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Non solo Ucraina. Tutti i piani militari della Nato

Sull’onda della doppia svolta del presidente turco Erdogan che preavvertendo una possibile implosione russa ha dato il via libera all’ingresso della Svezia, il vertice in Lituania della Nato sembra già delineare l’assetto militare dell’Alleanza per il dopo Ucraina. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Europe first. Per la Nato l’Europa torna prioritaria. Anche se sembra scontato per la gravità e l’ampiezza della minaccia della Russia di Putin, in realtà dopo gli sconvolgimenti provocati dall’11 settembre e dalla guerra ai terroristi islamici, gli interventi in Libia, Afghanistan e Iraq, l’attenzione per il Medio Oriente e il sud est asiatico, l’Alleanza Atlantica rilancia appieno tutti i suoi originari scopi fondativi di deterrenza e difesa dei Paesi membri europei ben oltre le motivazioni del sostegno all’Ucraina.

Oltre alla svolta dell’ingresso della Svezia, a misurare il successo del vertice di Vilnius sarà soprattutto la concreta attuazione dei nuovi piani di difesa e di potenziamento militare strategico dell’Alleanza.

Un rilancio determinante per la funzionalità e l’efficacia di una Nato già proiettata al dopo Kiev.

Il fulcro essenziale è l’approvazione dei nuovi dettagliati piani di difesa globale dell’alleanza dopo la guerra fredda.

Predisposte da Chris Cavoli, il generale americano che ricopre il ruolo di Comandante supremo alleato in Europa, le 4000 pagine top secret prevedono una completa revisione della complessa macchina internazionale militare della Nato e forniscono indicazioni chiare per ogni forza armata alleata su come agire in caso di conflitto. Si tratta dell’evoluzione più sostanziale e concreta dalla caduta del muro di Berlino. Al centro dell’attenzione la Russia, ma senza perdere di vista il terrorismo internazionale. Si comincia con l’elaborazione di tre piani regionali: uno per il nord, che copre l’Atlantico e l’Artico europeo; uno per il centro, che riguarda il Baltico e l’Europa centrale fino alle Alpi; e il piano per il fianco sud dal Mediterraneo e al Mar Nero.

Accanto a questa pianificazione sono previste predisposizioni di interventi per lo spazio, le operazioni informatiche e le forze speciali.

Cinque le priorità immediate: forze terrestri capaci di pronto intervento, in particolare brigate corazzate pesanti; sistemi integrati di difesa aerea e missilistica in grado di proteggere le unità in movimento; potenza di fuoco a lungo raggio missilistica e d’artiglieria; reti digitali per il trasferimento blindato dei dati fra il fronte e il centri di comando; logistica per supportare e rifornire eserciti in tutta Europa.

Entro la fine dell’anno il Generale Cavoli assegnerà ad ogni alleato specifici ruoli in relazione agli ipotetici fronti che potrebbero aprirsi. Battaglioni e brigate dovranno conoscere in anticipo le loro localizzazioni, che si tratti di un’isola norvegese o di una zona dei Carpazi.

I piani forniscono anche indicazioni chiare per ogni forza armata su come agire in caso di conflitto.

Al vertice della Nato dello scorso anno a Madrid, gli alleati hanno concordato di mantenere collettivamente oltre 100.000 truppe pronte per il dispiegamento in meno di dieci giorni, e altre 200.000 in un mese. Altrettanto importante è che ora i paesi membri esplicitino quali unità sono disponibili in qualsiasi momento. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania si sono esercitate su come aumentare rapidamente reparti e schieramenti in Polonia, Lituania ed Estonia. L’Italia probabilmente eseguirà presto un test simile in Bulgaria, mentre la Germania ha annunciato che rischiererà un’intera brigata sul suolo lituano.

Lo scopo è rassicurare gli Stati baltici e dimostrare alla Russia che queste forze sono abbastanza agili da rappresentare un argine sul fronte orientale. Un argine che verrebbe attivato più rapidamente di quanto la Mosca possa avviare una mobilitazione e scatenare un attacco. La nuova pianificazione della Nato non solo mantiene gli eserciti all’erta, ma stabilisce anche priorità per armamenti e investimenti. La difesa collettiva del continente richiede sistemi missilistici, armi pesanti: jet, droni, carri armati e artiglieria.

Vista da Vilnius la Nato è insomma una superpotenza. Lo riconosce anche Emmanuel Macron che tre anni addietro l’aveva definito “un organismo in stato di morte cerebrale” mentre ora l’Alleanza, ammette il Presidente Francese, è stata risvegliata da Putin con “il peggiore degli elettroshock”, l’invasione dell’Ucraina.

Dietro le prospettive di potenziamento complessivo si celano tuttavia varie crepe nazionali. Sul settimanale britannico The Economist, l’International Institute for Strategic Studies evidenzia infatti che attualmente la maggior parte delle nazioni può schierare solo una brigata al completo. E lo stesso vale per le forze navali. Il think tank di Londra aggiunge in proposito la denuncia del Commodoro Carsten Fjord-Larsen della Marina danese che lamenta come nel 2002 la sua flotta avesse schierato 34 unità combattenti, mentre ora le unità sono scese a cinque.

Sul vertice di Vilnius aleggia anche il possibile ruolo dell’Alleanza in Asia. Gli alleati concordano sul fatto che la Cina stia avendo un impatto sempre maggiore sulla sicurezza europea, non da ultimo attraverso l’approfondimento delle sue relazioni con la Russia.

Nessuno si nasconde che oltre che psicologico, il transfert asiatico rappresenta per la Nato una scomoda verità perché se dovesse scoppiare una crisi a Taiwan, l’Europa potrebbe trovarsi esposta e coinvolta. Ma questo attiene al futuro si ritiene non immediatamente prossimo. L’orizzonte del presente è colorato di giallo e di blu, i colori dell’Ucraina liberata dall’incubo di Putin.



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