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Dal Cremlino arrivano i piani per l’Africa e l’attacco al mondo democratico

La Russia ha grandi progetti per l’Africa. Il presidente Putin li ha delineati in preparazione dei vertici di San Pietroburgo con cui continuerà a spingere la narrazione anti-occidentale nel continente

Il 27 e 28 luglio si svolgeranno in contemporanea il secondo Summit Russia-Africa e il Forum Economico e Umanitario Russia-Africa. Gli incontri saranno ospitati a San Pietroburgo, feudo di Vladimir Putin, presidente che ha bisogno di muoversi in luoghi sicuri — come la ribellione dell’oligarca armato Yevgeny Prigozhin ha dimostrato — così come ha bisogno di territori all’esterno della Federazione Russa in cui proiettare il proprio potere. E l’Africa è uno di questi, ambiente geostrategico in cui la Russia ha investito e dove Putin si trova a dover gestire i nuovi equilibri con Prigozhin e la sua creatura, la Wagner. La società militare privata è il cuore della penetrazione complessa (ibrida) che da qualche anno la Russia ha pianificato nel continente africano. Mentre la gestione di Prigozhin e dei suoi uomini viene riorganizzata in patria e in altri teatri, secondo Mattia Caniglia (direttore del DfrLab dell’Atlantic Council) in Africa la Wagner sarà “business as usual, nonostante i recenti eventi”. Ossia resterà un asset centrale del Cremlino, e i prossimi eventi russi sono interessanti anche per questo.

Doppio appuntamento a San Pietroburgo

Nei prossimi giorni, davanti a capi di Stato e di governo, imprenditori, studiosi e personalità pubbliche, il presidente russo intende trasmettere senso di stabilità ai suoi interlocutori, e ha già iniziato a farlo attraverso un op-ed pensato per raggiungere i lettori delle principali testate africane (l’ambasciata russa in Italia l’ha tradotto per intero, perché il territorio africano è uno di quelli in cui Mosca si muove in rivalità con Roma). Il titolo del pezzo sembra riprendere slanci da assemblea di istituto, “Russia e Africa, unire le forze per la pace, per il progresso e per un futuro vincente”, ma è importante osservare i passaggi di questa visione putiniana sullo sviluppo delle relazioni russo-africane, ché delinea le direzioni quanto le narrazioni su cui si muove il Cremlino.

Già nei primi paragrafi c’è subito un messaggio chiaro: “Noi abbiamo sempre appoggiato i popoli africani nella loro battaglia per la liberazione dal giogo coloniale, li abbiamo assistiti nel processo di creazione di un sistema statale, nel rafforzamento della loro sovranità e della loro capacità difensiva”. Il richiamo storico ha chiaramente un sapore anti-occidentale quando cita il colonialismo, ed è effettivamente su questo che si è basato parte dell’appeal di Mosca nel continente. Un sentimento che, in questa fase in cui c’è un rinnovato interesse per l’Africa da parte di attori internazionali – dal Piano Mattei italiano alle proiezioni cinesi – ha ancora un suo fascino. E Putin marca “la ferma e costante difesa prima da parte dell’Unione Sovietica, e successivamente della Russia, degli interessi dei Paesi africani nei contesti internazionali”, aggiunge che la Russia ha sempre sostenuto il principio secondo cui “ai problemi africani si risponde con soluzioni africane”.

In definitiva, “siamo sempre stati dalla parte degli africani nella loro battaglia per l’autodeterminazione, la giustizia e la rivendicazione dei loro diritti legittimi. Non abbiamo mai cercato di imporre ai nostri partner le nostre concezioni in merito a ordinamento interno, forme e metodi di governo, obiettivi di sviluppo o le vie per conseguirli”. In una fase in cui l’amministrazione Biden ha elevato i valori democratici a vettore delle relazioni internazionali al punto di aver messo in revisione relazioni con leadership africane più complesse – dove spesso i valori democratici vengono messi da parte – quello che dice Putin è molto ben recepito da determinati attori. C’è anche questo alla base del diniego di condannare la Russia per l’invasione ucraina, una posizione sposata da diversi Paesi dell’Africa.

Multipolarità, narrazioni e interessi

“Nel mondo stanno prendendo forma grandi centri di potere e di influenza economica e politica che si manifestano ed esigono di essere presi in considerazione con sempre maggiore insistenza. Noi siamo certi del fatto che il nuovo ordine mondiale multipolare, i cui contorni sono già stati delineati, sarà più giusto e democratico. E non ci sono dubbi sul fatto che l’Africa, al fianco dell’Asia, del Medio Oriente e dell’America Latina vi troverà degna collocazione e si libererà definitivamente dalla pesante eredità del colonialismo e del neocolonialismo, dopo averne rigettato le moderne pratiche”. Impossibile essere più chiari di così, sia nel delineare la visione strategica russa attorno a quella multipolarità, sia nel definire il perimetro su cui Putin vuole poggiare le relazioni con alcune delle regioni del mondo in cui la Russia ha interesse a esercitare influenza.

Il presidente russo aggiunge che sta lavorando a una riforma delle istituzioni finanziarie e commerciali globali che risponda agli interessi dei Paesi africani, e che essi dovrebbero avere “degna collocazione all’interno delle organizzazioni che decidono per le sorti del mondo, compresi il Consiglio di Sicurezza dell’Onu e il G20”. In realtà a proporre una sede fissa per l’Unione Africana al G20 è stato Joe Biden lo scorso dicembre, durante una conferenza internazionale con i Paesi africani ospitata alla Casa Bianca. Ma a proposito di alterazione della realtà, Putin sostiene che la situazione globale non è stabile, tanto che “si aggravano i conflitti rimasti irrisolti, presenti praticamente ovunque, mentre emergono nuove minacce e nuove sfide”. Tra queste, dal 24 febbraio 2022, andrebbe annoverata l’ingiustificata invasione dell’Ucraina che Putin stesso ha ordinato, la quale ha creata diverse forme di destabilizzazione ricadute anche (e soprattutto viste le vulnerabilità intrinseche) sull’Africa.

Nella sua narrazione il presidente russo ricorda poi i miglioramenti nelle relazioni Russia-Africa visti dopo il primo summit – svoltosi a Sochi, feudo balneare di Putin, nell’ottobre 2019. Il volume generale degli scambi commerciali tra la Russia e i Paesi del continente africano nell’anno 2022 è effettivamente cresciuto, raggiungendo quasi i 18 miliardi di dollari. Nota di colore: anche Putin, nonostante stia lavorando per una de-dollarizzazione, nel suo testo indica il parametro nella moneta statunitense, che resta il riferimento dominante finanziario globale, nonostante Russia e Cina stiano cercando alternative anche sfruttando i loro scambi con aree come l’Africa. Sul tema commerciale, non può non toccare però un punto delicato: “Noi comprendiamo quanto un approvvigionamento continuo di generi alimentari sia importante per lo sviluppo socio-economico e per il mantenimento della stabilità politica dei Paesi africani. Di conseguenza, abbiamo sempre prestato molta attenzione alle questioni legate alle forniture di frumento, orzo, granturco e di altre colture ai Paesi africani”.

Insalata russa sulla food security

La food security è un tema fondamentale, come raccontato durante la riunione della Fao di questi giorni a Roma. Il Programma alimentare mondiale (Wfp) stima che nel 2023 circa 345 milioni di persone dovranno affrontare alti livelli di insicurezza alimentare, con circa 129.000 persone potenzialmente esposte alla carestia in luoghi come Burkina Faso, Mali, Somalia e Sud Sudan. La Russia esporta cereali in Africa, prodotti alla base della dieta di milioni di persone, e Putin rivendica di continuare a farlo “malgrado le sanzioni introdotte sulle nostre esportazioni, le quali ostacolano pesantemente l’esportazione di derrate alimentari russe verso i paesi in via di sviluppo e creano complicazioni sul piano della logistica, delle coperture assicurative e della buona riuscita delle transazioni bancarie”.

Quelle sanzioni sono state imposte da Stati Uniti e Unione Europea come rappresaglia all’orrenda invasione ucraina, e da sempre la Russia cerca di crearci attorno questo genere di narrazione. È funzionale, vi accedono molti Paesi che per pragmatismo hanno interesse a chiederne la rimozione, così come gli utili idioti del Cremlino sparsi in tutti i continenti. Putin contesta che l’Accordo sul grano, originariamente pensato per evitare squilibri nel mercato alimentare che potessero ricadere su Paesi più in sofferenza – come Yemen, Afghanistan e Somalia – non ha permesso al cereale di raggiungere questi territori, avendo preso altre vie commerciali. Però, mentre accusa le società occidentali di essersi arricchite per un mercato che se non ci fosse stato un blocco navale russo in una parte di Mar Nero sarebbe fluito senza problemi, Putin dimentica di dire che circa il 25% del grano ucraino è finito in Cina. Pechino, che appoggia informalmente la Russia anche in Ucraina, è sponda in quella narrazione anti-occidentale, e non può essere esposta.

In passato, al di là della propaganda che Mosca ha costruito sull’accordo (buon paradigma del contesto generale), il presidente russo ha ricevuto anche appelli diretti da leader africani per far ripartire il flusso di grano ucraino. Mentre le mediazioni sono in corso, la Russia ha bombardato alcuni depositi a Odessa, il principale porto dell’ovest ucraino per le esportazioni – anche di grano. Ma nel suo messaggio agli africani, Putin dice che la maggior parte del grano bloccato “rimarrà nelle mani prive di scrupoli degli europei”. Però aggiunge: “Desidero rassicurare sul fatto che il nostro Paese è in grado di supplire al frumento ucraino sia a livello commerciale che a titolo gratuito, tanto più che quest’anno da noi si prevede ancora una volta un raccolto record”.

Per concludere, Putin annuncia l’adozione di una dichiarazione integrata, nonché di tutta una serie di dichiarazioni congiunte, e l’approvazione del piano d’azione del Forum di Partenariato Russia-Africa per il periodo 2023-2026. “Ci si prepara alla ratifica di un consistente pacchetto di accordi intergovernativi e interministeriali e di protocolli d’intesa sia con i singoli paesi che con le associazioni regionali del continente africano”. Con l’Africa, la Russia ha grandi progetti (e per questo non può rinunciare alle dimensioni di influenza guadagnate anche grazie alla Wagner).



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