionaggio legata alla Cina ogni 12 ore. Nel luglio 2023, il comitato parlamentare per l’intelligence e la sicurezza del Regno Unito ha avvertito: il governo cinese è penetrato in ogni settore dell’economia britannica. In pratica le due potenze revisioniste hanno utilizzato la “distrazione” occidentale per promuovere i propri interessi.

Per Pechino l’anno di svolta sembra essere stato il 2005, ha spiegato il professor Calder Walton in un lungo articolo su Foreign Affairs. In quel periodo, infatti, il ministero della Sicurezza di Stato cinese “ha lanciato le sue migliori risorse e i suoi ufficiali contro il governo e le aziende statunitensi, rubando il maggior numero possibile di segreti scientifici e tecnici per sostenere l’economia cinese e la sua potenza militare” approfittando del fatto che gli Stati Uniti fossero impantanati in Medio Oriente. È così che nel 2010 l’intelligence cinese ha smantellato un’importante rete della Cia in Cina, con una ventina di fonti statunitense uccise o incarcerate come raccontato dal New York Times. “Dieci anni dopo, un funzionario dell’intelligence statunitense che conosceva di persona questi eventi mi ha detto che la Cia non si era ancora ripresa in Cina”, ha scritto Walton.

Poi è arrivato Xi Jinping e “l’offensiva dell’intelligence cinese contro l’Occidente e gli Stati Uniti, in particolare, è cresciuta in modo esponenziale”. L’obiettivo? Far diventare la Cina la prima potenza militare ed economica del mondo e invertire il panorama tecnologico esistente, rendendo gli altri Paesi dipendenti dalla tecnologia cinese anziché da quella americana. Come? Utilizzando un approccio olistico: informazioni umane, informatiche, satellitari (utilizzando palloni aerostatici e, a quanto pare, una base a Cuba) e fonti aperte, compresi i social media. Senza dimenticare le leggi che obbligano le imprese a collaborare con le agenzie di intelligence ogni volta che viene loro richiesto, gli scambi culturali e la diaspora.

Walton parla di una “nuova guerra” dell’intelligence, con i sistemi di sorveglianza interna orwelliani che rendono ancor più difficile il lavoro per le intelligence occidentali mentre per Russia e Cina, le cui agenzie non hanno neppure gli stessi controlli da parte di politica e giornali, hanno vita facile a rubare segreti “alle società aperte, libere e democratiche dell’Occidente”. Ci sono somiglianze con la Guerra Fredda. Ma ci sono due grandi differenze, continua l’esperto: l’integrazione della Cina nell’economia globale e il modo in cui fonti aperte e business intelligence commerciale stanno trasformando la sicurezza nazionale (durante la Guerra Fredda, circa l’80% dell’intelligence statunitense proveniva da fonti “clandestine” e il 20% da fonti aperte, oggi si pensa che queste percentuali siano invertite)

Per questo il futuro dell’intelligence occidentale non è dei governi, ma del settore privato, sostiene Walton. E la sfida per i governi occidentali è sfruttare le capacità dei fornitori commerciali di intelligence con nuovi partenariati pubblico-privato. Serve immaginazione, dice l’esperto. Quella che ha portato la Cia a sviluppare gli U-2 per spiare oltre la cortina di ferro. “Un’immaginazione simile è necessaria oggi in aree all’avanguardia della sicurezza nazionale, tra cui la raccolta di informazioni open-source, l’uso del machine learning automatico e dell’intelligenza artificiale e l’informatica quantistica. Queste saranno le armi della guerra fredda di questo secolo e quelle che ne determineranno l’esito”, conclude.



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