Nel solo mese di giugno i risparmiatori della Federazione hanno ritirato oltre 500 miliardi di rubli dalle banche, di cui 100 nelle ventiquattr’ore della retro-marcia su Mosca. Un vero “bank run”, a cui si aggiunge il crollo, costante, della moneta russa
Il panico si è scatenato velocemente. Assistere all’improvviso e definitivo collasso del sistema finanziario russo, già provato da un anno e mezzo di sanzioni, e magari alla caduta di Vladimir Putin. Chissà se è per questo motivo che, nei giorni della marcia su Mosca da parte dei mercenari della brigata Wagner, i cittadini della Federazione hanno letteralmente svuotato i conti correnti delle banche, prelevando su per giù 100 miliardi di rubli in poche ore.
Un dato fornito direttamente dalla Banca centrale russa, la quale si è affrettata a precisare come quella verificatasi nel periodo tra il 23 e il 25 giugno sia stata la più grande corsa allo sportello (o al bancomat) dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Secondo il rapporto mensile della stessa Banca centrale, a giugno vi è stata una crescente domanda di contanti che ha portato ad un deflusso di liquidità pari a 500 miliardi di rubli, nell’arco dell’intero mese, di cui oltre 100 in poco meno di 24 ore, proprio mentre gli uomini della Wagner erano a 200 chilometri da Mosca.
Questo la dice lunga sull’effettiva fiducia del popolo russo sulla possibilità di Putin di garantire uno sviluppo dell’economia dell’ex Urss, se non sulla capacità di vincere la guerra e addirittura di restare in sella. Lo stesso vice primo ministro russo, Andrey Belousov, ha spiegato come il ritiro di contanti in quei giorni di panico è salito del 70-80% nel sud della Russia – comprese le città teatro della rivolta, come Rostov, Voronezh e Lipetsk – per stabilizzarsi poi il 26.
Ma c’è un altro problema, ovvero la progressiva perdita di valore del rublo. E anche qui pare esserci lo zampino della Wagner. Per ammissione dello stesso governatore della Banca centrale, Elvira Nabiullina, la rivolta fallita ha spinto il rublo russo ai minimi da 15 mesi a causa del calo dei ricavi delle esportazioni. La scorsa settimana Nabiullina aveva dichiarato che il continuo deprezzamento del rublo rischia di aumentare l’inflazione e costringere la vigilanza ad adeguare il suo tasso di riferimento, che è rimasto stabile al 7,5% per quasi un anno. Non è tutto. La crisi innescata dalla faida durata mesi tra la Wagner e lo stato maggiore russo cha portato anche al tutto esaurito dei voli in partenza da Mosca mentre le truppe Wagner marciavano verso la capitale russa. Forse Putin qualche domanda dovrebbe farsela.
Questo accade mentre è in atto un altro tipo di fuga. Un numero crescente di Paesi sta rimpatriando le riserve auree come protezione contro il tipo di sanzioni imposte dall’Occidente al Cremlino. Tutto parte da un dato. Oltre l’85% degli 85 fondi sovrani e delle 57 banche centrali ritiene che l’inflazione sarà più alta nel prossimo decennio che nell’ultimo. Il che, è noto, eleva l’oro a bene rifugio per eccellenza.
E poi c’è il fattore delle sanzioni extra large imposte dall’Occidente, che permettono di colpire chi flirta con Mosca. Molti dei Paesi che rivogliono il proprio metallo giallo allocato presso forzieri terzi sono ancora scossi dal congelamento dello scorso anno di quasi la metà dei 640 miliardi di dollari di riserve in oro e valuta della Russia da parte dell’Occidente in risposta all’invasione dell’Ucraina.