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Ecco il vero guaio della tassa sugli extraprofitti secondo Codogno

L’ex capo economista del Tesoro, oggi docente alla London School of Economics, mette le mani avanti e indica due effetti collaterali che potrebbero neutralizzare i benefici momentanei della misura. Una nuova stretta sul credito alle imprese e un cattivo messaggio a chi vuole investire in Italia

Il blitz del governo, due giorni fa, sui margini degli istituti pompati dal rialzo dei tassi e per questo passibili di tassazione fino al 40% (ma non si andrà in ogni caso oltre lo 0,1% del totale degli attivi) è stato digerito, momentaneamente, dalla Borsa. Ma sul piano politico e finanziario la partita non è chiusa, anzi. Con ogni probabilità ci sarà nelle prossime settimane un confronto tra mondo del credito e palazzo.

Resta il precedente, pericoloso e inquietante, almeno a sentire Lorenzo Codogno, economista con una lunga esperienza al Tesoro, oggi docente alla London School of Economics. “Seguendo una tendenza anti-mercato ben consolidata da molti dei precedenti governi italiani, e con un ulteriore tocco populista da parte dell’attuale amministrazione, l’esecutivo ha approvato una tassa sugli extraprofitti delle banche. E questo perché le stesse banche sono un facile bersaglio e il loro attacco non può che attirare il sostegno politico”, spiega Codogno.

Ma al netto della valutazione politica, ce ne è una più pratica. “Il mancato rispetto della necessità di fornire un quadro fiscale e concorrenziale stabile per attrarre gli investimenti rischia di produrre un danno permanente all’attrattività dell’economia italiana e uno spostamento della disponibilità di credito, soprattutto per le Pmi, la spina dorsale dell’economia italiana. È bizzarro che il governo consideri queste misure per affrontare i presunti fallimenti del mercato come a favore della concorrenza”. Tradotto, si rischia di tornare a una fase di credit crunch, visto che dovendo fronteggiare una maggior spesa, gli istituti potrebbero decidere di ridurre il flusso di credito all’economia.

Ragionando in prospettiva, l’economista ha pochi dubbi. La mossa del governo impatterà sulla “capacità attrattiva di fare impresa in Italia, in quanto si prevede che le tasse extra colpiranno in generale le aziende in quanto guadagnano troppo. Questo vale per gli investimenti diretti esteri in Italia, ma anche per gli investimenti nazionali, che diventano meno attraenti in termini di rischio. Sul credito all’economia, poiché l’imposta impatta sul capitale delle banche, ridurrebbe anche la loro capacità di concedere prestiti all’economia. Credo, insomma, che il danno sia di gran lunga superiore al beneficio a breve termine di un po’ di liquidità in più”.

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