Skip to main content

Transizione ecologica all’insegna dell’effettività per il permitting italiano. Scrive Atelli

Il quadro regolatorio in tema di permitting per gli interventi di ammodernamento di impianti già in esercizio può trovare un punto di equilibrio nella direzione di una maggiore distinzione fra le regole valevoli per gli impianti da realizzare ex novo e quelle dedicate agli impianti che esistono già. Massimiliano Atelli, presidente Commissioni Via-Vas e Pnrr-Pniec, si chiede fino a che punto è consentito e giusto non curarsi delle dinamiche di produzione della componentistica (pale, in primis) degli impianti eolici

Coglie pienamente nel segno, il ministro Gilberto Pichetto Fratin, quando osserva che nel 2023 la crescita della domanda di permitting in Italia è in buona parte legata, sul fronte rinnovabili, all’eolico. Non solo on shore, ma anche off shore.

Naturalmente, vi è consapevolezza che non tutto è semplice, non tutto è scontato, non tutto è senza difficoltà impreviste. Non solo nel merito, ma anche nel metodo. Così, nel merito, è per la difficoltà di disporre di maggiori punti di riferimento per gli impatti cumulativi (tema di crescente importanza, con l’aumentare del numero di istanze non solo presentate ma anche processate dalle Commissioni ministeriali Via Vas e Pnrr Pniec). In particolare in alcuni territori, dove, come noto, si concentrano tante richieste.

Così, sempre nel merito, è anche per revamping e repowering, atteso che il quadro regolatorio in tema di permitting per gli interventi di ammodernamento di impianti già in esercizio può probabilmente trovare un punto di equilibrio più avanzato nella direzione di una maggiore distinzione fra le regole valevoli per gli impianti da realizzare ex novo e quelle dedicate, invece, agli impianti che esistono già.
Ma così è, anche, per l’inclinazione a interrogarsi sul modo stesso di condurre il permitting. Perché, ovviamente, non c’è un modo solo. Metodologicamente, nella ferma convinzione che occorra tenersi sempre alla larga da pregiudizi e (ovviamente) compiacenze, e nella certezza della irrinunciabilità del massimo approfondimento tecnico, la sfida del nostro tempo dà l’impressione di stare, a ben vedere, essenzialmente nella tensione delle istituzioni verso l’ascolto e nell’attenzione per ciò che accade dentro e fuori i confini nazionali, nel mondo della ricerca così come in quello della produzione.

È quanto sta accadendo, in queste settimane, nella ricerca di una soluzione appropriata sul difficile crinale della conciliazione dell’incremento, da un lato, della produzione di energia da fonte eolica (cui sono legati primariamente target Ue di transizione ecologica nell’ambito delle rinnovabili, ma, oggi, anche obiettivi nazionali di ordine geopolitico), e, dall’altro lato, tutela dell’avifauna nei territori interessati dai singoli impianti sottoposti a Via. Si affollano, al riguardo, tante questioni, che per brevità provo a riassumere in forma di domanda: si può non tener conto che incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili e tutela (anzitutto) dell’avifauna sono, entrambi, obiettivi Ue? si può trascurare che sulla tutela dell’avifauna le soluzioni prescelte nei diversi Paesi UE non sono sempre le stesse? si può ignorare la circostanza che il progresso tecnologico rende disponibili di continuo soluzioni nuove e più efficaci (o efficaci in fasi del giorno in cui altre non lo sono o lo sono meno)?

Fino a che punto è consentito e giusto non curarsi delle dinamiche di produzione (disponibilità a produrre per il mercato italiano, provenienze, etc.) della componentistica (pale, in primis) degli impianti eolici, che di per sé potrebbero rendere lettera morta i percorsi di permitting conclusi con esito favorevole, riducendo sul punto specifico, per l’effetto, la transizione ecologica del nostro Paese a puro esercizio cartaceo?

Questi interrogativi (e i molti altri che vi sono connessi, sui quali non indugio per sole ragioni di spazio) orientano verso soluzioni rigorose ma “aperte” (soprattutto agli apporti continui della tecnologia), anziché “chiuse”. Che tendono cioè a non ingessare il punto di equilibrio intorno a schemi che, per il fatto di essere cristallizzati sui rimedi che l’immediato presente suggerirebbe, potrebbero a breve rivelarsi invece, imprevistamente, perfino passatisti. Questo non significa, ovviamente, abbassare il livello di tutela. Al contrario, significa volerne di effettiva. Cioè, anzitutto, di efficace. Il che, riteniamo non possa non essere obiettivo di tutti.

×

Iscriviti alla newsletter