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Caso Vannacci, perché Meloni sta con Crosetto. Il corsivo di Cangini

Le contrapposizioni tra il ministro della Difesa e due maggiorenti di FdI sul caso Vannacci pongono un problema identitario per il partito. Nel frattempo, in tanti soffiano sul fuoco e fomentano le polemiche per tentare di aprire una breccia all’interno di Fratelli d’Italia. Ora sta al premier sciogliere questo nodo. Il corsivo di Cangini

Il fatto che per giorni i media abbiano considerato centrali le opinioni personali di un fino ad oggi oscuro generale di divisione dell’Esercito la dice lunga sullo stato del giornalismo e sulla qualità del dibattito pubblico italiani. Le opinioni, ormai, contano più dei fatti.

Nelle ultime 24-48 ore, però, l’affaire Vannacci ha assunto una connotazione eminentemente politica che all’inizio mancava e che a nostro avviso autorizza, e per certi aspetti obbliga, ad occuparsene anche i meno inclini a menar scandalo per ogni opinione ritenuta politicamente scorretta che tracima dai social network, da un ministero o da un’aula parlamentare. È così da quando due uomini forti del partito di Giorgia Meloni, Giovanni Donzelli e Galeazzo Bignami, hanno pubblicamente preso le difese del generale. Difficile ritenere che l’abbiano fatto senza rendersi conto che la loro uscita sarebbe stata letta come una sconfessione dell’operato del ministro della Difesa, Guido Crosetto, che di Fratelli d’Italia è il fondatore assieme a Meloni e La Russa. Crosetto, non proviene dal Movimento sociale, ma dalla Democrazia cristiana; non fa professione di statalismo, ma di liberalismo.

Dopo aver criticato le parole del generale sugli omosessuali, il ministro ne ha disposto l’avvicendamento alla guida dell’Istituto geografico militare. Un attentato alla libertà di opinione, è la critica implicita che si è visto rivolgere da Donzelli e Bignami. “Siamo diversi, e molto”, è stata la risposta, altrettanto implicita, del ministro ai due meloniani.

Sarebbe bastato dire che il generale Vannacci non ha rispettato le regole cui debbono sottostare tutti i militari intenzionati ad assumere posizioni politiche attraverso la pubblicazione di libri o il rilascio di interviste. Soprattutto, sarebbe bastato legare l’intervento sanzionatorio alla professione di putinismo fatta da Vannacci nel suo libro, “Il mondo al contrario”. Un’opinione ovviamente inaccettabile in un contesto di semi guerra come quello in cui è collocata l’Italia.

La questione è delicata. È delicata perché è diffusa l’impressione che le tesi del generale Vannacci (sia quelle sugli omosessuali sia quelle su Putin) siano largamente prevalenti tra gli elettori così come tra gli eletti di Fratelli d’Italia.

Dopo dieci anni trascorsi all’opposizione cavalcando ogni onda demagogica e alimentando ogni fiammella identitaria della destra post missina, giunta al governo Giorgia Meloni sta (fortunatamente) facendo l’esatto contrario di quanto ci si sarebbe potuti ragionevolmente aspettare. È filoamericana e filoeuropea, e si mostra sensibile alle tematiche legate ai diritti individuali. Ma sotto la cenere del realismo di governo, la Fiamma missina continua ad ardere. E su quella fiamma soffiamo quanti, a partire dall’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, lavorano alla nascita di un partito duro e puro di destra in attesa che una crisi improvvisa o un fisiologico calo di popolarità creino le condizioni per una scissione di FdI. L’affare Vannacci ha così preso una piega effettivamente politica. Sta ora a Giorgia Meloni dire la propria, e con ciò chiarire quale sia, oggi, l’identità della Destra italiana: è quella di Crosetto o è quella della coppia Donzelli-Bignami?


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