Il sistema di difesa di Mosca ha portato le forze armate di Kyiv ad un cambio di paradigma, che sta dando i risultati sul campo di battaglia. Ma che allo stesso tempo comporta un rallentamento dell’avanzata. Nel frattempo, a Nord i russi accumulano truppe in vista di un nuovo balzo in avanti
A più di un mese di distanza dal suo timido inizio, la controffensiva delle forze armate ucraine sembra procedere a rilento. Negli ultimi 50 giorni le truppe di Kyiv sono riuscite a riprendere il controllo di una porzione di territorio con un’estensione di circa 250 km2, equivalente al terreno guadagnato dalle forze armate russe nei sei mesi precedenti. Tuttavia, questo risultato non è stato dato da un importante avanzata in un singolo settore, bensì da tanti piccoli guadagni marginali lungo la linea del fronte.
Del resto, che le forze armate ucraine avrebbero portato avanti questa controffensiva con estrema cautela non è affatto una novità: i vertici militari di Kyiv hanno sottolineato in più occasioni come la preannunciata operazione, preceduta da mesi di addestramento degli effettivi e di accumulo di asset militari, si sarebbe svolta in modo da limitare al massimo le perdite umane e materiali.
Precondizione che rende estremamente più difficile un’avanzata su larga scala o uno sfondamento concentrato in una singola area, specialmente di fronte al vallo difensivo russo. Nonostante il morale dei soldati di Mosca sia tutt’altro che alle stelle, le forze armate russe hanno sfruttato allo stesso modo della controparte ucraini gli scorsi mesi di “stallo” per erigere una barriera difensiva di proporzioni notevoli, definita dal Center for Strategic and International Studies come la più grande vista in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale: dietro a una serie sconfinata di campi minati pieni di ordigni antiuomo e anticarro, che in questo momento rappresentano un ostacolo maggiore per l’avanzata delle truppe ucraine, si staglia una rete di trincee strutturata su tre linee e circondata da filo spinato, denti di drago e terrapieni.
Inoltre, i soldati russi si stanno adattando al modus operandi ucraino, che prevede un costante raggruppamento nelle posizioni appena strappate al nemico prima di proseguire verso il prossimo obiettivo. Come risposta a questo schema le forze di Mosca hanno attuato una versione tattica della “terra bruciata”, che prevede la disseminazione di trappole esplosive prima dell’abbandono di un caposaldo.
La strategia difensiva russa si è rivelata alquanto efficace: stando a quanto riporta il New York Times, nelle prime due settimane dell’offensiva le forze ucraine hanno perso il 20% dell’equipaggiamento accumulato. L’alto numero di perdite avrebbe spinto l’alto comando ucraino a ripensare l’approccio e ad adottare nuove tattiche e nuovi schemi operativi, spostando il focus sull’utilizzo dell’artiglieria e di altri sistemi a lungo raggio. Questo cambio di passo ha effettivamente ridotto le perdite subite (che dalla terza settimana ad oggi ammontano al 10% del materiale impiegato), ma allo stesso tempo ha rallentato la velocità di riconquista del territorio occupato dai russi.
Mentre la controffensiva ucraina perdeva vigore, la Russia ha iniziato a concentrare ingenti quantità di uomini e mezzi nella regione di Kharkiv, l’area meno toccata dalla controffensiva di Kyiv. Il generale ucraino Serhiy Cherevatyi, portavoce dell’Eastern Group of Forces delle forze armate ucraine, ha parlato di più di 100.000 uomini, 950 main battle tanks, 550 pezzi di artiglieri e 370 sistemi lanciarazzi multipli ammassati dietro le linee russe e pronti ad essere scagliati contro le linee ucraine. Negli scorsi giorni sono stati riportati attacchi concentrati da parte delle forze di Mosca nella direzione di Kupiansk, i quali non si sono però tradotti in uno sfondamento del fronte ucraino. Tuttavia, questa pressione potrebbe costringere Kyiv a dirottare preziose risorse dalle aree interessate dalla controffensiva per respingere l’assalto del nemico.
Interpellato sul fatto che la controffensiva ucraina si stia rivelando un fallimento, il generale Mark Milley, capo dello Stato Maggiore Congiunto delle Forze Armate Statunitensi, ha dichiarato “È tutt’altro che un fallimento. Penso che sia troppo presto per fare questo tipo di dichiarazione, e che ci siano ancora molti combattimenti da fare: ci vorrà molto. Sarà un percorso difficile e sanguinoso”.