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La Wagner si sta ritirando dalla Repubblica Centrafricana? Chi soffia sull’infowar

La Wagner sta lasciando in massa la Repubblica Centrafricana? È in fase di rotazione? Ci sono informazioni vere e percezioni alterate che coinvolgono anche la Cina. C’è un riequilibrio dei rapporti tra Prigozhin e il Cremlino che può interessare Usa e Ue in Africa

Dalla mattina di giovedì 6 luglio si susseguono voci su una possibile partenza di miliziani della Wagner dalla Repubblica Centrafricana. Ci sono state informazioni e smentite. Poi possibili chiarimenti: periodicamente gli uomini del ribelle che ha sfidato il potere putiniano due settimane fa, Yvgeny Prigozhin, sono soggetti a logiche di rotazione. E dunque non è da escludere che si sia in mezzo a una di queste fasi, e che le notizie siano ingigantite dal clima.

Narrazioni e interessi

D’altronde, l’impegno wagneriano con Bangui è uno degli elementi paradigmatici di come la società di contractor russa sia penetrata all’interno del tessuto sociale africano, permettendo ritorni economici all’oligarca che la controlla, ma anche fornendo al Cremlino un capitale di influenza politica nel Paese — e nella regione. L’ex comandante Wagner Marat Gabidullin aveva raccontato a Formiche.net di come questa attività della società in Centrafrica ha avuto anche effetti che, con un bagno di realismo e pragmatismo, potrebbero essere visti come positivi (anche se non certo per gli standard dei Paesi democratici).

Le notizie sulla partenza dei miliziani potrebbero allora essere parte di una infowar, anche collegata al Cremlino stesso, che è interessato a ridimensionare in qualche modo le capacità operative della creatura di Progozhin che si è ribellata al sistema che ha contribuito a crearla. Potremmo dunque parlare più di propaganda che di fatti, ma sulla base di questa consapevolezza ciò che accade è da registrare comunque.

Formiche.net non è attualmente in grado di confermare le informazioni. Una fonte di Jeune Afrique (pubblicazione francofona che potrebbe essere non esterna a quelle dinamiche di guerra informativa) dice che più di 600 uomini della Wagner hanno lasciato Bangui nelle ultime 24 ore. Ma non è comunque chiaro se sia un’uscita programmata precedentemente al tentativo di rovesciamento del ministero della Difesa lanciato da Prigozhin, oppure è una mossa consequenziale. Anche perché parte della partita giocata sul terreno di scontro interno russo è guidata dalla alterazione del contesto informativo. E inoltre val la pena considerare che a far circolare certe informazioni potrebbero avere interesse a che attori rivali della Russia, che percepiscono una debolezza su cui possono attecchire ulteriori destabilizzazioni.

Blitz diplomatico 

Se Wagner dovesse essere ritirata da alcuni dei Paesi in cui opera attualmente, potrebbe aprirsi la strada a quello che il direttore della ricerca del Soufan Group, Colin Clarke, ha definito un “blitz diplomatico”, a targa statunitense per esempio, per riempire il vuoto di potere che ne deriverebbe e riguadagnare influenza in quelle aree. “In particolare — scrive Clarke in un suggestivo op-ed su Politico — potrebbe aprirsi un varco in alcuni Paesi africani, dove Washington potrebbe essere in grado di offrire cooperazione in materia di sicurezza o di costruire accordi sulla capacità dei partner in cambio dell’impegno a muoversi verso iniziative democratiche o di buon governo”.

Con la Cina che si sta facendo strada anche in Africa, questa è un’opportunità che gli Stati Uniti non dovrebbero lasciarsi sfuggire, secondo Clarke. Anche perché la finestra d’azione potrebbe essere limitata: se il Cremlino ha davvero intenzione di spostare la Wagner da contesti come quello centrafricano, vanno valutati due fattori: il primo, la velocità di replica di Mosca, che potrebbe avere qualche difficoltà nel sostituire gli uomini di Prigozhin con altri contractor; il secondo è la capacità di penetrazione raggiunta dalla Wagner che permea vari ambiti, economici e securitari (questo è un equilibrio delicato perché difficile rinunciarvi per il Cremlino e per la società).

“La presenza di Wagner in Africa e in Medio Oriente ha rappresentato un Catch-22 per i Paesi in cui opera: sebbene le sue forze siano invitate a stabilizzare Stati fragili, le sue azioni spesso favoriscono un’ulteriore instabilità, creando maggiori opportunità e una maggiore domanda dei suoi servizi”, scrive Clarke. Se Wagner viene ritirata, c’è una seria minaccia per alcuni dei regimi che dipendono da lui per la sicurezza e la protezione e dunque: “Ciò offre un’opportunità all’Occidente, se Paesi come la Francia e gli Stati Uniti sono in grado di fare breccia nei regimi instabili, in particolare in quelli dell’Africa subsahariana alle prese con la sicurezza”.

E cosa c’entra la Cina?

La constatazione di Clarke è chiaramente indipendente dalla vicenda della Repubblica Centrafricana, ma parte del contesto. Nel frattempo, in mezzo a questi complicato quadro e ai rumors velenosi, è uscita un’ulteriore informazione: i militanti del Wagner Group avrebbero condotto ieri sera una missione per rintracciare ed evacuare cittadini cinesi presi di mira da gruppi armati. I cinesi stavano lavorando in una miniera vicino al villaggio di Dimbi nella Repubblica Centrafricana: attacchi contro i cinesi non sono più così inusuali in diverse parti del mondo, ora che la Cina viene vista da parte delle collettività locali secondo i canoni narrativi della potenza neo-coloniale. In particolare, in Africa si sono verificati episodi di maltrattamento dei dipendenti locali da parte dei datori di lavoro delle società cinesi, con conseguenti ritorsioni.

Quanto accaduto è di nuovo non del tutto chiaro, e potrebbe essere anche in questo caso oggetto di operazioni per alterare la percezione informativa. Secondo Zineb Riboua, ricercatrice dell’Hudson Institute, tuttavia la vicenda indica che le imprese e i progetti cinesi fanno sempre più affidamento sulla protezione di Wagner. “Indica anche che la Cina ha poca o nessuna padronanza sulle questioni di sicurezza a differenza della Russia”, inoltre — come Riboua ha spiegato in un saggio su Foreign Policy — “la Cina e la Russia stanno approfittando della mancanza di impegno occidentale”. È possibile che le società cinesi (e dunque il governo) abbiano in alcuni casi cercato l’assistenza (oltre che delle milizie locali) anche della Wagner; è possibile sia stato un caso isolato. Quello che c’è da chiedersi è se (e come) anche questo equilibrio verrà modificato dal ri-bilanciamento in corso tra Wagner e Cremlino. Un processo che richiederà vari filtri alle informazioni in arrivo.


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