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Dai detriti ai satelliti spia. Così si monitorano le minacce in orbita

Mentre aumentano sempre più i detriti spaziali e fanno la loro comparsa nuovi sistemi di armi spaziali, sta emergendo un nuovo mercato per monitorare le minacce direttamente in orbita: la ripresa di immagini satellitari di altri satelliti, un mercato che potrebbe arrivare a valere oltre due miliardi di dollari nel 2028

Fin dai primi istanti dell’invasione russa dell’Ucraina, le immagini satellitari fornite dalle compagnie private si sono rivelate un asset strategico fondamentale, capaci di seguire i movimenti delle unità militari sulla superficie, dalle colonne corazzate agli incrociatori in mare. L’utilizzo dei satelliti nel comparto militare non è nuovo, e anzi lo sviluppo stesso degli oggetti artificiali in orbita ha seguito la necessità strategica di poter osservare in qualunque momento le mosse dell’avversario.

Oggi, gli occhi di satelliti potrebbero non essere più rivolti solo alla superficie terrestre, ma guardare anche a quanto accade oltre l’atmosfera, nelle orbite intorno a loro. E visto che i satelliti che scattano foto di oggetti nello spazio sono gli stessi a cui oggi ci affidiamo per riprendere le immagini della Terra, è previsto nel breve periodo un aumento consistente dei lanci di questo tipo di piattaforme, in modo da coprire e monitorare sia il suolo che le orbite. Una necessità, visto il numero sempre più elevato di oggetti nello spazio, dai detriti spaziali ai satelliti capaci di interferire con le piattaforme in orbita.

Il Pentagono ha da tempo hanno lanciato l’allarme riguardo a satelliti dal comportamento anomalo, a partire dal satellite russo denominato “Luch” che nel 2014 aveva avvicinato e stazionato per molte settimane vicino al satellite Usa Intelsat 901. Mosca ha poi lanciato nel corso degli anni altri sistemi ritenuti in grado di agganciare in maniera ostile le piattaforme extra-atmosferiche. Essere in grado di osservare in tempo quasi-reale le orbite, dunque, significa anche essere in grado di prevenire questo tipo di minacce.

A guidare questo cambio di paradigma c’è la compagnia aerospaziale americana Maxar Technologies, tra le protagoniste della sorveglianza spaziale delle prime fasi dell’invasione russa. La società, con sede in Colorado, si occupa di comunicazioni satellitari, e ha dato grande visibilità al proprio monitoraggio dei movimenti russi. Adesso, la società, oltre a fornire immagini delle orbite all’amministrazione statunitense, si sta proponendo di diffondere questa capacità anche al settore privato. Le nuove compagnie della Space economy, infatti, potrebbero beneficiare di questo tipo di informazione sia per monitorare i propri asset già in orbita, sia nelle delicate fasi di lancio di vettori, evitando potenziali collisioni con detriti oltre l’atmosfera.

Attualmente, l’industria dell’analisi delle immagini geospaziali vale circa nove miliardi di dollari, e secondo le stime è destinata a crescere fino a 37 miliardi di dollari nei prossimi quattro anni. Secondo la Us Space force, il mercato della Space situational awareness, la capacità, cioè, di tenere sotto controllo i movimenti di oggetti nello spazio, varrà da solo quasi due miliardi di dollari entro il 2028.

Non è un caso se la stessa Space force ha di recente affidato a Northrop Grumman un contratto per la realizzazione di due siti radar per l’osservazione dello spazio profondo (Deep space advanced radar capability – Darc), parte dello sforzo per potenziare “le capacità di awareness nel dominio spaziale in grado di prevenire le aggressioni”, come spiegato dal Comando sistemi spaziali della Ussf. Lo scopo dei siti Darc, infatti, è proprio quello di tracciare i satelliti attivi e i detriti fino all’orbita geosincrona. Un primo sito è già in fase di sviluppo, con un costo di 341 milioni di dollari, nella regione dell’Indo-Pacifico. I nuovi due Darc dovrebbero essere realizzati in Europa e negli Stati Uniti continentali.



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