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Xi ispeziona le truppe. Il militarismo cinese visto da Kirchberger

Il leader cinese ha ispezionato le truppe che guardano a Taiwan e al Mar Cinese. Con Xi, la dimensione militarista di Pechino è cresciuta negli anni, ha spiegato la professoressa Kirchberger durante una lezione al Casd della TOChina Summer School

Il leader cinese, Xi Jinping, ha esortato le forze armate ad approfondire la pianificazione delle capacità di attacco e combattimento per aumentare le possibilità di vittoria nei teatri reali. Le dichiarazioni sono state riprese dall’agenzia di stampa Xinhua, secondo cui il segretario del Partito Comunista Cinese ha anche invitato le truppe a lottare per salvaguardare la sovranità del territorio cinese. Tutto è avvenuto durante un’ispezione al Comando del Teatro Orientale. Con sede a Jiangsu, il Teatro Orientale è quello che ha area di responsabilità sensibilissime, supervisionando il Mar Cinese e lo Stretto di Taiwan.

Narrazioni e interessi

Xi ha detto che il mondo è entrato in “un nuovo periodo di turbolenze e cambiamenti” e che “la situazione della sicurezza della Cina è diventata più instabile e incerta”. Sono le considerazioni alla base della sua visione – diffusa all’inizio dell’anno – secondo cui la Cina deve trasformare le sue forze armate in una “Grande Muraglia d’Acciaio”. “Dobbiamo continuare a pensare e gestire le questioni militari da una prospettiva politica, osare, essere bravi a combattere e difendere con determinazione la nostra sovranità nazionale, la sicurezza e gli interessi di sviluppo”, ha detto Xi durante la visita a Jiangsu.

Parole del tuto simili a quelle con cui, ad aprile, aveva parlato ai vertici del Comando del Teatro Sud ispezionando la sede nel Guangdong (il comando segue il Mar Cinese Meridionale, in gran parte rivendicato da Pechino). La particolarità delle dichiarazioni di questi giorni è però che arrivano mentre la segretaria al Tesoro statunitense, Janet Yellen, è a Pechino per dialoghi con le alte sfere del Partito/Stato e mentre il Climate Czar della Casa Bianca John Kerry annuncia un’altra visita per riavviare le discussioni comuni sul cambiamento climatico.

Contatti che avvengono all’interno di un clima che Washington, e in parte Pechino, vorrebbero raccontare più dialogante, ma che comunque si portano dietro dichiarazioni e azioni che svelano la reale ruvidità degli attriti. Non è una novità tra l’altro che — soprattutto da parte dei cinesi, in misura minore dagli statunitensi — in concomitanza con fasi di dialogo diplomatico si prendono posizioni dure, aggressive. Non è una novità nemmeno la dimensione militarista che Pechino ha preso, in particolar modo nell’ultimo decennio, quello segnato dai primi due mandati da segretario del Partito e capo dello Stato di Xi — il quale per altro ha ottenuto la possibilità di segnare le sorti del Paese per un altro terzo storico mandato, e probabilmente attendendone un quarto, imprimendo i principi della sua visione per una “Nuova Era” sulla storia del Paese.

Taiwan e l’apertura all’oceano

La necessità di approfondire l’addestramento e la preparazione militare, con un’attenzione particolare alle forze navali — che non a caso hanno aumentato la loro assertività con missioni di addestramento ed esercitazioni per contrastare contro l’espansione della presenza marittima degli Stati Uniti nella regione — è una delle caratteristiche segnanti del potere di Xi Jinping. È questo in estrema sintesi il messaggio comunicato da Sarah Kirchberger, esperta di strategia e sicurezza cinese che ha curato una lezione al Centro Alti Studi della Difesa nell’ambito della diciassettesima edizione della Summer School del TOChina Hub dell’Università di Torino.

Kirchberger, head dell’Asia-Pacific Strategy and Security all’Institute for Security Policy all’Università di Kiel (Ispk) e vicepresidente del German Maritime Institute (Dmi), ha innanzitutto spiegato che Taiwan come il Mar Cinese hanno per Pechino anche un’importanza di carattere tecnico-operativa dal punto visita militare — ragionamento che, insieme alla dimensione ideologica, rende ancora più comprensibile tanto la pressione di Pechino quanto l’interessamento di Washington. Mentre le coste cinesi sono circondate dalla piattaforma continentale — zona in cui la batimetria è limitata — sia l’isola che alcuni tratti del mare conteso garantiscono accesso diretto alle acque oceaniche profonde. E dunque permette una maggiore attività dei sommergibili nucleari, quindi una maggiore capacità di operazione strategica degli assetti più importanti della panoplia militare di una potenza.

L’occidentalizzazione del primo arco insulare

I fattori che determinano la modernizzazione militare della Cina, secondo Kirchberger, sono mossi da una percezione della minaccia ideologica, geostrategica e tecnologica, e dalla percezione delle minacce tecnologiche. Ci sono stati cambiamenti sotto Xi Jinping, riforme militari, aggiornamenti tecnici e modernizzazione, forte attenzione a una maggiore consapevolezza del dominio — come d’altronde lo stesso Xi ha ricordato nei giorni scorsi a Jiangsu. Questo genere di mentalità rivolta al rafforzamento militare era già rintracciabile sotto Hu Jintao, come dimostra per esempio quanto scritto nel 2006 sulle pagine della pubblicazione tecnica Qiushi dall’ex capo delle forze navali cinesi, Hu Yanlin: “Mentre si preparano al conflitto militare e si trovano al fronte della Riforma e dell’Apertura, le forze navali […] incontrano la dura sfida posta da forze occidentali ostili che stanno impiegando una strategia di ‘occidentalizzazione’ e
‘separazione’ contro di noi”.

Xi non ha mai negato che davanti alla necessità di acquisire il controllo di Taiwan, considerata una provincia ribelle separata dalla Repubblica popolare anche dalla crescente occidentalizzazione e interna, potrebbe anche ricorrere all’uso della forza. Sebbene resti un’opzione remota, non è da escludere. Questo, insieme alla messa in atto — e alla spinta politica ideologica — sul rafforzamento militare è uno degli elementi caratterizzanti della sua era.

Nella sua lezione, a cui Formiche.net è stata invitata a partecipare, Kirchberger ha spiegato che Pechino ha una percezione fondamentale della minaccia geostrategica: l’alleanza guidata dagli Stati Uniti presente e rafforzata lungo il primo arco insulare, la struttura geografica/geomorfologica a forma di “C”,  in cui sono disposte installazioni militari statunitensi e alleate davanti alla costa orientale cinese. Un dispiegamento con basi come quelle in Giappone e Corea del Sud o a Taiwan, che sostanzialmente impedisce lo sbocco al mare aperto alla Repubblica popolare e mette sotto la prima linea di un eventuale attacco grandi poli demografici e produttivi come Shanghai, Hong Kong e tutta la Greater Bay Area.

Modernizzazione per controllare i domini

È davanti a questa percezione, unita a quella sulle sfide di questi tempi descritta da Xi a Jiangsu nei giorni scorsi, che la modernizzazione militare cinese riceve spinta e le ambizioni sul Mar Cinese e a Taiwan diventano quasi una necessità esistenziale. Controllo della situazione, dominio del warfare e area denial, capacità di interdizione rapida e incisività massima. L’ottica idealizzata è l’acquisizione di una capacità operativa tale da rendere credibile l’idea dell’ammiraglio (in congedo) Lou Yuan, che più o meno tre anni fa spiegò al pubblico di una conferenza di Shenzhen che le dispute in corso sulle rivendicazioni nel Mar Cinese potrebbero essere risolte affondando due superportaerei statunitensi. Questo avrebbe prodotto un attacco “bloody nose” contro Washington, “che è terrorizzato dalla possibilità di subire perdite”.

Kirchberger ha segnato tre appuntamenti per lo sviluppo militare cinese, sopratutto in ottica di quello che viene definito in dottrina militare il “sea power”, il potere marino, mix di deterrenza militare e consapevolezza del quadrante operativo — frutto anche delle attività civili che la Cina porta avanti attraverso una flottiglia ibrida la cui operatività è cresciuta notevolmente sotto Xi (le azioni di questi “pescherecci militarizzati” per bloccare le acque degli avversari cinesi sono anche in queste settimane oggetto di contesa tra Pechino e Manila).

Gli step (ibridi) secondo Kirchberger sono: entro il 2025 completare la costruzione della rete di informazione sull’Oceano Blu nelle principali aree marittime chiave di giurisdizione cinese e l’inizio della costruzione della rete marina della Belt & Road Initiative (questo servirà per soddisfare le urgenti necessità delle autorità militari e civili di acquisire informazioni nelle aree di controllo); entro il 2035 realizzare quella rete marittima della Belt & Road (per sostenere pienamente la costruzione della Via della Seta marittima cinese); entro il 2050 espandere la costruzione della “rete di informazione oceanica polare” e guidare lo sviluppo della “industria globale dell’informazione oceanica” (con il fine di contribuire a promuovere sui mari una delle iniziative globali di Xi e del Partito/Stato).

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