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Ecco come le politiche centriste possono attirare l’elettorato deluso. La ricetta di Bonanni

Le prossime europee saranno un test per le forze centriste. Ma la prova basica e propedeutica per l’affidabilità di soggetto di cambiamento è quella di presentare una sola lista alla competizione elettorale di primavera, aggregando le componenti liberaldemocratiche, popolari, riformiste. Non farlo corrisponde al fallimento del progetto di una forza affidabile per il futuro, alternativa al bipolarismo rissoso e inconcludente. Il commento di Raffaele Bonanni

C’è un grande interesse a ricostruire le basi concrete per una aggregazione politica che sappia riunificare tutte le componenti liberaldemocratiche, popolari, riformiste. Molto ceto medio non si sente più rappresentato dall’attuale sistema politico, e neppure l’impresa piccola e grande, così come gli operai ed impiegati professionalizzati. Essi costituiscono la base delusa che spesso diserta le urne per essere quelli chiamati a pagare le tasse di chi non le paga.

Sono ormai convinti che chi elude ed evade le tasse, risultando poveri, precedono sempre le persone più produttive nel godere ogni beneficio pubblico. Anche l’impresa ha da recriminare sulle tasse, e soprattutto per la trascuratezza ai danni per fattori dello sviluppo che la espone alla concorrenza internazionale.

Le culture politiche centriste potrebbero essere il loro riferimento nella consapevolezza di poter superare con esse la mortificante nomea affibbiata all’Italia di perenne malata tra i Paesi industrializzati. Eppure le attuali realtà politico-culturali di quest’area, pur numerose ed organizzate, divise tra loro, non riescono a darsi un criterio per stare insieme e darsi finalmente una dimensione organizzativa e politica credibile per attirare l’elettorato deluso ed innescare processi politici che rimescolino le carte nel gioco da lungo tempo a somma zero della politica italiana.

Le cause principali delle difficoltà, sono riconducibili alla facile possibilità di costituire partiti personali in mancanza di sorveglianza degli organi preposti alla verifica della democraticità reale di funzionamento dei partiti; al sistema maggioritario che spinge ad alleanze deresponsabilizzate con l’elezione dei parlamentari scelti dai capi di partito e non dagli elettori. Un agone politico così truccato, non può che produrre frutti avvelenati che vede i competitori non in lotta per cambiare il gioco, ma per essere inseriti nel gioco di potere. Un gioco qualsiasi che arriva alla lunga ad acconciarsi ad alleanze con forze dichiarate alternative appena una settimana prima. Chi si comporta in tale modo, ritiene penalizzante mantenere una propria distinzione ed alternatività alle forze bipolari che hanno fallito nell’alternanza al governo del Paese, ma posizionarsi nettamente contro, è il requisito essenziale per riaggregare l’elettorato e responsabilizzare le dirigenze riottose ad affrontare la faticosa e lunga marcia del deserto della purificazione per giungere davvero al cambiamento.

Le elezioni europee sono un test per queste forze. Ma la prova basica e propedeutica per l’affidabilità di soggetto di cambiamento è quella di presentare una sola lista alla competizione elettorale europea di primavera aggregando le componenti liberaldemocratiche, popolari, riformiste. Non farlo corrisponde al fallimento del progetto di una forza affidabile per il futuro, alternativa al bipolarismo rissoso ed inconcludente. Non farlo sarà una ingloriosa resa di ciascuno dei singoli gruppi che continueranno a mendicare ricoveri nei campi larghi della sinistra populista e della destra, come d’altronde accade da un quarto di secolo.

La posta allora è così alta che comprometterebbe il grande progetto che vede finalmente sul campo della politica italiana una forza politica partecipata davvero dai cittadini che si occupi di ridurre il debito, di curare i capisaldi della industria e servizi pubblici e privati, dei diritti e dei doveri degli italiani.



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