La Russia cerca l’Africa per espandere le sue attività internazionali. Putin rassicura i (pochi?) partner presenti al forum di dialogo di San Pietroburgo con un annuncio sul grano: spedizioni gratis, ma ai Paesi amici. E Prigozhin passa per un saluto, confermando il suo ruolo sommerso in Africa, spiega Di Liddo (Cesi). Ma alcuni leader preferiscono non sedersi con il paria del Cremlino
Il presidente russo, Vladimir Putin, ha dichiarato giovedì che la Russia non si unirà a un patto mediato dall’Onu per prevenire le carestie nei Paesi in via di sviluppo a causa della guerra del Cremlino in Ucraina. Lo considera come sbilanciato contro Mosca, perché l’intesa sottintende che la responsabilità della crisi alimentare – uno dei temi del momento, come analizzato dal recenti vertice della Fao di Roma – ricade anche sulla mossa militare russa contro Kyiv.
Narrazioni e interessi
Parlando al Forum economico e umanitario Russia-Africa di San Pietroburgo, Putin ha nuovamente affermato che il suo governo “rifiuterà di estendere” l’accordo sui cereali del Mar Nero, noto come “Grain deal”, che nei mesi passati ha permesso a 32,9 milioni di tonnellate di prodotti agricoli di lasciare i porti bloccati dell’Ucraina e di raggiungere il mercato globale. Secondo il Comitato direttivo congiunto della Black Sea Grain Initiative, il 65% del grano esportato dall’Ucraina nell’ambito dell’accordo è andato ai Paesi in via di sviluppo — anche tramite i canali speciali delle Nazioni Unite. Ciò nonostante, il presidente russo ha esposto davanti ai suoi interlocutori il pamphelt propagandistico con cui aveva presentato il vertice russo-africano nei giorni scorsi. Un discorso ricco di informazioni alterate, propaganda e disinformatja.
Putin ha accusato le nazioni occidentali di ricevere la maggior parte delle consegne e di rifiutarsi di revocare le sanzioni alla Russia. Ha poi insistito che Mosca si muoverà verso “un sistema più giusto di distribuzione delle risorse”. “Nei prossimi tre o quattro mesi — ha dichiarato — saremo pronti a fornire a Burkina Faso, Zimbabwe, Mali, Somalia, Repubblica Centrafricana ed Eritrea fino a 50.000 tonnellate di grano ciascuno. Garantiremo la spedizione gratuita di questi carichi”. Delle sei nazioni a cui è stato offerto il grano gratis, l’Eritrea ha ripetutamente sostenuto Putin nelle risoluzioni delle Nazioni Unite per condannare e fermare l’invasione russa dell’Ucraina. Mali e Repubblica Centrafricana rimangono roccaforti del gruppo paramilitare russo Wagner, e il Burkina Faso potrebbe già aver sottoscritto accordi simili. La Somalia, a cui la Russia ha annunciato uno sgravio sul debito di 684 milioni di dollari, a maggio ha stretto un patto per avere forniture militari russe che aggireranno un embargo Onu e che aiuteranno Mogadiscio nella ricostruzione di un contesto securitario appropriato. Lo Zimbabwe è un alleato storico russo (Putin ha regalato un elicottero al presidente Emmerson Mnangagwa per ringraziarlo della partecipazione al forum) e già la scorsa estate, con al visita del russo, le relazioni sono state rinvigorate con un accordo su prodotti alimentari russi diretti Zimbabwe e materie prime zimbawesi inviate in Russia aggirando le sanzioni.
Ossia, le forniture annunciate da Putin non hanno niente di umanitario. Il vertice serve a Putin anche a questo: rassicurare gli amici africani dell’impegno russo. E il grano fa da paradigma a un ruolo che Mosca vuole avere come modello di riferimento nel continente. Quando la settimana scorsa la Russia ha sospeso la sua partecipazione all’accordo sui cereali del Mar Nero, il Segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha dichiarato che la decisione di Putin di abbandonare l’accordo e il bombardamento da parte di Mosca di un porto di Odessa sono “particolarmente devastanti per i Paesi vulnerabili che lottano per sfamare la propria popolazione”. Ora Putin sta cercando di far passare un messaggio rassicurante .
La risposta africana a San Pietroburgo
Una domanda che sta emergendo tra i circoli di Bruxelles e Washington da qualche tempo è se la Russia stia battendo l’Ue e gli Usa nel suo impegno con l’Africa. Almeno a livello di percezione. Solo 17 di capi di Stato e di governo hanno partecipato al summit di due giorni ospitato nel feudo di Putin (con l’hotel Trezzini di San Pietroburgo che fa da cornice, mentre il proprietario della struttura, l’oligarca militare Yvegeni Prigozhin è passato a fare un soluto ai leader ospitati, concedendosi una photo opportunity con uno dei funzionari della Repubblica Centrafricana). Nel 2019, i leader africani presenti erano 43. Il Servizio europeo per l’azione esterna (EEAS) ha dichiarato che la scelta di partecipare al vertice russo-africano “è una decisione che spetta esclusivamente alle autorità di ciascun Paese africano e l’Ue rispetta pienamente le scelte sovrane dei suoi partner africani”.
Bruxelles tuttavia fa trapelare ottimismo sulla limitata partecipazione di leader al summit russo. Ma dei 55 Paesi invitati, 49 hanno inviato una delegazione, segno che il continente in generale è interessato a continuare il dialogo con la Russia, nonostante il suo leader sia considerato un autocrate paria dall’Occidente. È un segno dei tempi, dove il multi-allineamento è ormai la posizione geopolitica presa da attori internazionali esterni al campo occidentale.
È ormai evidente che i Paesi africani intendano calibrare con pragmatismo le proprie relazioni internazionali. La Russia non è più una potenza economica, ma è un fornitore di sicurezza – anche attraverso società private come la Wagner, che a quanto pare continuerà il suo ruolo nel continente. Sebbene l’Unione europea resta il più importante partner commerciale dell’Africa, e il continente vede nell’Ue una fondamentale sponda per lo sviluppo, Mosca è un attore globale da ascoltare. Così come lo è la Cina, e lo restano a maggior ragione gli Stati Uniti. L’Africa, come altre parti del mondo (vedere il Medio Oriente), non accetta situazioni e somma zero, vuole evitare scelte nette e di campo.
Corteggiare l’Africa
Putin spera che il vertice di quest’anno rafforzi in fretta i legami di Mosca con il continente anche per contribuire a contrastare l’isolamento internazionale della Russia dovuto alla sua decisione di invadere l’Ucraina. Tuttavia, l’Africa ha una lunga storia di non allineamento che risale alla Guerra Fredda, e la minore affluenza a San Pietroburgo potrebbe suggerire che non tutti i leader africani sono d’accordo con l’avvicinamento alla Russia, scrive Foreign Policy.
Recentemente, un accordo chiave garantito con 79 Paesi africani e caraibici è stato riattivato. L’intesa “post-Cotonou”, bloccato dal 2020 (inizialmente dall’Ungheria, poi dalla Polonia) è stata firmata la scorsa settimana dopo una trattativa interna tra gli ambasciatori dell’Ue. Il post-Cotonou e l’accordo sul grano sono “parte integrante di questo approccio globale: come possiamo tenere il maggior numero di Paesi del mondo dalla nostra parte, o almeno non dalla parte della Russia, quando si tratta di questa guerra”, ha dichiarato un diplomatico dell’Ue a Politico.
“Da parte russa c’erano grandi aspettative, ma alla fine abbiamo visto una partecipazione ridotta, perché in questo momento anche i governi africani scelgono la cautela nel sedersi allo stesso tavolo di un Paese indicato come aggressore”, spiega Marco Di Liddo, direttore del CeSI ed esperto delle attività che la Russia muove in Africa. “Però questa componente resta sul piano della comunicazione visibile, in realtà quei Paesi i cui leader non hanno partecipato al forum intendono comunque mantenere relazioni con la Russia, rendendole meno visibili secondo una diplomazia multi-canale”.
Nel concreto, la Russia può offrire all’Africa accordi per forniture di carburanti (che gli africani non producono) e sicurezza alimentare. Entrambi elementi di valore, perché sussidiati in molti Paesi africani e dunque l’aumento eccessivo dei costi potrebbe portare a proteste e instabilità sociale. Ma qual è il reale bilancio del rapporto? “Sin dal primo incontro di Sochi nel 2015 — risponde Di Liddo — i risultati sono stati modesti, l’interscambio non è cresciuto granché, anche se a livello globale la Russia sta cercando di prendere la guida del movimento del Global South, ma più che un disegno è un incrocio di convenienze. Sé quelle convenienze momentanee dovessero cambiare, la natura stessa delle partnership potrebbe svuotarsi”.
Però il direttore del CeSI ricorda anche che la Russia ha attiva anche una parte “sommersa” della relazione con l’Africa, che è ancora guidata da Prigozhin. “Questa parte sommersa è molto più grande e muove maggiori interessi, ed è più capillare e penetrativa, e ha ancora nella Wagner e nei gruppi collegati una garanzia per Mosca”.