L’economista, già al vertice di Assonime, crede che il blitz dell’esecutivo targato Lega che mira a raccogliere tra i 2 e i 3 miliardi di euro all’anno per aiutare le famiglie alle prese con il rincaro dei mutui sia affrettato e possa avere conseguenze negative. Perché il fisco, prima di ogni cosa, deve essere prevedibile e credibile. Altrimenti può scoraggiare gli investimenti. Piazza Affari, ovviamente, non la prende tanto bene
Il colpo di scena c’è stato, inutile negarlo. Persino gli stessi mercati sono stati colti alla sprovvista, come dimostra la reazione spaesata e a tratti rabbiosa di Piazza Affari, trascinata al ribasso (-2,1%) proprio dai titoli bancari. Sì, perché l’iniziativa fiscale uscita dal cilindro del governo poche ore fa e che ricalca per certi versi il modello spagnolo, va proprio nella direzione degli istituti.
L’esecutivo di Giorgia Meloni, su input del leader della Lega Matteo Salvini, ha previsto un prelievo del 40% non sui profitti ma sugli extra profitti maturati tra il 2022 e 2023, sull’onda dei rialzi dei tassi di interesse per mano della Bce. Vengono considerati tali le somme attribuibili al margine di interesse (differenza tra incassi dei tassi praticati e interessi pagati) che superano quelle dell’anno precedente di almeno il 3% per il 2022 (rispetto al 2021) e di almeno il 6% per il 2023. In ogni caso il prelievo non potrà superare il 25% del valore del patrimonio netto. Un’imposta simile è stata già introdotta in Spagna, più severa perché include nel calcolo anche i guadagni da commissioni e non solo da margine di interesse.
Tutto per arrivare a un gettito stimato di almeno 2 miliardi all’anno, se non 3, da destinare agli aiuti per i mutui prima casa e alla riduzione delle tasse. La misura sulla banche vale però al momento solo per due anni, particolarmente favorevoli per i bilanci degli istituti di credito, come dimostrano alcune recenti semestrali. Eppure, c’è chi non vede un simile intervento sul sistema bancario come una mossa saggia. Anzi, l’impressione è quella di una decisione affrettata e iniqua, dice Stefano Micossi, economista di lungo corso, al vertice di Assonime per oltre due decenni, raggiunto per un commento da Formiche.net.
“Ho la sensazione di essere davanti a una sorta di tentazione di prendere dei soldi molto facilmente. Non penso che sia una buona idea quella di andare in giro a cercare risorse, credo che la politica fiscale debba essere prevedibile, certa e non confusionaria. Vedo una mossa infelice, se vogliamo tassare le banche possiamo discuterne ma un prelievo straordinario, in questo modo e con questi tempi e con queste modalità mi pare una cosa brutta e anche poco sensibile”, chiarisce Micossi.
Certo, negli ultimi mesi il rialzo dei tassi ha dato gas ai conti delle banche. Ma non basta a giustificare una simile scelta. “Non credo che il sistema bancario sia contento dinnanzi a un atto come questo. Vede, tutto si può fare, ma non in questo modo. Se al governo pensano che l’imposizione fiscale sui profitti degli istituti sia bassa, la si può sempre alzare. Ma un prelievo straordinario, violento, non consente agli operatori si lavorare e investire serenamente, specialmente in un momento di transizione per le banche. Per questo mi pare tutto poco sensato. E poi, se proprio vuole saperla tutta, con simili iniziative per racimolare dei soldi, alla fine si contribuisce a rendere il sistema fiscale schizofrenico e poco credibile”.