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La Wagner resterà (forte) in Africa?

È molto improbabile che Putin possa permettersi di sostituire Prigozhin e la sua creatura in Africa. La Wagner è parte delle penetrazione strategica russa nel continente, e Mosca non vuole perdere terreno. Numeri e testimonianze per capire i nuovi equilibri Wagner-Cremlino

Un sondaggio condotto dalla fondazione politica tedesca Friedrich-Ebert-Stiftung su circa 2.300 maliani indica che oltre il 90% degli intervistati ha fiducia nel fatto che la Russia sosterrà il loro Paese nella lotta contro gli islamisti. Ma la Russia in Mali non esiste se non tramite la Wagner, la società militare proprietà dell’oligarca che lo scorso fine settimana ha sfidato il potere putiniano. È un dato evidente: la private military company di Yevgeny Prigozhin è stata in grado di penetrare il tessuto sociale di diversi contesti africani. Si fa percepire come attore credibile e intanto incassa, oltre che consensi, dividendi.

Il business africano

Lo ha fatto per conto di Mosca, in una fase in cui il suo proprietario era intimo del cerchio magico di Vladimir Putin. Lo stesso che lo ha bollato per due volte come “traditore” dopo che ha cercato di marciare su Mosca e decapitare i vertici della Difesa regolare russa — con cui è da tempo in corso una competizione di potere, che ormai è evidente non è più appannaggio monopolistico del presidente. L’equilibrio tra Wagner e Cremlino ruotava (ruota? Ruoterà?) molto attorno al ruolo africano della società di Prigozhin. L’oligarca forniva servizi senza fare domande e dare spiegazioni, accettava che la sua società fosse un asset non riconosciuto (e per questo molto efficace) della politica estera russa. In cambio di lavorare da “uomo d’onore” del presidente, in condizioni più o meno ibride, Prigozhin ha ottenuto la possibilità di spartirsi una parte consistente della torta. Ha potuto crearsi guadagni, coltivare collegamenti e interessi, sempre a patto che questi non finissero troppo lontani dalla cerchia putiniano.

Per esempio: secondo le stime che escono da un’inchiesta di Miles Johnson uscita a febbraio sul Financial Times, l’impero minerario globale di Prigozhin avrebbe generato 250 milioni di dollari tra il 2018 e il 2021. Molti di questi vengono dall’Africa. Wagner è assoldata per gestire la sicurezza interna in alcuni Paesi, ma poi riesce a penetrare anche il settore produttivo delle materie prime soprattutto, mescolando la sicurezza e il business (aspetti che in diversi contesti africani in effetti vanno di pari passo). Wagner è più simile a un conglomerato produttivo che a una società militare: è attivo in vari campi, ha partecipazioni condivise col settore privato e quello statale dei vari Paesi in cui opera. 

E però, i suoi combattenti per svolgere un ruolo attivo o da addestratori in quei Paesi in cui vengono contrattualizzati, dipendono da attrezzature militari fornite dal governo russo. Questo significa che se da una parte la ribellione ha dimostrato le capacità tecniche degli uomini di Prigozhin — di muoversi su Mosca senza farsi fermare dal secondo esercito (teoricamente) più forte del mondo — e dunque potrebbe rendere i servizi della Wagner più richiesti, perché evidentemente efficaci; dall’altra l’alterazione dell’equilibrio con il Cremlino potrebbe lasciare la società a corto di rifornimento.

Wagner senza Cremlino?

È per questo che la vicenda ha portato a speculazioni su cosa potrebbe significare un disaccoppiamento Wagner-Cremlino, soprattuto per le operazioni del gruppo in Africa. Nel continente, gli uomini di Prigozhin sostengono i governi e riempono un vuoto di sicurezza nella Repubblica Centrafricana, in Libia, in Mali, in Sudan e in modo meno evidente e acclarato in diversi altri Paesi. Si stima che Wagner abbia circa 5.000 soldati dislocati in tutta l’Africa. A differenza dei combattenti reclutati per andare al fronte in Ucraina — molti letteralmente avanzi di galera — questo sono professionisti, ex corpi speciali militari o operativi delle intelligence, chiamati a gestire gli interessi di Prigozhin (e della Russia) e a organizzare i militanti locali e quelli assunti per rinfoltire le linee.

I mercenari di Wagner in Africa non sono esclusivamente russi infatti. Siriani e libici sono tra i ranghi di Wagner nella Repubblica Centrafricana, hanno dimostrato i dati dell’organizzazione non profit statunitense Sentry in un report pubblicato martedì. Fonti militari hanno riferito alla Sentry che le truppe Wagner sono state coinvolte in atrocità di massa, anche nelle miniere d’oro e di diamanti che Wagner ha sequestrato per sé. Per capirci: la violenza sessuale è stata potenzialmente utilizzata da Wagner “come forma di guerra psicologica per terrorizzare e sottomettere intere comunità”, secondo il report.

Queste attività sono pressoché indipendenti dalle volontà russe. Il Cremlino lascia mani libere ai wagneriani, che possono muoversi come meglio (o peggio) credono per proteggere e implementare il proprio business. L’essenziale è il ritorno di influenza verso la Russia. E in parte di interessi, che Prigozhin garantisce attraverso una selva di società ombra che trasmettono parte del business in Russia.

Come ritorsione per la ribellione il Cremlino ha accennato allo scioglimento del gruppo, un inserimento nei ranghi ufficiali dei combattenti che avrebbe cassato la rivolta. Questo potrebbe accadere per le unità impegnate in Ucraina o in Siria, dove la Federazione russa è formalmente presente con operazioni militari dichiarate (e costituzionalmente autorizzate), non a caso il vice ministro degli Esteri russo è volato a Damasco per consegnare personalmente un messaggio al presidente siriano Bashar el Assad: le forze del gruppo Wagner non opereranno più lì in modo indipendente. In Africa però tutto sembra più difficile.

Gradi di separazione e autonomia

Wagner è sufficientemente autonoma in Africa, e in un messaggio audio postato lunedì su Telegram, Prigozhin ha dato tutto fuorché l’idea di arrendersi o farsi sciogliere. Allo stesso tempo, il ministro degli Affari Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato in un’intervista alla propagandistica RT che non ci saranno cambiamenti in Repubblica Centrafricana o in Mali, i cui governi “hanno contatti ufficiali con la nostra leadership”. Ha detto che i russi che lavorano in alcuni Paesi come “istruttori” continueranno a lavorare. È improbabile che Putin voglia — sopratutto possa — rinunciare ai forti legami costruiti nell’Africa francofona dopo l’inasprimento delle relazioni con la Francia.

Per spiegare il contesto: due settimane fa, la giunta del Mali ha chiesto alla missione di pace delle Nazioni Unite in Mali, nota come Minusma, di lasciare il Paese “senza indugio”. La forza è presente nel Paese dal 2013 ma ha faticato a contenere la violenza armata, un fallimento che ha spinto i leader della giunta militare maliana a ingaggiare la Wagner. Dal 2013 sono morti più di 300 peacekeepers della Minusma, rendendo quest’ultima la seconda missione di pace più letale delle Nazioni Unite. “La Minusma è un’invenzione francese”, ha dichiarato il movimento della società civile maliana Yerewolo. “Sembra essere diventata parte del problema, alimentando le tensioni comunitarie, esacerbate da accuse estremamente gravi e altamente dannose per la pace, la riconciliazione e la coesione nazionale in Mali”, ha aggiunto il ministro degli Affari Esteri del Mali Abdoulaye Diop.

Qui sta il grande lavoro di Prigozhin: quando qualcuno in Africa scende in strada con le bandiere russe, quando si alzano critiche pubbliche contro le Nazioni Unite o contro i componenti occidentali, allora la Russia ottiene vantaggio. Significa che la penetrazione ibrida della Wagner ha avuto la sua efficacia. E l’ordine mondiale a guida occidentale subisce un colpo. Qui sta l’equilibrio tra gli interessi della Wagner e quelli del Cremlino. Difficile per Putin poter rinunciare a un asset così efficace, difficile poter sostituire una struttura così pervasiva. Ora servirà tempo per capire come i nuovi equilibri tra il presidente e Prigozhin si snoderanno, ma è abbastanza sicuro che gli effetti (anche in questo caso) ricadranno sull’Africa. Un campanello di allarme per Paesi come l’Italia, che risentono di ciò che accade nel continente come effetto diretto sulla propria sicurezza nazionale.

Perdita della plausible deniability?

La flessibilità con cui si muove Wagner ha permesso a Mosca di impiegarla come moltiplicatore di forze in Africa, negando al contempo la presenza diretta della Russia nel continente. “In Africa — spiega Mattia Caniglia, direttore associato del Digital Forensic Research Lab dell’Atlantic Council — la Russia ha usato Wagner più volte come parte di una strategia per aiutare i leader autoritari a rimanere al potere e ottenere una presenza militare filo-russa sul territorio, il tutto mantenendo una plausibile negabilità. Finora, i risultati positivi di questa strategia hanno superato di gran lunga i costi per il Cremlino, che ha costruito una forte rete di influenza africana con uno sforzo relativamente ridotto, assicurandosi concessioni in industrie estrattive strategiche ed espandendo le relazioni militari nel continente”.

Qualsiasi potrebbe cambiare adesso? “Questo principio di negabilità plausibile, che ha reso Wagner così efficace e utile per Mosca come estensione della sua politica estera e della sua influenza, è ora danneggiato. Come già notato, il ministro degli Esteri russo, così come Putin, ha confermato pubblicamente i legami diretti tra Wagner e l’apparato statale russo”.

Per Caniglia, anche se negare i legami diretti con le azioni di Wagner in Africa potrebbe essere diventato più difficile per il Cremlino, “è improbabile che la Russia sprechi la rete di influenza costruita dal gruppo negli ultimi anni. Al contrario, Mosca continuerà probabilmente a impiegare strumenti ibridi come Wagner, anche se organizzati in forme diverse, in modo che la Russia possa continuare a spostare l’influenza occidentale, sfruttare le risorse naturali ed eludere le sanzioni attraverso decine di società di facciata”.

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